LIBERO TORNA “NON LIMITATO” SU TWITTER, ORA PUO’ RICOMINCIARE A SPARARE BUFALE
TWITTER NON HA MAI CENSURATO LIBERO, HA AGITO PER PROTEGGERE IL SUO ACCOUNT… LA MELONI PUO’ FINIRE DI STRACCIARSI LE VESTI PER QUELLO CHE NON E’ MAI ACCADUTO
La “limitazione” di Libero è durata poco, nel pomeriggio su Twitter è tornato pienamente visibile per la gioia degli amanti di bufale.
«Twitter ci ha tolto la voce per 12 ore. Quelle 12 ore di silenzio imposte a Donald Trump prima di procedere alla rimozione coatta del presidente degli Usa dal social dei cinguettii», aveva scritto Libero questa mattina in merito alla limitazione temporanea dell’account. Limitazione che, secondo le ipotesi di Alex Orlowski — esperto di marketing politico e social media intelligence -, sarebbe da attribuire non alla censura ma al fatto che gli accessi agli account social del quotidiano — precisamente a Facebook e Twitter — sarebbero disponibili nel darkweb.
Alex Orlowski ci ha spiegato che quanto accaduto all’account Twitter di Libero Quotidiano ha ben poco a che vedere con la censura.
«Non c’è nulla di certo sulle ragioni per le quali l’account sia stato limitato, considerato che Twitter non ha ancora dato spiegazioni», afferma Orlowski «ma molto probabilmente, considerato che il sito di Libero è stato hackato nel 2017, ci sono stati dei tentativi di accesso sospetti e da questo deriva la limitazione».
Quei dati rubati a Libero nel 2017 — compresi password e dati sensibili di 130 mila utenti — «li ho trovati nel dark web, li ho controllati e ho immediatamente avvisato la redazione del giornale, che ancora non mi ha richiamato».
Twitter avrebbe quindi limitato l’account di Libero per una serie di accessi sospetti, come è accaduto anche a Orlowski stesso: «Una volta mi è accaduta una cosa simile con la mia agenzia digitale: abbiamo provato a fare una serie di accessi tramite API e ci hanno limitato per l’attività sospetta. Visti i dati che sono riuscito a reperire nel dark web, dati la cui decrittazione richiede una mezz’ora e capacità informatiche di base».
L’esperto informatico ha chiarito anche che la limitazione potrebbe essere frutto della «mancanza di doppia autenticazione: basterebbe anche solo che un giornalista si sia collegato da un paese e un giornalista da un altro».
Spiegato in soldoni e senza addentrarsi in tematiche difficili da comprendere per chi non è esperto di informatica, «è probabile che i dati che giravano sul dark web dal 2017 siano stati decrittati e ricostruiti, trovando così gli API Token necessari per accedere — tramite l’utilizzo di un software esterno — agli account social di Libero».
Il rischio che corre la redazione è quello che «chi riesce ad avere accesso possa pubblicare liberamente su Twitter e su Facebook».
Orlowski ha anche specificato che tra i dati hackerati nel 2017 «ci sono anche le mail dei giornalisti di Libero crittate con un basso livello (MD5)», aggiungendo che farà «un esposto al Garante per la privacy perchè i dati di quei 130 mila utenti di Libero sono visibili e il quotidiano, già nel 2017, avrebbe dovuto avvertirli di cambiare le loro password, considerato che la maggior parte delle persone utilizza — per accedere ai quotidiani — le stesse password che usa per altri servizi».
(da “Giornalettismo”)
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