L’ITALIA DIVENTERA’ IL PAESE PIU’ INSICURO D’EUROPA E LE TENSIONI SI SCARICHERANNO NELLE PIAZZE
UN PREMIER PRESTANOME, DUE VENDUTI A INTERESSI STRANIERI, APPRENDISTI STREGONI E BALLISTI INCOMPETENTI, SOLO MATTARELLA UNICO ARGINE INSUFFICIENTE… LA RISPOSTA AI RAZZISTI LA DARANNO I FUTURI PATRIOTI NELLE PIAZZE
Parliamoci chiaro: è solo l’inizio, questa giornata in cui l’Italia è tornata, se non il grande malato d’Europa, un paese “sotto osservazione”, con lo spread che sfiora i 150 punti e il crollo delle Borse, dopo la pubblicazione della bozza di contratto Lega-Cinque stelle.
È finita, questo il dato strutturale, la grande indulgenza dei mercati, finora dormienti di fronte a una trattativa lunga, nel momento in cui sono stati messi nero su bianco i contenuti del possibile accordo di governo.
Semplicemente, il trailer del film che sarà proiettato integralmente dopo che si insedierà il nuovo governo.
Che pone il Quirinale — non è retorica — in una situazione davvero inedita. Si spiega così il silenzio denso di oggi. E la precisazione: è vero che la bozza, pubblicata dall’HuffPost, è stata irritualmente consegnata il giorno delle consultazioni ma, ovviamente, per prassi il capo dello Stato non è nè un lettore nè un correttore di bozze. E si limiterà a valutare, quando arriverà , il testo definitivo.
Del resto, altro Mattarella non poteva dire in questo difficile e delicato contesto: poteva forse presidente della Repubblica lasciar trapelare già oggi preoccupazione per l’inaffidabilità di partner di governo che scrivono un programma incerto nelle coperture, foriero di tensioni con le istituzioni europee a partire dalla Bce, ad alto rischio sul tema del debito pubblico?
O poteva forse spiegare che lo spread non è uno strumento nelle mani di quattro salotti e di quattro complottardi, ma la reazione dei mercati di fronte ad annunci che rischiano di portare guai sul tema del debito?
L’effetto, evidentemente, sarebbe stato quello di creare, sin da ora, una spirale allarmistica.
Quel che doveva dire Mattarella lo ha spiegato in due discorsi, la scorsa settimana a Fiesole e a Dogliani, ricordando il quadro il quadro di compatibilità e il perimetro entro cui dovrebbe muoversi qualunque governo, sul rispetto dei trattati internazionali, sul tema delle alleanze e su quello delle compatibilità finanziarie.
E adesso si limiterà ad attendere, su programmi e nomi del premier, una comunicazione definitiva dei partiti, senza rinunciare, quando sarà , alle sue prerogative.
Il che significa, traducendo ora che iniziano a circolare i primi nomi, che la compagine, a partire dall’inquilino di palazzo Chigi, dovrà rispettare quei criteri e quel perimetro, perchè è impensabile, per dirne una, un premier debole, senza esperienze e criteri di competenza che sia solo un esecutore affidabile dell’equilibrio partitico.
O un ministro degli Esteri e dell’Economia disinvolti e improvvisati nella gestione dei due dossier.
È un po’ poco, dicono critici e commentatori che ravvisano, in questo metodo, un atteggiamento di rinuncia al ruolo di indirizzo e di baricentro della crisi, come se quello del Quirinale fosse solo un gioco di rimessa di fronte alla crisi in atto e allo scenario che si prospetta.
Perchè la giornata di oggi, su questi presupposti, rischia di essere non un unicum, ma la normalità di una vicenda politica segnata dal una tensione permanente tra governo sovranista e istituzioni europee.
Ma l’inedito, del film che verrà , è tutto qui.
Nella frase di Salvini, contro istituzioni, mercati, borse e giornali, in quel “meglio barbari che servi” c’è il segno del cambio d’epoca: l’eccezionalità che diventa normalità , in uno scambio di ruoli e di percezione in cui la normalità diventa eccezionale.
Domandiamoci: che cosa potrebbe succedere se il capo dello Stato, come è avvenuto più volte nel passato, di fronte a una legge, diciamo così bizzarra come la bozza di contratto presentata, decidesse di rimandarla alle Camere?
Finora — è sempre accaduto così — il Parlamento ha sempre modificato i provvedimenti, seguendo le indicazioni del capo dello Stato: si può prevedere che accadrà così anche in futuro oppure la nuova maggioranza, questa nuova maggioranza, sfiderà il Quirinale approvandola come vuole?
Peraltro supportata da un’opinione pubblica più sensibile al “meglio barbari che servi” che al tema del rigore nelle coperture”.
Ecco il punto. E la novità di “sistema” con l’arrivo al governo di forze tecnicamente anti-establishment, che vivono della contrapposizione all’establishment e l’alimentano nella narrazione, supportata — non è un dettaglio da una maggioranza parlamentare e dal favore dell’opinione pubblica.
Che non è la “scomparsa del presidente della Repubblica” o il suo pilatismo, di fronte all’arrivo dei “barbari”.
È il difficile ruolo del capo dello Stato, in una situazione in cui mancano alternative e, con esse, margini di manovra.
C’è forse un Parlamento, che non è più quello che lo ha eletto che vive la presidenza della Repubblica come decisore in ultima istanza a cui affidarsi per una soluzione nella crisi?
E, complice l’Aventino e l’inconsistenza del Pd, c’è forse un partito come fu il largo e trasversale “partito di Napolitano” disposto a recepire umori e preoccupazioni, e a supportare un ruolo di indirizzo e guida dell’istituzione più alta?
Quello che c’è, detta in modo un po’ tranchant, è un equilibrio fragile come una cristalleria in cui, come è accaduto nella limatura del programma, l’M5s, che tutto ha puntato sul tema della istituzionalizzazione, della credibilità e dell’affidabilità europea tempera un po’ le pulsioni conflittuali della Lega, provando se non proprio a essere il “partito di Mattarella”, almeno il partito del non conflitto col Colle. Nei limiti.
Non un baricentro, solo una sponda tutta da verificare in un paese già tornato sotto osservazione.
(da “Huffingtonpost”)
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