“L’ITALIA E’ GIA’ AL 2%”: IL TRUCCO DI GIORGETTI SUI COSTI DELLA DIFESA
I SOVRANISTI FANNO SOLO FINTA DI AUMENTARE LE SPESE MILITARI PER FAR CONTENTO TRUMP
Far finta di aumentare le spese militari, così l’amico Donald Trump è contento, senza
farlo davvero. È il trucco da dieci miliardi (e più) che Giorgia Meloni ha tentato di vendere al presidente Usa e di cui il prestigiatore Giancarlo Giorgetti vuol convincere il mondo: “Noi nel 2025, con una analisi accurata, puntuale, riteniamo di raggiungere il 2% del Pil” di spese per la difesa “utilizzando i principi contabili della Nato: se sono stupidi o sono intelligenti non dovete rivolgere la critica al ministro italiano che li applica, ma a chi li ha inventati. Se ci sono dentro anche le pensioni ci sono dentro anche le pensioni…”.
Insomma, Giorgetti ieri ha detto al Parlamento e Meloni a Trump che siamo già in linea con l’impegno – peraltro non vincolante – stabilito dall’Alleanza atlantica (che, sia detto en passant, ritiene che non siamo affatto in linea) e che per il resto faremo il possibile. “Non abbiamo parlato di livelli di spesa”, ha messo le mani avanti la premier a Washington.
Domanda: è vero che siamo al 2% del Pil? No, non lo è.
Quello del ministro leghista è un trucchetto di bassa lega, se pure utile ai suoi condivisibili propositi di non aumentare la quota della spesa militare sul Pil (come gli chiedono gli Usa e il collega della Difesa Guido Crosetto, che “mi ha mandato una lista, ma non l’ho letta perché è troppo lunga…”) e di non invocare subito la clausola per scorporare dal deficit le uscite per la difesa (come gli chiede la Commissione Ue).
I dettagli del trucco li ha spiegati bene ieri l’Osservatorio sulle spese militari Milex. Il governo nei suoi documenti ufficiali stima spese per la difesa nel 2025 pari a 35,4 miliardi, l’1,57% del Pil (secondo Milex sono 3 in meno, ma tant’è): gli mancano dunque quasi 10 miliardi per arrivare al 2%. Ora Giorgetti ritiene che, “utilizzando i principi contabili Nato”, quei dieci miliardi già li spendiamo: basta contare i carabinieri (7 miliardi), la Guardia Costiera (oltre 3 miliardi) e la Finanza (quasi 1 miliardo). Problema: la Nato autorizza il conteggio di spese in corpi non militari “solo in proporzione alle forze che sono addestrate secondo tattiche militari, equipaggiate come una forza militare, in grado di operare sotto autorità militare diretta durante operazioni schierate, e realisticamente impiegabili al di fuori del territorio nazionale a supporto di una forza militare”.
Un po’ difficile farci rientrare i Nas, la finanza, la guardia costiera e le relative pensioni: “Non è la prima volta – ricorda Milex – che l’Italia avanza questa proposta in sede Nato e finora è sempre stata rigettata”.
È con questi trucchi da mago da fiera, insomma, che Giorgetti vuole aggirare le pressioni più immediate di Washington e Bruxelles, anche se “siamo coscienti dell’esigenza di incrementare le spese per la difesa e la sicurezza nei prossimi anni”. Senza esagerare però: intanto aspettare il vertice Nato di giugno e in quella sede provare a imporre maggiori spese ma solo “su specifiche linee di investimento”. Un aumento di spesa coordinato e con un occhio alle capacità industriali europee nel settore. Applicare il piano “Readiness 2030”, invece, sarebbe un danno per l’Italia: spazi di bilancio per portare la spesa militare oltre il 3% del Pil, come vorrebbe l’Europa, non ce ne sono e “un altro Next generation Eu è impossibile”.
Una linea su cui il ministro ha il sostegno, per così dire, dell’Ufficio parlamentare di bilancio e di Banca d’Italia. Usando la clausola di salvaguardia, scrive l’Upb in una memoria sul Documento di finanza pubblica, i conti pubblici peggiorerebbero: farlo in maniera decisa come chiede l’Ue comporterebbe un deficit superiore al 3% fin oltre il 2030 e ulteriori aumenti del debito per anni. Tanto più, sostiene Bankitalia, che il Rearm Eu “consentirà politiche più espansive soprattutto nei Paesi con minori vincoli di bilancio come la Germania”, ma “uno sforzo di riarmo affidato ai singoli Paesi, senza coordinamento” produrrebbe “una spesa inefficiente, non potendo sfruttare le possibili economie di scala, e inefficace, per il rischio sia di duplicazioni sia di non colmare le attuali carenze”. Chi spera poi che le armi rilancino la crescita sta prendendo un abbaglio: i decimali possono cambiare, ma “il moltiplicatore di tali interventi è stimato inferiore a uno”, spiega l’Upb. Vale a dire che ogni euro speso non produce neanche un euro di maggior crescita.
(da ilfattoquotidiano.it)
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