L’ITALIA E I SOLDI PER L’EMERGENZA
EUROBOND O PIANO B?
Entro la fine della prossima settimana l’Italia pretende «una soluzione adeguata alla grave emergenza che tutti i Paesi stanno vivendo».
Il governo italiano chiede di mutualizzare in tutta Europa il debito (e quindi i suoi interessi) che gli Stati dovranno per forza fare per affrontare l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19.
Questo perchè gli Stati possono sì oggi aumentare ciascuno il proprio debito, ma domani, finita l’emergenza, dovranno ripagarlo e rischiano di dover varare manovre lacrime e sangue per poterlo fare.
Invece se si emettesse debito europeo attraverso una delle formule che implicano la partecipazione del Fondo Salva Stati e del MES la condivisione del debito nell’intera Europa in primo luogo abbasserebbe gli interessi sullo stesso e in secondo luogo renderebbe più agevole ripagarlo o trattare per dilazioni in caso di estrema necessità .
In questa posizione, Conte non è solo. Ieri, raccontano le cronache del summit, per sei ore ha portato avanti l’affondo insieme allo spagnolo Pedro Sanchez. E a chiedere gli Eurobond per reagire alla recessione da Covid-19 c’erano anche Emmanuel Macron, il portoghese Antonio Costa e poi ancora i leader di Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Slovenia e Grecia, ovvero il gruppo dei nove autore della dirompente lettera della vigilia con la quale chiedevano di sfatare il tabù dei titoli a dodici stelle.
Sull’altro fronte l’austriaco Sebastian Kurz, l’olandese Mark Rutte e gli altri falchi del Nord che vogliono rinviare ogni decisione. Coperti da Angela Merkel. Finisce con un compromesso: entro due settimane arriverà un piano Ue. Ora la lotta si sposterà sui contenuti.
Racconta oggi Repubblica:
Conte blocca il summit, rifiuta di dare il via libera alle conclusioni, di fatto un veto, fino a quando non saranno stati fatti passi avanti. Il vertice doveva finire alle sette del pomeriggio, dura fino alle dieci di sera. I nordici cercano di allungare i tempi di una qualsiasi decisione europea senza dare date precise. I mediterranei spingono: entro la prossima settimana. Dopo sei ore di discussioni si trova il compromesso che recita così: «L’Eurogruppo (i titolari delle Finanze, ndr) entro due settimane porterà le sue proposte tenendo in conto la natura senza precedenti della crisi». I rigoristi insistono per limitare queste idee all’uso del Mes, sul quale hanno sempre l’arma della condizionalità per mettere la mordacchia agli altri. Tanto che Merkel dirà : «Noi preferiamo il Mes». I mediterranei vogliono allargare il mandato dei ministri fino agli Eurobond.
Passa la via di mezzo: non viene citato alcuno strumento e ci si affida al presidente del Consiglio europeo Charles Michel che insieme a von der Leyen, Sassoli, Lagarde e Centeno tra 14 giorni porterà un “Piano Ue per la ripresa”. Cosa ci sarà dentro è tutto da vedere. La battaglia prosegue.
Il piano B dell’Italia con Cassa Depositi e Prestiti
La Stampa racconta oggi che di fronte alle resistenze dei partner Ue, mentre seguiva il filo di un discorso duro e angosciato, ha minacciato: «Tenetevi i soliti aiuti». «Faremo da soli, spenderemo quanto serve» ha rilanciato Luigi Di Maio. Ma che significa fare da soli?
Fonti interne al governo spiegano che i piani sono molteplici, ma con un protagonista in comune: Cassa depositi e prestiti.
Nelle ultime ore i contatti tra Cdp, Tesoro, Bankitalia sono continui e frenetici perchè c’è da superare una sacca di resistenza tra i funzionari della vecchia guardia di via XX Settembre. La storia è semplice.
La Germania ha messo 150 miliardi di maggiore spesa pubblica, il doppio dell’Italia. Non solo: è pronto un pacchetto di circa 400 miliardi di garanzie pubbliche ai prestiti, ai quali si aggiungono i 100 miliardi della Kfw, la banca pubblica che, al netto delle differenze di costituzione (non ha in pancia il risparmio postale dei cittadini), è la Cdp dei tedeschi. Quello è il modello. Quella anche la cifra. 100 miliardi.
Ma a oggi è solo un traguardo. Perchè nero su bianco il Mef ha messo solo 500 milioni che con la leva finanziaria valgono i 10 miliardi di Cdp. In una catena di garanzie statali che attivano controgaranzie, quelle risorse servono a liberare liquidità . Questi più altri sette di plafond per facilitare l’accesso al credito corrispondono al totale — 17 miliardi — delle misure attivate a sostegno delle imprese da Cdp assieme a Sace Simest. Fatti due semplici conti, il Tesoro dovrebbe mettere venti volte tanto, cioè dieci miliardi di garanzia per ottenere con l’effetto leva i 100 miliardi di controgaranzie della banca controllata dal ministero.
In questa fame di liquidità , Cdp è in grado di offrire tempi più rapidi rispetto ad altri fondi dello Stato, come quello a garanzia delle piccole e medie imprese, appeso alle lungaggini dei decreti attuativi.
Altro strumento di Cdp che stuzzica il governo nella ricerca disperata di fonti di finanziamento del debito, sono i Basket bond, mini-bond di distretto emessi dalle imprese per soddisfare la necessità di finanziamento a medio-lungo termine.
Il punto però è sempre lo stesso: basteranno?
(da “NextQuotidiano”)
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