LOTTI CONTRO GUERINI: NEL CERCHIO MAGICO DI RENZI ORA SCOPPIA LA FAIDA
VELENI DEL POST-VOTO: SI CERCA SU CHI SCARICARE LE RESPONSABILITA’ ELETTORALI
Piomba nel cuore della war room di Matteo Renzi la grande faida democratica dopo le regionali. Ed è proprio per questo che il premier-segretario per ora se ne tiene alla larga.
Lascia esporre gli altri, e si mostra indifferente alla rissa tra De Luca e la Bindi che dai giornali si è spostata in tribunale, con la querela del neo-governatore.
Fino a lunedì ogni ipotesi di riassetto del partito è sul suo tavolo. Dalle più “morbide” alle più “radicali”.
La verità è che sulla scrivania del premier sono squadernati più piani di guerra sul partito, ma nessuno (per ora) è diventato definitivo.
È l’ala del partito che provò qualche settimana fa a strutturarsi in corrente “catto-dem” che ha fatto capire che l’eventuale rimozione di Lorenzo Guerini da vice-segretario non sarebbe affatto indolore: “Non può essere lui — sussurrano a microfoni spenti — il capro espiatorio della vicenda. Renzi lo sa anche perchè glielo abbiamo ricordato”.
La vicenda porta al cuore della war room del premier, alla cerchia ristrettissima. Dove da tempo, su una serie di questioni, aleggia una tensione tra il “giglio magico” di Lotti e della Boschi e il “gruppo renziano non fiorentino” di Guerini e Delrio.
Un capitolo della tenzone fu proprio lo spostamento di Delrio alle Infrastrutture, che l’allora sottosegretario di palazzo Chigi visse come una liberazione proprio perchè era diventata difficile la coabitazione con Lotti.
Adesso il capitolo del partito.
L’ipotesi di una sostituzione al partito di Guerini, reo di aver gestito male il caso campano e quello Ligure, spedendolo a fare il capogruppo alla Camera è stata presa in considerazione dal Renzi. Così come quella di mandare al Nazareno o Lotti o la Boschi.
E’ un’ipotesi, molto caldeggiata dal “giglio magico” che scaverebbe un solco proprio nella cerchia ristretta.
Chi ha parlato con Guerini racconta che il vicesegretario non sarebbe entusiasta della soluzione. Soprattutto perchè non si sente il principale responsabile della gestione del caso campano e di quello Ligure.
Anzi fu proprio Guerini a sondare candidature alternative in primo luogo alla Paita, dopo la vicenda delle primarie inquinate suggerendo, tra le altre, l’ipotesi Orlando.
Mentre sulla Campania provò a dare sostegno a Cozzolino. “La Paita è debole, De Luca inopportuno”, questa la formula usata allora col premier.
In entrambi i casi, Campania e Liguria, fu proprio Lotti a chiudere sulle candidature di Paita e De Luca.
Per dare un segnale alla prima volò a Genova, mentre l’altro il minuto dopo le primarie fu ricevuto a palazzo Chigi. Incontro dopo il quale De Luca dichiarò di avere il “pieno sostegno” del partito e di Renzi.
Proprio il potente sottosegretario alla presidenza è stato il principale dominus di queste regionali, colui che ad esempio ha affidato la Paita e la Moretti alla società di comunicazione Dotmedia a lui vicina, col mandato non solo di dare buoni consigli ma di esercitare un commissariamento politico. Ed è così che la Moretti non solo si è vista costretta a cambiare look, ma è stata guidata nelle scelte politiche.
Ecco perchè è maledettamente complicato il risiko del riassetto se per riassetto si intende lo spostamento di un petalo del giglio al Nazareno.
Non è un mistero neanche che la Boschi, altro possibile candidato da mandare al Nazareno per la renzizzazione del Pd, preferisce rimanere al ministero delle Riforme in vista della partita del Senato.
E che Rosato, vicecapogruppo con funzione di reggente, (in quota Franceschini) dopo aver gestito il delicato passaggio alla Camera sulla legge elettorale digerirebbe male la definitiva promozione a capogruppo.
Dunque, che fare? Chi conosce bene Renzi racconta che non ha ancora deciso se alla direzione di lunedì prossimo si limiterà alla parole o proporrà un nuovo organigramma.
Molto dipenderà dall’atteggiamento della minoranza. Se Bersani ripeterà quello che ha detto il giorno del voto nell’intervista al Corriere, allora al primo punto dell’ordine del giorno sarà scritto “fuoco alle polveri”.
È comunque certo che le parole saranno pesanti come pietre sul “modo in cui si sta in un partito”. Un metro per misurare la rabbia senza precedenti di questi giorni è il tacito assenso dato all’iniziativa di De Luca di querelare la Bindi perchè ha procurato al Pd un danno di immagine influendo negativamente sul voto.
Un atto arrivato dopo che, ospite di Piazza Pulita, la Bindi aveva chiesto le “scuse” al suo partito. L’assordante silenzio sulla Bindi nelle dichiarazioni dei renziani, solitamente molto loquaci, suona come la più classica delle quieti prima della più classica delle tempeste.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply