M5S, SINISTRE PAURE
SULLE ALLEANZE PER LE REGIONALI OGNI COMPONENTE INTERNA GIOCA UNA SUA PERSONALE PARTITA
Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Questo sketch di Totò fotografa la fase attuale del Movimento 5 Stelle.
C’è chi vuole restare al governo, chi invece no, chi dice “al governo con il Pd ma nelle regioni no”, chi obietta “al governo ni, ma in qualche in regione sì.”
Chi aspetta gli Stati generali per vedere il da farsi e chi gli Stati generali non li vuole più fare.
Questa è una fase da polvere di stelle, alla vigilia della campagna elettorale in sei regioni: Puglia, Campania, Liguria, Veneto, Marche, Valle d’Aosta e Toscana. A un mese dalla presentazione delle liste, i due partiti alleati nel governo, Pd e M5s, litigano e sembrano destinati ad allearsi solo in Liguria. Alleanza che in realtà appena è stata stretta ha già scricchiolato a causa delle diatribe grilline.
Mentre il segretario del Pd desidera creare un’intesa organica nei territori, nel Movimento 5 Stelle ci sono tante voci che si accavallano.
Una parte, quella governista vorrebbe trattare, e un’altra guidata da Luigi Di Maio, ma con un buon seguito nei territori frena.
Oltre alla Liguria, il cui caso è stato risolto con la conferma del candidato Ferruccio Sansa, la Puglia ne è l’esempio. Da fonti interne e ben informate si era appreso che nei prossimi giorni ci sarebbe stata riunione convocata da Vito Crimi per chiedere alla candida presidente M5s Antonella Laricchia di fare un passo indietro.
La voce si è sparsa tra gli attivisti locali che subito sono insorti contro un possibile accordo con il Pd a favore di Michele Emiliano. Il reggente, vittima di fuoco amico, è costretto a smentire: “La Puglia ha bisogno di un cambiamento vero. Non del solito valzer fra partiti di destra e sinistra che si scambiano poltrone senza cambiare nulla”. E conferma la candidatura, allontanando i sospetti piombati su di lui accusato di voler trattare con il Pd così come ha fatto in Liguria.
La guerra nei 5Stelle è tutta interna. Riguarda sì la successione, cioè chi dovrà guidare il Movimento dopo gli Stati generali, ma riguarda anche il perimetro entro cui si deve muovere, quindi i messaggi politici che bisogna lanciare in ottica campagna elettorale.
Di Maio, come è stato possibile appurare, guarda a un elettorale di centro con argomentazioni di centrodestra, restio per esempio a modificare i decreti sicurezza. Mentre un’altra fazione guarda al Pd per cementificare l’alleanza e garantire la durata del governo.
Passano da qui, dal nodo alleanze, i prossimi mesi. In vista ci sono gli Stati Generali. Vero passaggio nodale per la guida del Movimento le cui conseguenze sul governo saranno decisive. L’ala governista cercherà di fare argine alle manovre non combinate sia di Di Maio sia di Alessandro Di Battista. Questi ultimi puntano a spaccare da subito, come si sta vedendo in Liguria e in Puglia, ma anche nelle Marche, l’alleanza con il Pd.
Ecco quindi le Marche. “I parlamentari marchigiani metà sono per l’alleanza con il Pd e metà no. Se non c’è un intervento dall’alto tutto resta com’è”, dice un deputato.
Qui i 5Stelle stanno già tracciando la loro corsa in solitaria. Il Pd ha negato il bis al governatore uscente Luca Ceriscioli, perchè una fetta del partito non lo avrebbe appoggiato. E ha candidato il sindaco dem di Senigallia Maurizio Mangialardi, sostenuto anche da Italia Viva, Articolo 1, Azione di Calenda, i Verdi e +Europa. I grillini correranno con Mauro Marcorelli, ma non tutti sono d’accordo. Sono deboli e non hanno il controllo del territorio.
“La verità — spiega un parlamentare grillino — è che Zingaretti e Di Maio o chi per lui, Vito Crimi, devono decidere cosa fare perchè il ragionamento è politico”. Nel senso che sarà difficile vincere contro il candidato di centrodestra Francesco Acquaroli: “Si perde sicuro”, osserva un deputato: “Ma conta il segnale. Iniziare a costruire un’alleanza organica sui territori e collocarci politicamente a sinistra”.
Il problema però è uno. Luigi Di Maio, e parte degli attivisti, di collocarsi a sinistra non ne vogliono sapere.
(da “Huffingtonpost”)
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