MAGNA CAPITALE
MARINO VA, I 101 COLLUSI RESTANO
Se il compito dei giornalisti, come ritengono molti colleghi e qualche lettore-tifoso, fosse quello di trascrivere le verità ufficiali, oggi diremmo che il “caso Marino”è giunto finalmente al suo giusto epilogo: un sindaco tutto sommato onesto, ma incapace e pasticcione, travolto da uno scandalo non gravissimo ma comunque imbarazzante, va a casa per aver perduto la fiducia del partito, della giunta, della maggioranza e di parte degli elettori, rimpiazzato da un commissario prefettizio che governerà Roma con la massima correttezza ed efficienza in attesa delle elezioni.
Ma il nostro compito è guardare dietro le verità ufficiali,vedi mai che nascondano altro.
1) Al Pd, cioè a Renzi che ne è il padrone, degli scontrini e delle eventuali bugie di Marino non è mai fregato nulla, nè prima nè dopo la sua iscrizione sul registro degli indagati (un atto segreto, curiosamente filtrato proprio l’altroieri, mentre il Pd cercava un appiglio per convincere i propri consiglieri renitenti all’ordine di dimettersi). Altrimenti nel 2014 non si sarebbe portato al governo quattro indagati per le note spese regionali e non avrebbe ammesso la candidatura in Campania di De Luca, addirittura condannato in primo grado per abuso d’ufficio e incompatibile con qualunque incarico per la Severino. Inoltre il premier si affretterebbe a far pubblicare dal fedele Nardella i rendiconti delle sue note spese da presidente della Provincia e poi da sindaco di Firenze, come chiedono Sel e M5S con istanze d’accesso agli atti regolarmente respinte.
2) Il diktat di Orfini, cioè di Renzi, ai 19 consiglieri comunali del Pd perchè si dimettessero subito, impedendo il confronto nella sede naturale e democratica del Consiglio comunale e giungendo a ignobili trattative sottobanco con Alemanno e i suoi simili per raggiungere la fatidica quota 25, è un atto talmente violento e intimidatorio da non ammettere altre spiegazioni se non questa: l’imbarazzo di un partito che caccia a pedate il proprio sindaco eletto direttamente dal popolo e non ha neppure il coraggio di dirgli in faccia il motivo preciso: non per la sua incapacità (nulla è cambiato rispetto a due mesi fa, quando Orfini e tutto il Pd lo difendevano, dando dei mafiosi a chi lo criticava), ma perchè i poteri che da sempre governano Roma sottobanco vogliono rimetterci le grinfie, specie ora che arrivano i 500 milioni del Giubileo.
Già : avevano detto e ripetuto che non c’era una lira e questo Giubileo si sarebbe svolto senza oneri per lo Stato.
Poi, giusto 12 ore dopo le dimissioni di Marino, Renzi annunciò l’arrivo di mezzo miliardo di euro per Roma. Che strano, vero?
3) Il passaggio democratico in Consiglio comunale avrebbe consentito un’operazione verità su quello che non è il “caso Marino”, ma il “caso Pd & centrodestra”, dove nessuno è innocente tranne chi non ha mai governato.
Anche in questi ultimi due anni e mezzo, Marino non ha mica governato da solo. Se Roma è passata dal malgoverno del centrosinistra e poi di Alemanno (i protagonisti di Mafia Capitale) al non-governo di Marino, non è soltanto colpa sua.
Nella sua giunta sedevano uomini di tutte le correnti del Pd e Sel, compresi ultimamente gli orfiniani, cioè renziani, Causi ed Esposito.
Il Pd ha votato tutte le scelte di Marino fino all’altroieri. E se non è stato spazzato via da Mafia Capitale è proprio perchè Marino — stavolta da solo — non c’entrava.
Ora sarebbe interessante conoscere la relazione della Commissione d’accesso prefettizia su Mafia Capitale consegnata a Gabrielli e Alfano e subito segretata, con i motivi per cui il Comune andava sciolto per mafia e i nomi dei 101 dirigenti e funzionari coinvolti che nessuno ha allontanato: li avrà messi lì Marino o le giunte precedenti?
Sarebbe seccante se, via Marino, quei 101 restassero. Che aspetta il governo a divulgare il documento, e soprattutto a rimuovere le vere mele marce dal Campidoglio?
E, già che ci siamo, a cacciare i sottosegretari indagati De Filippo, Vicari e Castiglione? Come diceva Longanesi, “meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità ”.
4) In questo giochino ipocrita dell’“io non c’ero e, se c’ero, dormivo” spicca la Curia romana, che ha ripreso a impicciarsi come ai bei tempi del Papa Re.
Non tanto per la smentita del Papa sull’invito a Marino a Philadelphia, che appartiene alla spontaneità del personaggio.
Ma per le continue intromissioni della Segreteria di Stato, del vertice della Cei e del Vicariato. Dov’erano questi sepolcri imbiancati quando Roma veniva depredata da Mafia Capitale e dai suoi sindaci di fiducia? Mai sentito un sacro moccolo.
Poi, casualmente da quando Marino registrò qualche unione gay, il vicario di Roma monsignor Vallini ci fa sapere un giorno sì e l’altro pure che a Roma si vive malissimo: le buche, lo smog, il traffico, signora mia.
5) Il Premio Tartufo 2015 va però all’orfiniano, cioè renziano Marco Causi, che ieri accusava sulla prima pagina dell’Unità il sindaco Marino di “una scelta contro la città ” (il ritiro delle dimissioni) e della “rimozione psicanalitica del problema” (l’inchiesta sugli scontrini).
Causi non è un passante: è il vicesindaco di Roma, al fianco di Marino per mesi, fino all’ultima giunta dell’altroieri.
Poi è arrivato l’ordine di Orfini, cioè di Renzi, e ora fa finta di non conoscerlo. Purtroppo un diavolo di refuso in coda all’intemerata di Causi gli fa dire quel che già pensano in molti, in vista dell’arrivo dei 500 dobloni: “E ora rimbocchiamoci tutti le mani ”.
Meglio di una confessione.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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