MARO’: LATORRE RIENTRERA’ IN ITALIA PER QUATTRO MESI, OK DELLA CORTE SUPREMA INDIANA
DOPO IL MALORE CONCESSO UN PERIODO DI CONVALESCENZA IN ITALIA, MA DIETRO GARANZIA SCRITTA DEL RIENTRO IN INDIA
La Corte suprema indiana ha accolto l’istanza del team di difesa di Massimiliano Latorre per un rientro in Italia di quattro mesi per un periodo di convalescenza dopo l’ischemia che ha colpito il fuciliere di marina il 31 agosto scorso.
I giudici hanno accettato una garanzia scritta di rientro a nome del governo italiano, fornita dall’ambasciatore Daniele Mancini, chiedendo però anche una nuova garanzia scritta “non ambigua e non equivoca” a Latorre.
Garanzia che — si è appreso — sarà presentata oggi stesso, 12 settembre.
“Abbiamo ottenuto quanto volevamo. Speriamo che possa partire già domani” ha detto all’Ansa un avvocato del team di difesa di Latorre.
“Tra stasera e domani dovremo essere in grado di completare le pratiche burocratiche necessarie per il rimpatrio”, ha aggiunto il legale.
Il presidente della corte R.M. Lodha, accompagnato dai giudici Kurian Joseph e Rohinton Fali Nariman, ha ascoltato in particolare il rappresentante del governo, l’additonal sollicitor general P.S. Narasimha, a cui in una udienza iniziale lunedì era stato chiesto di presentare la posizione al riguardo.
“Si tratta di un caso di malattia e di condizioni fisiche — aveva detto detto Lodha rivolto a Narashima — e se esistono serie obiezioni alla richiesta dovete dircelo”.
Ma lo stesso giorno in una conferenza stampa il ministro degli indiano Esteri Sushma Swaraj aveva anticipato che “se la Corte concedesse il rimpatrio su un terreno umanitario, noi non ci opporremmo”.
A cercare di intralciare questa decisione era giunta nelle ultime ore una istanza di Freddy Jhon Bosco, proprietario del peschereccio coinvolto nell’incidente del 15 febbraio 2012 in cui morirono due pescatori, in cui si chiedono per Latorre ulteriori accertamenti medici.
In un’intervista all’Ansa lo stesso Bosco ha confermato di avere firmato questa ‘application’ “perchè voglio che sia chiaro che io sono una delle vittime di questa vicenda, che ho perso un peschereccio che era tutto quello che avevo e che sono di fatto rovinato”.
Dopo aver spiegato di aver ricevuto per l’incidente 1,7 milioni di rupie (meno di 25.000 euro), ha sottolineato che il mio peschereccio “è bloccato da tre anni in custodia del commissariato di polizia di Neendakara. Riaverlo mi costerebbe una fortuna in avvocati. Ho avuto intanto un secondo figlio per il prolungarsi di tutta questa vicenda ho dovuto prendere soldi in prestito. E senza la barca sono costretto a lavorare come giornaliero, con un reddito attuale al massimo di 20.000 rupie (225 euro) al mese.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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