MEDIASET, NIENTE SCONTI PER BERLUSCONI: 4 ANNI DI CARCERE E 5 DI INTERDIZIONE
CONFERMATA LA SENTENZA DI PRIMO GRADO, ORA RESTA LA CASSAZIONE
Nessuno sconto per Silvio Berlusconi, che per il caso Mediaset si è visto confermare in secondo grado la condanna a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto, e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.
Lo ha deciso la seconda Corte d’appello di Milano condividendo in pieno la sentenza emessa lo scorso 26 ottobre dal tribunale.
Dopo quasi sei ore di camera di consiglio e un processo che, per una serie di ‘stop and go’, si è trascinato dallo scorso 18 gennaio, i giudici, presieduti da Alessandra Galli, hanno anche di nuovo inflitto tre anni di reclusione (condonati) a Frank Agrama, il produttore statunitense ritenuto “socio occulto” del Cavaliere, tre anni e otto mesi e un anno e due mesi agli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto.
In più, per questi e per l’ex premier hanno disposto, come il collegio presieduto da Edoardo D’Avossa, una provvisionale di 10 milioni di euro da versare in solido alla Agenzia delle Entrate.
Assolto il presidente Confalonieri.
Per la vicenda, con al centro una presunta frode fiscale commessa tra il 2001 e il 2003 con la compravendita dei diritti tv (andrà prescritta nell’estate 2014), sono stati ancora mandati assolti Fedele Confalonieri, Giorgio Dal Negro e Marco Colombo, mentre per il banchiere Paolo Del Bue, con il rigetto del suo ricorso, è stato dichiarato ancora il non doversi procedere per intervenuta prescrizione (e non l’assoluzione con formula piena, come avrebbe voluto).
L’avvocato generale Laura Bertolè Viale, accanto alla conferma delle condanne per il leader del Pdl e per gli altri tre imputati, aveva chiesto tre anni e quattro mesi di carcere per il presidente di Mediaset e tre anni per gli altri due.
Per conoscere i motivi della decisione ci vorranno due settimane: è questo il tempo che si è presa la Corte.
La sentenza ha sollevato una pioggia di critiche da parte del Pdl.
La difesa di Berlusconi, invece, non ha mancato di attaccare i giudici, ritenuti “ostili”, come aveva scritto nell’istanza di rimessione rigettata dalla Suprema Corte.
Ora il Cavaliere e i suoi difensori, per dirla sempre con le parole di Ghedini, confidano che il verdetto si “possa ancora giocare” davanti alla Cassazione o alla Consulta, chiamata a pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dalla presidenza del consiglio nel marzo del 2010 per via di un’ordinanza con cui il tribunale aveva respinto un rinvio di un’udienza per legittimo impedimento chiesto dall’allora capo del governo.
Il Cavaliere era accusato di aver gonfiato il prezzo dei diritti televisivi e cinematografici acquistati da Mediaset presso le principali majors statunitensi e di aver costituito fondi neri all’estero per frodare così il fisco italiano.
Dopo la sentenza di primo grado sui diritti tv e quella sul passaggio di mano dell’intercettazione Fassino-Consorte nella vicenda Unipol, per il leader del Pdl è il terzo verdetto di condanna arrivato dai giudici milanesi in poco più di sei mesi: il primo che l’ex presidente del consiglio subisce in un processo d’appello.
Quanto ai tempi, il processo Mediaset potrebbe approdare in Cassazione “in autunno avanzato” e potrebbe essere definito “prima della fine dell’anno”.
Nell’impossibilità di una previsione ufficiale, è questa la previsione di alcuni penalisti che frequentano la Suprema corte. Molto dipenderà – è stato spiegato – dai tempi entro i quali saranno depositate le motivazioni della sentenza di secondo grado.
(da “La Repubblica“)
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