MERCOLEDI’ INVECE DELLA CRISI DI GOVERNO, LA DISFATTA LA RISCHIA SALVINI: PIU’ DI META’ DI FORZA ITALIA VUOLE VOTARE SI’ E NON VENDERSI AI SOVRANISTI
QUALCUNO VOTERA’ SI’ APERTAMENTE, MOLTI ALTRI USCIRANNO DALL’AULA: E I SOVRANISTI AVREBBERO LA DIMOSTRAZIONE CHE NON CONTANO UNA MAZZA
Il governo mercoledì dovrà affrontare una prova alquanto scivolosa: il voto in Senato sulla risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes.
A preoccupare il premier Giuseppe Conte, che sa di avere numeri più risicati a Palazzo Madama, non solo quel che resta della fronda 5 stelle impuntata sul no, ma anche Forza Italia, che dalla posizione europeista, la stessa del Ppe, ha virato ufficialmente sull’asse Salvini-Meloni, che si oppone all’indirizzo dell’esecutivo sul meccanismo Salva-Stati. Tuttavia, la situazione potrebbe rivelarsi diversa dal previsto, dal momento che rispetto alla linea ufficiale di Silvio Berlusconi, ribadita dal vicepresidente del partito Antonio Tajani, ci sarà chi ne prenderà le distanze facendo mancare il suo voto o, in alcuni casi, votando sì.
Schierati dalla parte delle ragioni dell’esecutivo, prima di tutto i fuoriusciti da FI: la componente di centrodestra ‘Idea e Cambiamo’, costituita da Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Vittorio Berutti, e Paola Binetti, all’interno del gruppo parlamentare azzurro, ma appartenente all’Udc insieme ad Antonio De Poli e Antonio Saccone.
L’Udc voterà diversamente da Forza Italia
“Forza Italia — ci tiene a spiegare Binetti ad HuffPost — mentre si è espressa sempre in modo molto positivo rispetto alla possibilità di acquisire le risorse economiche del Mes, rispetto alla revisione del trattato ha espresso parere negativo e questa è la posizione formale e ufficiale di Forza Italia che non solo è su tutti i giornali, ma che io riconfermo”. La senatrice romana racconta come “quasi sempre l’Udc vota insieme a FI, ma questa volta la nostra posizione è diversa”.
Quali le motivazioni? “La nostra posizione — prosegue — è di certo favorevole alle risorse economiche”. In questo momento le difficoltà sono tante: “Dalla temporizzazione del Recovery Fund che sembra allontanarsi sempre più, con una mancanza di chiarezza rispetto a quelle del Recovery Plan, a tutte le resistenze poste da Italia Viva, rispetto al modo di gestire i fondi, fino ad arrivare alla task force di esperti”.
Se in questo momento “avessimo avuto il pronto contante, le risorse del Mes, i famosi 36 miliardi a qualcosa, certamente il Paese avrebbe avuto un momento di tranquillità , perchè i soldi non si stampano la notte e li abbiamo spesi con le famose manovre di scostamento, parliamo di quasi 120 miliardi, quindi non uno scherzo”, ragiona Binetti.
“Fatta questa premessa, l’Udc ai fondi, fondamentali, dice sì e dunque si scosta da Forza Italia e lo fa anche sulla base di una consapevolezza che vogliamo sottolineare ed è un rinnovato atto di fiducia nei confronti dell’Europa”.
La posizione viene fuori dal cambio di scenario in seno all’Ue portato dal Covid: “In questa fase di emergenza è emersa una visione solidaristica rispetto alle pratiche abituali e l’Italia è uno dei Paesi che ne godrà maggiormente”. In sostanza all’Udc “sembrava importante dare un segnale positivo non solo all’Europa come astrazione, ma anche a quel Partito Popolare Europeo che in Europa voterà a favore del Mes”.
Come ribadisce Binetti, “l’Udc è nel Ppe, perciò a noi questo sembrava un modo concreto di sostenere una linea politica attuale che è anche la linea politica di tendenza per noi rispetto al fatto che noi nel centrodestra siamo i più centristi”.
La decisione, volvendo tirare le fila, è un modo per “sostenere una visione dell’Europa ricollocata al centro dei suoi valori, delle sue scelte e, nel caso specifico, anche di investimenti”. In tal senso, votare a favore del Mes e della riforma del Mes rappresenta altresì “un’ipoteca forte per poter poi accedere alla riforma stessa”.
A favore Quagliariello & Co., mentre gli ‘stressati’ di FI spariranno dall’Aula
Come dicevamo, il piccolo gruppo composto da Quagliariello, Romani e Berutti darà il suo assenso alla risoluzione sulla riforma del Salva-Stati, essendo ‘Idea e Cambiamo’ in forte dissenso su questo punto con Forza Italia.
Tra gli azzurri, invece, “non mancano le fibrillazioni”, rivela una fonte, “e la sensazione di disagio e stress dilaga”.
Così, “come si fa in questi casi, o si esce dall’Aula, o ci si astiene o si vota a favore”. Ricordiamo che, a differenza del voto sullo scostamento di bilancio, che richiedeva il sì di una maggioranza assoluta (161 su 321 in Senato), il voto sulla riforma del Mes di mercoledì richiederà solo la maggioranza relativa: i sì devono semplicemente superare i no.
Facendo un mimino di conti previsionali, come spiegato anche dal costituzionalista dem Stefano Ceccanti al Sole24ore, i primi possono oscillare “tra i 155 e i 160 sommando i gruppi M5S, Pd, Iv, Autonomie e larga parte del Misto, pur detraendo una quindicina di senatori M5S. I no si collocano invece intorno ai 140-145 al massimo sommando al centrodestra cinque dei 15 dissidenti M5S”.
Senza considerare, appunto, Forza Italia, in cui alcune teste potrebbero scostarsi dalla linea ufficiale. Se Tajani in un’intervista alla Verità ha parlato a suon di distinguo: “In realtà Berlusconi ha sempre respinto questa riforma… non c’è stato nessun cambio di direzione da parte nostra”, altri mugugnano e sono pronti a fare muro di gomma.
Il senatore forzista Andrea Cangini, sentito da HuffPost, ha chiarito la sua posizione, dicendo che essa è legata alla mediazione all’interno di Forza Italia: “Se il mio partito troverà il modo di conciliare il proprio europeismo con un voto contrario alla riforma del Mes, accetterò di buon grado il compromesso”.
Cosa voterà mercoledì? “Sì, ma solo se nessuna mediazione verrà trovata e se il mio voto non sarà decisivo per tenere in vita un governo evidentemente inadeguato alla gravità della condizione in cui è precipitata la nostra povera Italia”.
Un colonnello azzurro spiega che “più della metà dei sentori di Forza Italia vorrebbe votare sì, ma il duo Ronzulli-Bernini sta spingendo per seguire la linea di Berlusconi-Tajani, la stessa partorita da Salvini-Meloni”.
Vista l’aria che tira, dunque, non sembra che la risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes sia in pericolo, o almeno non potrebbe esserlo a causa dell’opposizione di centrodestra, che da sola, anche votando no in modo compatto, non potrebbe mettere a repentaglio l’esecutivo.
(da “Huffingtonpost”)
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