MICHELA BRAMBILLA TRA SALUTI ROMANI E “SALUTAME A’ SORETA”
L’ANPI E’ INDIGNATA E PRESIDIA LA FABBRICA, LA SINISTRA ANALIZZA IL SALUTO DELLA MICHELA E LANCIA SOSPETTI PURE SUL PADRE… NEL 2009 FA ANCORA DISCUTERE UN SALUTO A BRACCIO ALZATO DELLA BRAMBILLA ALLA SFILATA DEI CARABINIERI A LECCO… LA SINISTRA DALLE AUTOREGGENTI E’ PASSATA A GUARDARE GLI AVAMBRACCI
La sinistra è vigile, è risaputo: magari voti ne prende pochi, ma quando si tratta di esercitare l’arte dell’appostamento voyeuristico non è seconda a nessuna.
Non parliamo delle tendenze politiche dei guardoni delle piazzole appartate, finora nessun istituto di ricerca ha fissato percentuali di “credo politico” dei fini osservatori di coppiette, probabilmente saranno anch’essi rappresentati in proporzione all’elettorato tradizionale.
Parliamo della prova documentale (foto e video al ralenti compreso) di uno dei più gravi casi di presunta apologia di fascismo e attentato alle istituzioni repubblicane della storia del nostro Paese: teatro del mis-fatto ( vedete che c’è un nesso col vecchio e nostalgico Msi?) il palco delle autorità a Lecco, durante la sfilata in occasione della Festa dei Carabinieri.
Durante l’esecuzione dell’inno nazionale, ecco la Michela Brambilla di bianco vestita, mano sul cuore, che canta l’inno (finalmente una che conosce le parole) tra il sindaco e il comandante dei carabinieri, più defilato il padre del Ministro, industriale della zona.
Arriva l’urlo liberatorio finale e la Michela tende il braccio in alto, il fotografo della Gazzetta di Lecco … zac , come un fermo immagine, immortala il momento e l’indomani monta la polemica. L’Anpi locale si mobilita coi ai bei tempi dell’antifascismo militante e protesta con volantini ai cancelli della fabbrica, spunta un video e “Repubblica.it” lo mette sul sito, c’è chi arriva a chiedere le dimissioni del Ministro al Turismo, appena nominata.
Migliaia di guardoni, abituati in passato a esaminare i pizzi del reggicalze della Michela e a come accavallava le cosce, ora diventano specialisti di braccio e avambraccio, di tensione ed estensione degli arti superiori, di angolature del polso e delle dita.
Mai ministra è stata esaminata da così tanti aspiranti ortopedici, per non parlare degli esperti di saluti romani che si sono lanciati in disamine tecniche raffinate.
Ovviamente le conclusioni a sinistra vanno nella direzione della volontarietà del gesto apologetico che sarebbe stato anche imitato a stretto giro dal padre della Brambilla.
La cosa ci ha talmente incuriositi che siamo andarci a vedere ‘sto video: sta a vedere, ci siamo detti, che c’e’ ancora qualcuno che non ha abiurato per un posto al sole delle Maldive o al Campidoglio? Beh, lasciateci dire il nostro parere, sapendo di dare un dolore ai giornalisti di “Repubblica” : trattasi di vile saluto simil-romano, ma nulla a che vedere con l’originale.
Braccio esteso troppo in alto e velocemente, a mo’ di saluto ai parrocchiani, nessun mantenimento della posizione per almeno qualche istante, irrigidimento quasi inesistente, dovuto più ad artrosi strisciante, e mancanza di afflato facciale che crei phatos.
Non parliamo poi del saluto del padre, più simile a un catorcio di salutino a casa con manina mobile, più consono a un Paolini ( quello che si piazza dietro ai giornalisti, durante le dirette Tv e rompe i coglioni a tutti).
Insomma una bufala, diciamo la verità .
Come se a un corteo di autonomi si facesse il saluto a pugno chiuso tenendo due prugne marce nel palmo della mano.
D’accordo che vanno di moda le imitazioni, va bene che in Cina clonano di tutto, comprendiamo che a sinistra gli argomenti siano scarsi, ma cerchiamo di distinguere l’originale dalle copie suvvia. Anzi liberalizziamo tutti i saluti, da quelli a pugno chiuso a quelli romani, da quelli che ti rimane la mano untuosa dopo la stretta, a quelli che cercano di spezzartela, dal ditino massonico che ti sfiora il polso al baciamano aristocratico, dalle dita grassoccia a quelle da pianista…
Per finire al popolare saluto che prediligiamo per chiudere una discussione banale e noiosa: “Salutame a’ soreta”.
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