MODULI VUOTI E FIRME DI PERSONE MORTE DA ANNI: COSI’ ITALEXIT DI PARAGONE HA PROVATO A PRESENTARSI IN MOLISE
LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO HA RICUSATO LA LISTA PER EVIDENTI IRREGOLARITA’
Italexit è uno dei partiti che sono stati obbligati a raccogliere le firme per presentare le liste alle prossime elezioni politiche, non potendo godere dell’esenzione riservata ai partiti, collegati a gruppi politici presenti nel parlamento uscente. La formazione fondata da Gianluigi Paragone ha quindi dovuto rastrellare le circa 56mila firme, 750 per ogni collegio plurinominale, necessarie a presentare le liste nelle diverse parti d’Italia.
Un’impresa non facile da realizzare in pieno agosto, con poco più di due settimane a disposizione. E resa tanto più ardua dal fatto che proprio in quello stesso periodo, in molte regioni una buona parte dei dirigenti e i militanti della prima ora hanno deciso di mollare Italexit, in polemica con la deriva verso l’estrema destra – che stava emergendo proprio in quei giorni – e con una gestione della candidature concentrata nelle mani di poche persone a Roma, con l’esclusione completa dei territori.
Eppure, Italexit ha fatto il miracolo e raccolto le firme in tutta Italia. Come ci è riuscita? Secondo diverse fonti a conoscenza dei fatti che abbiamo consultato, anche in questo caso Paragone si è messo nelle mani dei gruppi organizzati di estrema destra, che hanno colonizzato il partito, sotto la guida del senatore William De Vecchis e del suo consigliere politico Mauro Gonnelli.
“C’è stato uno svuotamento generale dei coordinamenti territoriali, anche in Regioni molto grandi”, spiega un dirigente, che proprio in quei giorni ha lasciato il partito. “Questi come potevano raccogliere le firme, se la base se n’è andata? Si sono rivolti a quelli di Casapound”. Aggiunge un altro responsabile locale, fresco di rottura: “In Lazio, per dire, i banchetti per la raccolta li ha fatti tutti Casapound”.
Molti militanti storici di Italexit di varie parti d’Italia hanno più di un dubbio sulla regolarità dei metodi utilizzati per riempire i moduli di sottoscrizioni, necessari a presentare le liste.
C’è da dire però che le firme sono state accettate da tutte le Corti d’Appello, che peraltro si limitano a verificare la correttezza formale della documentazione e non indagano sull’identità dei firmatari o l’autenticità delle sottoscrizioni.
Solo in due casi le firme valide sono state giudicate insufficienti dalle Corti d’Appello e dunque Italexit è stata esclusa dalla competizione: in Trentino Alto Adige – solo per il Senato – e nel Molise.
E proprio del Molise, Fanpage.it è riuscita a visionare tutti moduli con i nomi e le firme raccolte dal partito di Paragone. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Il Caso Molise
In Molise, come altrove in Italia, i dirigenti e i militanti di Italexit, che all’inizio si erano incaricati di raccogliere le firme per presentare le liste decidono in gran parte di sfilarsi, a seguito dei contrasti con i vertici sulle scelte sulle candidature.
A complicare ancor più le cose, il banco salta definitivamente venerdì 19 agosto, a circa 48 ore dal termine ultimo per presentare i moduli.
E anche in Molise, a questo punto entra in campo Casapound. “Dovevano fare tutto in due giorni, all’inizio dicevano che era impossibile – racconta un diretto testimone della vicenda -, poi Mauro Gonnelli ha fatto sapere che avrebbe mandato un po’ dei suoi”.
Racconta un’altro ex militante: “Sono arrivati questi di Casapound dal Lazio. Ho trovato un banchetto in piazza di persone che non avevo mai visto e ho chiesto: da dove venite? Mi hanno risposto che erano di Rieti”.
I banchetti tirati su in fretta e furia però non sembrano dare grandi risultati, “in quello che ho visto io hanno raccolto al massimo venti firme”, spiega ancora l’ex militante. Eppure a un certo punto le cose accelerano, da Roma si precipita in Molise anche William De Vecchis che come senatore può fungere da pubblico ufficiale e autenticare i moduli, con il suo timbro di palazzo Madama.
Per il rush finale, arriva anche il leader di Italexit Gianluigi Paragone che la sera del 21 agosto con una diretta Facebook da Termoli annuncia: “Ce l’abbiamo fatta, domani andiamo in Corte d’Appello a portare tutte le firme”.
Il 23 agosto però arriva la doccia fredda. La Corte d’Appello di Campobasso ricusa la lista di Italexit, perché una parte delle sottoscrizioni non ha i requisiti richiesti, come la presenza del documento di iscrizione alle liste elettorali.
A questo punto, nella chat whatsapp dei candidati del Molise, qualcuno spinge per fare ricorso, Di fronte alla richiesta, da Roma arriva una risposta sorprendente. “Il partito non farà alcuna azione di nessun tipo in Molise, né ricorsi né altro”, scrive Mauro Gonnelli, prima di abbandonare frettolosamente il gruppo.
E quando un candidato, Giuseppe Del Giudice, decide di andare avanti comunque, da Italexit fanno sapere che non intendono neanche pagare le spese legali.
Perché i dirigenti di un partito rinunciano a usare tutte le armi a loro disposizione, per partecipare a una competizione elettorale? Una scelta poco comprensibile, tanto più che l’esclusione dalla corsa in Molise alza di conseguenza il quorum reale da raggiungere nel resto d’Italia, rendendo più difficile superare la soglia di sbarramento.
“Avevano paura che qualcuno si mettesse a analizzare troppo da vicino le firme”, sostiene Del Giudice. E dopo che abbiamo letto e verificato i documenti con le sottoscrizioni presentati, è difficile dargli torto.
Le firme delle persone morte
La Corte d’appello di Campobasso ricusa la lista di Italexit del Molise perché nonostante a sottoscriverla ci siano 818 firme, i certificati elettorali presentati sono appena 643, ben al di sotto del numero richiesto per legge, che è di 750. Il controllo del tribunale si ferma al dato oggettivo, senza indagare sul perché sia stato impossibile allegare alla documentazione gli altri certificati mancanti.
Tramite un controllo a campione sui moduli presentati per le liste della Camera, che Fanpage.it ha potuto visionare nella loro interezza, abbiamo individuato tre casi in cui i firmatari risultano deceduti, prima del giorno in cui avrebbero dovuto compilare il documento necessario per le elezioni.
Il primo caso è quello di un uomo morto il 31 luglio 2022; il secondo riguarda una persona deceduta il 19 aprile 2021; il terzo è quello di una signora venuta a mancare addirittura più di quattro anni fa, il primo di aprile 2018. Tutti e tre questi nominativi presentano delle firme, apposte nello spazio riservato, ma mancano dei certificati d’iscrizione alle liste elettorali.
I moduli che contengono le tre sottoscrizioni di persone decedute, come tutti gli altri presentati in Molise, sono autenticati con firma e timbro del Senato il 20 e il 21 agosto dal senatore William De Vecchis.
In qualità di parlamentare, secondo quanto previsto dalla legge, De Vecchis agisce in qualità di pubblico ufficiale. Nello specifico, la dicitura sottoscritta dal senatore sotto ogni modulo è la seguente: “Certifico che sono vere e autentiche le firme apposte IN MIA PRESENZA (maiuscolo nostro ndr) dagli elettori sopra indicati, da me identificati con il documento segnato a margine di ciascuno”. Per un pubblico ufficiale, la falsa attestazione di autenticità delle sottoscrizioni delle liste elettorali si configura come reato.
Quello dei firmatari deceduti, è il caso più eclatante, ma non l’unico indizio d’irregolarità all’interno degli elenchi presentati da Italexit in Molise. Abbiamo riscontrato più di dieci casi di persone che hanno firmato per due volte, in due moduli diversi, entrambi relativi alle liste per la Camera. Tra questi, nove identici nominativi, con corrispettivi dati anagrafici, si trovano sia nel fascicolo n. 57, sia nel n. 23. Le firme in calce ai nomi presenti nei due elenchi, inoltre, sono graficamente molto differenti tra di loro. Pure qui, il tutto è autenticato dal senatore De Vecchis.
E ancora il modulo numero 42, presenta 16 nomi e relativi dati, ma nessuna firma scritta negli spazi appositi per le sottoscrizioni, nonostante anche in questo caso il senatore De Vecchis certifichi che le firme (in realtà assenti) sono vere, autentiche e apposte in sua presenza. Ci sono poi altre anomalie, non sufficienti però a dire con certezza che si tratti di sottoscrizioni false: ad esempio, all’interno di una firma, il nome proprio è stato confuso con un altro, e corretto successivamente con una evidente cancellatura. In altri casi, nomi o date di nascita inserite negli elenchi non coincidono con quelli presenti sui relativi certificati elettorali. È quanto accade per esempio con un signore, che sul modulo e nella firma sottostante è identificato come Rino, ma da certificato elettorale risulta chiamarsi Remo. Non siamo in grado di dire se si tratti di un nome copiato male o di un raro caso di amnesia, che ha portato l’uomo a dimenticarsi come si chiamasse al momento di firmare.
I parenti dei tre sottoscrittori deceduti, contattati da Fanpage.it, lamentano le irregolarità di cui li mettiamo al corrente come delle ingiustizie inflitte a persone che non possono più difendersi: “Mio marito è morto da due anni – ci racconta un’anziana signora – in vita non si è mai occupato di politica”. La nipote di uno dei firmatari defunti annuncia un’azione legale contro i responsabili: “Mio nonno è morto il 31 luglio, era analfabeta, non sapeva nemmeno firmare. Voglio andare in questura e sporgere denuncia, perché è una truffa ai suoi danni”. “Mia madre è morta da quasi cinque anni – sottolinea la figlia di un’altra sottoscrittrice – Provvederò legalmente. Mi dà fastidio quando mi toccano i parenti morti, specialmente i genitori”.
Quando, a margine di un comizio a Roma, raggiungiamo Gianluigi Paragone per una replica, tra il microfono e il leader di Italexit si frappone subito Mauro Gonnelli, che senza presentarsi o qualificarsi dice brusco: “No, il Molise lasciamolo stare”. “Non ne voglio parlare”, glissa il senatore William De Vecchis, il cui timbro certifica le presunte firme irregolari.
“In Molise la vicenda è chiusa, in fase di presentazione ci hanno detto che le firme non erano sufficienti”, prova a spiegare Paragone. Davanti alle evidenze delle irregolarità, il leader di Italexit contrattacca, parlando di una diffida inviata da Italexit contro una persona sul territorio, che da delegato di lista del partito avrebbe provato ad alterare la liste dei candidati.
La difesa di Paragone però non regge. Intanto perché, come risulta dal verbale di consegna prodotto dalla cancelleria della Corte d’appello di Campobasso, il grande fascicolo con le liste in questione è stato presentato di persona da una candidata di Italexit, incaricata ufficialmente dal partito con comunicazione Pec alla Corte d’Appello. La delega a rappresentare il partito all’uomo a cui fa riferimento Paragone, invece, era già stata revocata dai vertici di Italexit il venerdì precedente, con comunicazione ufficiale alle autorità competenti. E in ogni caso, possibili problemi interni sulla formazione delle liste, nulla c’entrano con le eventuali irregolarità nella raccolta delle firme, autenticate dal senatore De Vecchis, numero due del partito. Di fronte a queste contestazioni, Paragone va via sbattendo la portiera dell’auto: “Fai il giornalista, io l’ho fatto per trent’anni, se vuoi ti do ripetizioni, te le dò gratis”.
(da Fanpage)
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