MONTI E LA SVIZZERA: VERSO UNA MAXI TASSA SUI CAPITALI ESPORTATI
STATO DI GUERRA CONTRO L’EVASIONE FISCALE… L’ITALIA POTREBBE RICAVARE 50 MILIARDI DALLA TASSAZIONE SUI CAPITALI ITALIANI TRASFERITI IN SVIZZERA
Casomai dovessimo chiedere salvagenti all’Europa, certo non ci aiuterebbe l’evasione fiscale che abbiamo in Italia.
Perchè altrove, specie in Germania, già ce lo stanno facendo pesare: prima di invocare aiuti, dovremo sforzarci di far pagare le tasse a chi se ne guarda bene… Monti ha chiara la difficoltà , sa che l’evasione «produce un grosso danno nella percezione del Paese all’estero», addirittura sostiene che contro questo malcostume «siamo in uno stato di guerra».
E quando c’è un’emergenza bellica non si può andare troppo per il sottile.
Per cui il Prof spiega al settimanale ciellino «Tempi» che «certi momenti di visibilità possono essere antipatici» (chiaro il riferimento ai blitz delle Fiamme Gialle), però «hanno un grande effetto preventivo» e rinunziarvi significherebbe alzare bandiera bianca.
Bene, anzi benissimo se qualcuno se ne spaventa e torna sulla retta via.
Per dimostrare che farà sul serio, Monti ha colloquiato con la presidente della Confederazione elvetica, nonchè ministro delle Finanze, Eveline Widmer-Schlumpf.
Il nostro premier non ha avuto bisogno di volare in Svizzera, in quanto già vi si trova per le vacanze, precisamente a Silvaplana in Engadina.
Lì ha avuto luogo l’incontro, il cui nocciolo riguarda proprio il recupero dell’evasione che si rifugia da quelle parti.
Con la Widmer-Schlumpf avevano fatto conoscenza il 12 giugno scorso, ieri si sono limitati a un punto sui lavori della commissione bilaterale (l’idea di massima consiste nell’esigere una tassa salata sui depositi anonimi in Svizzera dei cittadini italiani).
L’agenda prevede che gli esperti consegnino le loro proposte in autunno, per poi firmare un accordo come quello già raggiunto tra Germania e Confederazione elvetica.
Nelle settimane scorse un po’ tutti i partiti avevano sollecitato Monti a procedere con decisione, nella speranza che lo Stato italiano possa incassare un pacco di miliardi.
Il Professore raccoglie i suggerimenti di Bersani, Alfano, Casini; però sbaglia chi lo immagina posseduto dall’ansia di concludere.
La fretta c’è, assicurano dalle sue parti, ma si accompagna alla preoccupazione di non commettere passi falsi.
Per esempio, il premier vuole evitare che l’operazione si trasformi in un condono mascherato, per effetto del quale chi ha trasferito i soldi in Svizzera se la possa cavare con poco.
L’altro rischio è che, alzando invece troppo il tiro, i capitali fuggano dalle banche elvetiche e vadano a rifugiarsi in qualche paradiso fiscale irraggiungibile: col risultato che l’Erario non incasserebbe un cent.
Insomma, si cammina sul filo.
Il Consiglio federale elvetico intende negoziare con Roma un accordo fiscale sul modello di quello firmato con la Germania.
Secondo le stime della scorsa primavera l’intesa potrebbe portare nelle casse dello Stato fino a 50 miliardi di euro prelevati dai capitali svizzeri dei nostri concittadini.
Svizzera e Italia vogliono anche discutere sulla problematica dei frontalieri.
Altri temi sono le liste nere che l’Italia annovera da 20 anni e con le quali intende proteggere i propri mercati.
Le relazioni finanziarie e fiscali tra Berna e Roma hanno così subito una schiarita: all’inizio di maggio il Ticino ha sbloccato 28 milioni di franchi bloccati dall’estate 2011, somma che rappresenta la metà delle imposte alla fonte trattenuta ai frontalieri italiani e versate a Roma.
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