MOSCA AMMETTE LA FUGA DEI CERVELLI DELL’HI-TECH: IN 100.000 VIA DALLA RUSSIA NELL’ULTIMO ANNO
GLI SPECIALISTI DELL’ECONOMIA DIGITALE HANNO LASCIATO IL PAESE, IN DISSENSO CON LE SCELTE DEL CREMLINO
Non è mai stato un segreto che tra i più sentiti effetti “collaterali” in Russia dell’offensiva in Ucraina ci fosse la fuga degli specialisti dell’economia digitale, perché contrari all’operazione o spaventati da legge marziale a marzo e dalla mobilitazione parziale a settembre oppure colpiti dall’uscita delle maggiori società del settore dal Paese.
Tuttavia il dibattito innescato nelle ultime settimane dalla differenza di vedute tra il Parlamento e il ministero dello Sviluppo digitale sul destino professionale degli specialisti dell’high tech ha imposto una presa di coscienza sull’esistenza di un problema concreto: nel corso dell’ultimo anno, hanno lasciato il Paese senza farvi ritorno circa 100mila ajtishniki (termine gergale russo per i “lavoratori dell’It”), ossia circa il dieci per cento del totale. È quanto denunciato dal ministro dello Sviluppo digitale della Federazione russa Maksut Shadaev nel corso di un’audizione alla Camera bassa del Parlamento, la Duma.
Shadaev ha però in mente soluzioni radicalmente differenti rispetto alla Duma per porre un argine alla falla. “Proponiamo di non introdurre dure restrizioni alla possibilità di lavoro a distanza, perché ovviamente questo li incoraggerebbe a trovare lavoro in aziende straniere e ridurrebbe le probabilità che tornino nel nostro Paese”, ha spiegato il ministro precisando che, se è vero che la maggior parte di quanti hanno lasciato la Russia nelle due ondate non è intenzionato a farvi ritorno, come ammesso dalle autorità russe, molti però continuano a collaborare a vario titolo con le società nazionali pur di fatto risiedendo in Paesi vicini.
Alla fine del mese scorso il partito al governo, Russia Unita, aveva invece annunciato la possibilità di introdurre limitazioni all’uscita dal Paese dei lavoratori dell’high tech. L’idea è stata poi trasformata in un disegno di legge che vieta alle aziende di stipulare contratti che prevedano il lavoro a distanza con gli informatici che non risultino residenti nella Federazione.
Stando a quanto chiarito dal vicepresidente del raggruppamento di Russia Unita alla Duma, Andrej Isaev, il provvedimento interesserebbe soltanto gli specialisti che lavorano con dati finanziari e bancari, che hanno accesso alla posta aziendale o che operano per conto di istituti pubblici. “Se l’accesso avviene dall’estero, in Paesi ostili, allora comprendiamo che può comportare grossi costi per i nostri cittadini”, ha chiarito il deputato
Ma il ministero dello Sviluppo digitale, ferme restando le considerazioni sulla sicurezza, insiste sul rischio che gli specialisti informatici che hanno lasciato la Russia decidano di tagliare definitivamente il cordone ombelicale con la madre patria. Il dicastero teme, in definitiva, che un divieto totale di lavorare dall’estero possa portare a un fatale rallentamento nello sviluppo digitale. L’80 per cento degli specialisti esiliati, ha provato a rassicurare il ministro, “continua a lavorare per aziende russe, trovandosi in Paesi amici”.
Per Konstantin Sonin, economista di origini russe della Harris School of Public Policy dell’Università di Chicago, il recente esodo rappresenta un’inversione di tendenza nell’industria tecnologica russa, storicamente capace di formare capaci specialisti high tech, e potrebbe riportare indietro lo sviluppo di oltre un decennio. Allo stato attuale la tecnologia rappresenta una fetta limitata dell’economia russa, se confrontata con le industrie estrattive, ma ha mostrato una rapida crescita. La perdita di molte persone giovani e istruite non potrà non avere conseguenze sulla diversificazione economica per gli anni a venire.
Dei centomila specialisti fuggiti all’estero, fino a due terzi lo ha fatto nell’immediatezza del lancio dell’operazione militare speciale e sulla scia del progressivo abbandono del mercato da parte delle società internazionali, secondo le stime presentate in Parlamento già in primavera dall’Associazione russa per le comunicazioni elettroniche. Al momento dell’intervento militare, molti di loro lavoravano utilizzando software straniero o avevano visto congelati i loro stipendi in seguito al blocco dei sistemi internazionali di pagamento. La campagna di coscrizione lanciata a fine settembre ha dato nuovo impulso alla fuga degli specialisti. Nelle due settimane successive all’annuncio della mobilitazione, circa 700mila persone, tra le quali un numero non definito di specialisti It, hanno lasciato la Russia.
L’età e la formazione personale dei giovani specialisti sembrerebbe aver avuto un peso sulla loro decisione di fuggire, non solo per motivi di carriera o per la paura di finire al fronte, ma anche per dissenso rispetto alle scelte del Cremlino. Sondaggi del centro indipendente Levada hanno mostrato come i dissapori per l’operazione militare si annidino proprio nelle fasce della popolazione più giovani, istruite e aperte al mondo esterno: se tra i pensionati il sostegno è al 90 per cento, tra i giovani scende al 62.
(da La Repubblica)
Leave a Reply