MPS: UNA BANCA CHE IMBARAZZA LA SINISTRA MA CON LA QUALE BERLUSCONI E VERDINI HANNO TROPPI LEGAMI PER ATTACCARLA
DAI FINANZIAMENTI CHE HANNO ACCOMPAGNATO IL CAVALIERE AGLI ESORDI IMPRENDITORIALI FINO AI DUE MISTERIOSI BONIFICI A DELL’UTRI POCHI MESI FA, AI FAVORI DI MPS A VERDINI
C’è un filo che lega il Monte dei Paschi al Pdl di Silvio Berlusconi e DenisVerdini.
Il leader e il coordinatore del Pdl hanno più interessi e legami finanziari personali nella banca senese del segretario Pd Pier Luigi Bersani.
Almeno stando a quel che si sa finora.
Infatti il Pdl, che dovrebbe cavalcare lo scandalo senese, lo sta facendo poco.
à‰ difficile per Berlusconi puntare il dito su quel Monte dei Paschi di Siena che lo ha accompagnato dai primi passi con Marcello Dell’Utri nei cantieri milanesi fino agli ultimi bonifici misteriosi, sempre a Dell’Utri, alla vigilia della condanna dell’amico siciliano di sempre.
“Grazie a Mps — ha ammesso il Cavaliere — potei costruire Milano 2 e Milano 3, era l’unica banca che concedeva mutui premiando la puntualità dei pagamenti”.
Erano due le banche (Bnl e Mps, entrambe con presenze della massoneria nei vertici) che finanziavano in quegli anni generosamente il Cavaliere.
Forse troppo.
Nell’inchiesta del sindacato ispettivo del Monte dei Paschi del 9 ottobre 1981 si legge: “La posizione di rischio verso il gruppo Berlusconi ha dimensioni e caratteristiche del tutto eccezionali e dimostrano l’esistenza di un comportamento preferenziale accentuato”.
Mps, nella sua filiale di Milano 2, ha custodito per 40 anni i segreti del Cavaliere.
Un muro di riservatezza nel quale ogni tanto si apre una finestra solo grazie alle indagini milanesi. Come è successo di recente con i bonifici con causale prestito infruttifero alle Olgettine del ragionier Spinelli.
O a metà degli anni Novanta, quando i finanzieri scoprirono alla solita filiale del Monte libretti al portatore per circa 28 miliardi di lire per i quali Berlusconi poi affrontò un processo per falso in bilancio (annientato da una legge ad personam).
Anche Verdini non può criticare troppo l’ex presidente Mps, Giuseppe Mussari, per gli accordi con la banca Nomura nascosti in cassaforte per truccare il bilancio del 2009.
Proprio in quel periodo Mussari finanziava generosamente gli amici di Verdini. Il 15 gennaio 2010 la Procura di Siena registra due chiamate di Verdini a Mussari. “Senti, ti posso disturbare due minuti?”. E poi: “à‰ un favore, eh, quello che ti chiedo”.
La questione è quella del prestito da 150 milioni di euro garantito da un pool di banche nell’ottobre 2008 all’amico Riccardo Fusi in quei giorni alla ricerca disperata di liquidità .
Verdini anticipa a voce una mail che inizia così: “Carissimo Giuseppe, con riferimento alla conversazione telefonica odierna ti illustro i motivi della mia chiamata”.
Verdini chiede a Mussari di concedere a Fusi 10 milioni in più, oltre ai 60 già accordati da Mps, sui 150 totali.
Il Monte doveva sostituirsi nel pool di finanziatori proprio al Credito Cooperativo Fiorentino di Verdini, poi commissariato.
A Verdini che chiede lumi sul prestito da 10 milioni, Mussari replica: “Sto aspettando un riscontro”.
Verdini insiste: “Ti prego, dammi una mano”. Mussari resiste: “Ci proviamo, non è l’esercizio più semplice del mondo, come potrai capire”.
Verdini non si arrende: “Mi devi dare una mano, via, se te la chiedo”. Solo allora Mussari capitola: “Va bene, d’accordo, proviamo”.
Alla fine il finanziamento di 10 milioni non passa.
Due settimane dopo partono le perquisizioni per l’inchiesta G8 che non favoriscono i contatti con Verdini, allora indagato per quelle questioni.
Ma Verdini, da quell’operazione fallimentare per il Monte dei Paschi di Siena, avrà comunque un utile.
Gli avvocati che seguono il finanziamento da 150 milioni sono i due Olivetti Rason, il padre Gian Paolo e il figlio Pier Ettore. E Niccolò Pisaneschi, fratello di Andrea, allora membro del cda di Mps e presidente di Antonveneta. Più Marzio Agnoloni.
A parte la questione tra i due fratelli Pisaneschi, (Andrea pagato come consigliere di chi presta, Nicola consulente di chi li prende), lo studio Olivetti Rason e Marzio Angnoloni si appoggiano a Verdini.
Lo studio Olivetti Rason paga false fatture (per l’accusa) a Verdini per 260 mila euro e Agnoloni versa in più tranche altri 157 mila euro.
Interessante l’esito delle indagini su Pier Ettore Olivetti Rason.
Nella camera da letto di questo avvocato di 39 anni i Carabinieri trovano una lettera di Licio Gelli, il maestro della loggia P2. Nel verbale del sequestro si legge: “Busta gialla avente mittente conte Licio Gell, Santa Maria delle Grazie 14, Villa Wanda, Arezzo, destinatario l’Avv. Pier Ettore Olivetti Rason, contenente libro dal titolo “L’abito del dolore”, scritto da Licio Gelli riportante dedica manoscritta dell’autore”.
Lo stesso Olivetti Rason che è stato intercettato mentre parlava di affari (il salvataggio della Sasch di Prato) con Nicolò Querci, manager del gruppo Mediaset e segretario di Berlusconi, nonchè figlio di Carlo Querci, fino a pochi anni fa consigliere del Monte dei Paschi.
Arcore e Siena non sono poi così lontane.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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