NAPOLITANO DICE NO AL SALVACONDOTTO A BERLUSCONI: INCONTRO GELIDO CON I CAPOGRUPPO DEL PDL
“LE SENTENZE VANNO RISPETTATE” AMMONISCE IL CAPO DELLO STATO… BRUNETTA E SCHIFANI TORNANO CON LE PIVE NEL SACCO, FURIBONDI SANTANCHE’ E VERDINI, MA LE COLOMBE COMMENTANO: “E’ GIA’ TANTO CHE NAPOLITANO LI ABBIA RICEVUTI CON TUTTO QUELLO CHE E’ SUCCESSSO”
“Ve l’ho sempre detto che di Napolitano non ci si può fidare. Vuole vederci morti. E se andiamo avanti così, finisce con Berlusconi che va ai domiciliari che non ci esce più perchè lo sbraneranno le altre procure”. L’urlo di rabbia di Denis Verdini è incontenibile, quando a palazzo Grazioli i due capigruppo del Pdl Brunetta e Schifani riferiscono dell’incontro al Quirinale.
Perchè peggio di così non poteva andare.
La trattativa su un “salvacondotto” per Berlusconi è andata male. Anzi, non si è nemmeno aperta.
Perchè Giorgio Napolitano ai due “Renati” ha spiegato che certo capisce la situazione difficile politicamente, e anche psicologicamente, di un leader che vede restringersi i margini di agibilità politica.
Ma non ci sono margini per quei provvedimenti di clemenza su cui tanto si è almanaccato. E che sono stati anche invocati con buona dose di approssimazione: una grazia richiesta sotto minaccia delle dimissioni dei parlamentari e non richiesta nè dal condannato nè dai suoi legali.
Per non parlare del “modello Sallusti”, impraticabile al “caso Berlusconi”.
E soprattutto, riferiscono i capigruppo del Pdl, che il capo dello Stato ha portato tutta la discussione su un piano “politico”, partendo dal presupposto che le sentenze si rispettano.
È stata già una concessione aver ricevuto alti rappresentanti di un partito che ha invocato un incontro al Quirinale dopo giorni parole incendiarie e para-eversive e come quasi sotto forma di ricatto.
Ecco che quando i capigruppo hanno insistito sulla necessità di garantire l’agibilità politica a Berlusconi, quella di Napolitano è stata una presa d’atto.
Le forme di detenzione non sono nelle sue prerogative.
Così come sulla decadenza da senatore è il Parlamento ad essere sovrano.
Più che assicurare che “rifletterà ” sulle “questioni poste” non può. Ha ascoltato. Punto.
Ma c’è un motivo se il capo dello Stato ha risposto chiedendo assicurazioni sul governo.
Una sorta di “che intenzioni avete?” dopo l’agitazione dei giorni scorsi, l’evocazione urlata delle urne e la sussurrata promessa di fedeltà all’esecutivo Letta.
È tutta qui la trattativa franata. Nella parole di un capo dello Stato che non scende sul piano di un intervento ad personam per Berlusconi.
E che anzi, nel corso di un confronto assai “schietto” mette sul tavolo la questione vera: “Non ci manda a votare con questa legge elettorale — è il resoconto degli azzurri nel vertice pomeridiano — che presenta profili di incostituzionalità ”.
Non è roba di cavilli. È un ragionamento che mette di fronte i fautori della rottura di fronte all’irresponsabilità di uno scenario sudamericano: non si può votare a ottobre col rischio che a dicembre l’Alta Corte dichiari incostituzionale la legge elettorale.
A quel punto in intero Parlamento sarebbe illegittimo.
È su questo avviso che nel vertice a palazzo Grazioli cala il gelo.
Perchè, è l’interpretazione più gettonata, è chiaro che Napolitano ha il “piano b”: un Letta bis con chi ci sta per la legge elettorale.
È chiaro che Napolitano non è un giacobino e capisce il dramma “politico” e “umano” di un partito che vede condannato il proprio leader.
Ma è altrettanto chiaro che da lui non arriverà alcuna forzatura politica su ambiti che sono di pertinenza della magistratura.
Ecco la drammatica discussione che nel pomeriggio si svolge con i falchi, Santanchè, Bondi e Verdini su domiciliari e servizi sociali.
E con la Pitonessa che immediatamente drammatizza: “Berlusconi andrà in galera”.
E mentre i falchi sognano l’ordalia finale col Pdl che tenta la spallata sulla scia dell’emotività del loro leader che entra in galera, e mentre le colombe si dicono fiduciose perchè “già è tanto che Napolitano ci ha ricevuto dopo quello che è successo in questi giorni”, la verità è che Berlusconi non sa che fare.
Provato, prostrato da un senso di impotenza e sconforto, vede assottigliarsi il ventaglio delle possibilità .
E non è un caso che la sua testa sia frastornata anche dal filone Ruby.
Se entri in carcere, è la tesi di Verdini, non ci esci più: Mediaset dura un anno, a Milano faranno gli straordinari per far arrivare la successiva condanna a sette anni: o si rompe ora, o mai più.
(da “Huffington Post“)
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