NELLA NOTTE DIFFICILE CONFRONTO RENZI ALFANO: “CI SONO COLONNE D’ERCOLE CHE NON POSSIAMO SUPERARE”
NCD: “SU FISCO, DIRITTI E LAVORO NON TORNIAMO INDIETRO”
Renzi freme per cominciare la navigazione e anche Alfano sarebbe pronto a sciogliere le vele, ma senza aver concordato prima la rotta non lascerà il porto, perchè «ci sono delle colonne d’Ercole oltre le quali non possiamo andare».
Sono bastioni invalicabili che rischiano di far fallire altrimenti la missione, costringendo Ncd a restare a terra. E non è tatticismo.
Perciò si tratta nel cuore della notte, perciò il capo del Pd e il leader del Nuovo centrodestra si sono incontrati.
Nulla era scontato, tranne la volontà di arrivare a un compromesso. Ma certo ieri non potevano bastare degli scarni sms tra «Matteo» e «Angelino» per colmare il buco che rischiava di far precipitare la crisi. Il colloquio è andato abbastanza bene, anche se non ancora risolutivo.
Nei brevi messaggi del pomeriggio, ognuno aveva fatto valere le proprie ragioni: Renzi riteneva che alzare la tensione «non contribuisce a risolvere i problemi», Alfano era convinto che il suo partito avesse «esigenze sulle quali non posso tornare indietro».
A Ncd serve il patto alla tedesca sul programma, che al vertice di maggioranza non era stato siglato: serve l’accordo sulla norma per legare la legge elettorale alla riforma del Senato – una sorta di «salva vita» della legislatura – che va messa nero su bianco, non affidata a un gentlemen agreement; e serve infine l’intesa sulla squadra dei ministri, che non può essere lasciata a giochi mediatici e a boatos di Palazzo.
Sono nodi che non sono stati ancora del tutto sciolti, ma il primo passo di stanotte è significativo.
D’altronde, la novità , rispetto alle precedenti trattative di governo, è che per la prima volta il programma ha la stessa valenza dell’organigramma.
E c’è un motivo se Ncd batte su questo tasto, perchè – come dice Sacconi – «è in gioco la constituency del Nuovo centrodestra», la sua ragione sociale, il suo stesso nome.
Sui temi del lavoro, del fisco, dei diritti – Alfano l’ha spiegato a Renzi – «non possiamo tornare indietro», conscio che Berlusconi avrebbe gioco facile a massacrarli, bollandoli come «ruota di scorta» del Pd: «E noi, che abbiamo l’ambizione di costruire un moderna coalizione moderata, non lo consentiremo».
Per questo motivo la trattativa è entrata in una fase delicata, e un passo falso potrebbe davvero far saltare tutto.
È una partita doppia con il Cavaliere nei panni del convitato di pietra, vissuto dentro un pezzo di Pd come un potenziale alleato che «potrebbe regalarci la sorpresa di un appoggio esterno», e visto dentro Ncd come un temibile avversario.
Ed è in un clima di tensioni e di sospetti che si è dipanata la giornata. Ogni dettaglio ha alimentato reciproche diffidenze.
Perchè Del Rio, al tavolo del programma, quando i centristi hanno chiesto garanzie sulla legge elettorale, ha scartato dicendo che «non è questa la sede per discuterne?».
E perchè dalla sede del Pd, in testa il portavoce della segreteria Guerrini, per tutto il giorno sono rimbalzate sui siti e sulle agenzie voci sull’assenza prima di Alfano poi di Lupi dalla lista dei ministri?
«Sono espedienti tattici», aveva commentato il leader di Ncd, riunendo il suo partito. La stessa «estenuante» tattica adottata da Renzi con Letta e applicata ora per chiudere la vertenza di governo: stressare la trattativa sull’organigramma, per poi fare cedere l’alleato sul programma.
E magari coprire mediaticamente il problema che in queste ore affligge il presidente del Consiglio incaricato sul ministero dell’Economia.
Perchè il leader del Pd sa che se dovesse assegnare a un tecnico come Padoan la poltrona di via XX Settembre, si porterebbe appresso l’immagine di un premier «commissariato» e non darebbe quel segnale di discontinuità a cui tiene prima di ogni cosa.
Alfano è pronto a collaborare, a cercare soluzioni condivise, ma non può nè vuole superare le «colonne d’Ercole», come gli impone il nome del suo partito.
«E Renzi – attaccava nel pomeriggio Quagliariello – non può immaginare che la discontinuità sia fare da solo il programma senza concordarlo con chi dovrebbe dargli la fiducia, non può ipotizzare da solo appoggi esterni che magari in futuro diventano interni, nè può pensare di fare da solo una squadra con ministri diversi o comunque da assegnare a dicasteri diversi».
Il leader del Pd a un certo punto ha compreso la portata della reazione del Nuovo centrodestra, i rischi che si portava appresso, aggravati da un sospetto che nel pomeriggio aveva preso corpo dentro Ncd, e cioè che l’idea di togliere Alfano dal Viminale fosse un segnale lanciato dai democratici a Forza Italia, un modo per consentire a Berlusconi di offrire qualcosa di più di un’«opposizione costruttiva» a fronte di un processo di «de-lettizzazione» della squadra di governo. Le ombre stavano per prendere il sopravvento, quando la trattativa è iniziata nella notte. Renzi non vede l’ora di partire, se è vero che sta già lavorando al discorso per la fiducia. E Alfano è pronto a salpare con lui, ma a patto di non superare le «colonne d’Ercole»
(da “La Repubblica“)
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