NOMINE, RENZI BENEDICE L’INDAGATO SCARONI
IL MANAGER DELL’ENI SOTTO ACCUSA PER CORRUZIONE INTERNAZIONALE SI SENTE SICURO DELLA CONFERMA DOPO L’INTESA ESIBITA IN TV COL SEGRETARIO PD
L’occasione è quasi ufficiale, il salotto di Porta a Porta di Bruno Vespa, la sintonia è così totale che sembra una promessa di riconferma: Matteo Renzi, segretario del Pd, e Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni che a maggio spera di ottenere un quarto mandato alla guida dell’azienda nonostante sia sotto inchiesta dalla Procura di Milano per corruzione internazionale. Uno suggerisce, l’altro completa, il dissenso, effimero, è solo lo spunto per chiarire dettagli.
Nella notte di Rai1 gli spettatori svegli per l’incontro tra il politico più potente e il più temuto dei manager pubblici sono pochi, ma attentissimi.
E il messaggio arriva chiaro: se nella stagione di nomine nelle partecipate del Tesoro che si sta per aprire Renzi chiederà a Enrico Letta che qualche testa cada, non sarà quella di Paolo Scaroni.
La benedizione è efficace, ora la coppia più a rischio sembra essere quella che guida Finmeccanica, l’amministratore delegato Alessandro Pansa e il presidente Gianni De Gennaro che, secondo il Giornale, potrebbe andare alla segreteria del Quirinale.
Franco Bernabè, da quando ha lasciato Telecom Italia, è libero e da anni il suo nome è accostato al colosso della difesa, magari è la volta buona.
Scaroni si sente tranquillo, l’Eni, che domina dal 2005, resterà cosa sua: sia che ottenga la conferma come amministratore delegato sia che, questa l’idea alternativa che coltiva da qualche mese, si trasferisca alla presidenza al posto di Giuseppe Recchi affidando la guida operativa dell’azienda al suo fedelissimo Claudio De Scalzi, oggi direttore generale di Eni a capo della divisione Exploration & Production, la più importante dell’azienda, quella che si occupa di cercare ed estrarre il petrolio e il gas.
In teoria il presidente dovrebbe avere solo una funzione di garanzia e vigilare sull’amministratore delegato.
Ma salendo sulla poltrona più alta, per quanto meno operativa, Scaroni avrebbe il controllo assoluto sul gruppo per tramite di Descalzi. “Io so cosa ho in testa”, ha replicato sibillino il sindaco di Firenze a chi gli chiedeva se fosse il caso di dare una legittimazione così plateale a un manager che, a parte aver patteggiato per le mazzette pagate dalla sua Techint all’Enel durante Tangentopoli, ora è sotto indagine per la presunta corruzione di esponenti del governo algerino per far ottenere contratti miliardari alla Saipem, una controllata dell’Eni .
Da giorni colpiva che la vaghezza delle proposte economiche di Renzi su tutte le materie avesse una sola eccezione: l’energia, un campo in cui, sia pure con parecchie giravolte, il segretario del Pd è sempre prodigo di dettagli.
Vuole tagliare il costo dell’energia del 10 per cento, “Scaroni sarà per farlo pagare a Snam e Terna”, dice il sindaco, lasciando intendere di conoscere perfettamente la posizione del manager che preferisce scaricare tutto il costo dell’eventuale taglio della bolletta lontano dall’Eni, cioè sulle reti.
à‰ la stessa tesi che Renzi aveva sostenuto in una puntata di Otto e Mezzo, prima di scrivere nel JobsAct una proposta completamente diversa, cioè la revisione dei sussidi concessi alle grandi imprese energivore.
Ora si è riconvertito alla linea che piace a Scaroni, con cui è d’accordo anche nel censurare gli incentivi esorbitanti alle energie rinnovabili: il capo dell’Eni vorrebbe un taglio drastico del 20 per cento, Renzi non si sbilancia sulla percentuale ma dice che Scaroni ha “perfettamente illustrato” le ragioni per cui le imprese italiane pagano troppo l’elettricità .
Di corruzione internazionale e degli scandali che hanno travolto Saipem non si parla, ovviamente.
Raccontano che Renzi e Scaroni abbiano una consuetudine che si è intensificata in queste settimane.
In diretta tv il sindaco lo tratta come uno dei tanti amici-consulenti di cui si circonda per le questioni economiche, dal finanziere Davide Serra ad Andrea Guerra di Luxottica.
Il manager e il sindaco si conoscono da tempo.
Sui giornali toscani si parlò molto del matrimonio dell’anno del 2012, quello tra Bruno Scaroni, figlio di Paolo (e da un anno manager delle Generali, di cui il papà è consigliere di amministrazione), e Violante Mazzei.
Il sindaco di Firenze non poteva mancare , ovviamente. Il padre della sposa, Jacopo, è uno dei poteri forti fiorentini che circondano Renzi, per due anni presidente dell’Ente cassa di risparmio di Firenze, una fondazione bancaria azionista di Intesa Sanpaolo che nel 2012 ha investito 10 milioni di euro nell’aggressivo fondo Algebris di Davide Serra. “Renzi non ne sapeva niente”, assicurò Mazzei al Fatto che aveva rivelato l’investimento.
In teoria il governo Letta ha introdotto una procedura di selezione dei manager pubblici che dovrebbe assicurare trasparenza: società di “cacciatori di teste” scatenati sul mercato internazionale.
Ma alla prima occasione Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni hanno confermato i vertici in scadenza (incluso il presidente delle Ferrovie dello Stato Lamberto Cardia) senza che si sia mai avuta notizia di alcuna gara internazionale.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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