NON TI PAGO: OCCORRE UNA RIVOLTA CONTRO I DISSERVIZI PUBBLICI
GLI ITALIANI HANNO DIRITTO AD AVERE SERVIZI DECENTI ALL’ALTEZZA DELLE IMPOSTE CHE PAGANO?
Dopo il raccontino su un giorno di ordinario Frecciarossa, sono stato alluvionato dai messaggi di amici e lettori impazienti di denunciare le proprie disavventure, simili o addirittura peggiori, sui leggendari “trasporti pubblici” in quest’estate italiana.
È come se fosse saltato il tappo di un’esasperazione troppo a lungo covata e repressa, che ha trovato finalmente uno sfogo pubblico dopo tanta rabbia silenziosa.
Chiunque abbia una storia simile da raccontare in treno, in autobus,sulla metro o in aereo, può inviarcela in poche righe a segreteria@ilfattoquotidiano.it  e la pubblicheremo, magari corredata da qualche foto scattata con l’iPhone ai mesti display delle stazioni e degli aeroporti che segnalano ritardi di 100, 200, 300 minuti, fino alle 20 ore di attesa del volo Firenze-Palermo che ieri spopolavano sul web.
Qui non si tratta di fare del qualunquismo a buon mercato intonando il solito“Piove, governo ladro”, ma di dare voce a una rivolta contro i disservizi pubblici che tutti, dai “responsabili” menefreghisti agli utenti rassegnati, considerano un accidente inevitabile, connaturato col Dna italiota.
Una rivolta che, in un Paese meno cinico e assuefatto del nostro, avrebbe già provocato uno sciopero di massa: se arrivo in stazione e il mio treno è in ritardo di un’ora, io salgo senza pagare e faccio verbalizzare il motivo della mia protesta; se il controllore mi applica — per cambiare il biglietto dalla seconda alla prima classe che sul sito web risultava esaurita e invece si scopre semivuota — la multa di 8 euro oltre al sovrapprezzo, io non pago e motivo il senso del mio gesto; se, per un errore materiale di data o di orario sul biglietto, il controllore anzichè correggere la svista mi infligge una multa di 50 euro e mi insulta pure, io non pago e metto tutto nero su bianco. Finchè, a comportarsi così, saranno pochi rompipalle isolati, non cambierà nulla. ùMa, se la rivolta sarà di massa, i vertici aziendali dovranno preoccuparsi e provvedere.
Si tratta di rimettere le cose nel giusto ordine: il cliente ha sempre ragione, a meno che non voglia fare il furbo rubando una corsa gratis (nel qual caso, nessuna pietà ); e il consumatore ha tutto il diritto di ricevere servizi decenti, all’altezza delle imposte che paga (se le paga: se invece evade, non dovrebbe poter entrare in un ospedale pubblico, accedere a un’autostrada, salire su un autobus o una metro, mandare i figli in una scuola statale, e così via).
Oggi invece nel Paese di Sottosopra — come lo chiamava Giorgio Bocca- noi cittadini siamo considerati (e finiamo per considerarci noi stessi) sudditi a cui infliggere qualunque angheria e sopruso, da una classe dirigente che non dirige un bel nulla, se non i propri lauti stipendi.
E pretende che paghiamo cari e salati i nostri errori, anche se in buona fede, mentre chi dovrebbe dare il buon esempio sbaglia continuamente e dolosamente, e non ne paga mai lo scotto.
Ricordate la campagna forsennata dei politici e della stampa al seguito contro le toghe, al grido di “Chi sbaglia paga”? Ha prodotto un aborto di responsabilità civile dei magistrati che li ha messi tutti sotto scacco, con la minaccia di azioni civili per danni per le indagini e i processi che fanno.
E il governo continua a sfornare decreti per riaprire stabilimenti inquinanti e stragisti che i giudici chiudono per tutelare la salute e la vita a operai e residenti.
E la stampa confindustriale (praticamente tutta) attacca ogni giorno quei giudici, minacciati di cause miliardarie per danni che non basterebbero mille vite per ripagare. La domanda è: e i politici quando pagano?
A quando una bella legge sulla responsabilità civile di ministri e legislatori che metta sul loro conto i danni incalcolabili dei loro abusi, ruberie, inefficienze, sprechi e leggi sballate?
La Corte di Strasburgo ha appena condannato l’Italia (cioè lo Stato, cioè noi) a pagare i danni alle vittime delle sevizi e alla scuola Diaz durante il G8 di Genova e a due omosessuali perchè i nostri politici inetti — unici in Europa — sono riusciti a non introdurre il delitto di tortura e a non riconoscere i diritti delle coppie gay, così come non fanno nulla sul diritto d’asilo, lo ius soli, l’omofobia e l’Imu agli istituti religiosi con scopo di lucro.
Chi paga? I politici?
A quando una bella legge sulla responsabilità civile di ministri e legislatori che metta sul loro conto i danni incalcolabili dei loro abusi, ruberie, inefficienze, sprechi e leggi sballate?
Ora vogliono vietarci di registrare i nostri colloqui con terzi per paura che ci vada di mezzo qualche signorino della Casta con la mazzetta in bocca o il mafioso in casa. Altra legge incostituzionale e contraria alla giurisprudenza di Strasburgo, che verrà presto rasa al suolo.
Chi pagherà ? I politici? No, sempre noi. Contenti noi…
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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