“NON VOGLIONO TESTIMONI SCOMODI”: ECCO PERCHE’ LE ONG VENGONO CACCIATE DAL MARE MORTUM
DENUNCIA DEL CENTRO ASTALDI: “RIMANDARE INDIETRO I PROFUGHI E’ UN REATO PENALE”
La rabbia è pari al dolore per l’ennesima strage di innocenti consumatasi nel “Mare mortum”: il Mediterraneo.
Le immagini dei corpi senza vita di tre neonati, morti sulla rotta mediterranea, hanno scavato un abisso incolmabile tra il mondo della solidarietà e coloro che governano il Paese.
Un abisso etico, prima ancora che politico.
La sintesi di una storia senza lieto fine è nel testo che accompagna il video di Medici senza Frontiere.
Operazione Mare nostrum: CANCELLATA. Accordo per il trasferimento dei rifugiati: INCOMPIUTO. Confini europei: CHIUSI. Navi delle Ong: BLOCCATE.
Le politiche europee condannano le persone a rimanere intrappolate in Libia o annegare in mare. Presidente Giuseppe Conte, è questa l’Europa che vogliamo?
Msf dà conto di uno stato d’animo che attraversa il variegato universo delle Ong, che non è mai stato un indistinto monolite ma che oggi trova una unità sostanziale nel denunciare la deriva securista e la criminale ipocrisia dell’Europa e dei suoi leader.
C’è una coincidenza temporale che suona come una sentenza senza appello, vista dal fronte della solidarietà : nelle stesse ore in cui a Bruxelles si varava un “accordicchio” tanto per provare a salvare la faccia ad una Europa marchiata dai sovranismi più retrivi, al largo delle coste libiche oltre 100 persone morivano affogate.
Oltre le dichiarazioni ufficiali, ciò che da quel “fronte” emerge con assoluta nettezza è la convinzione che dietro la guerra dichiarata alle Ong impegnate nei soccorsi in mare c’è la volontà di liberarsi di testimoni scomodi.
“Quella che è stata imbastita a livello europeo è una campagna di demonizzazione delle ‘non-governmental search and rescue operations'”, dice all’HuffPost Karline Kleijer, responsabile degli interventi di emergenza di Msf. Ed ora le cose sono destinate a peggiorare ulteriormente — sì è possibile -, ora che a comandare, per volontà europea, è la Guardia costiera libica: “I governi europei — rimarca ancora Kleijer — sanno bene cosa significhi riportare le persone che fuggono in mare nei lager libici, dove la tortura è la normalità e le condizioni di vita sono disumane”.
La situazione è tragica.
Il portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Charlie Yaxlei fa parlare i dati. Agghiaccianti. Nei primi cinque mesi del 2018 oltre 1000 migranti sono morti nel Mediterraneo. E a giugno il bilancio di una tragedia annunciata è cresciuto ancora. Ora, avvertono le Ong, siamo in mano della Libia. E i risultati si vedono. Ma ciò che conta, aggiungono, per coloro che sbandierano come un successo la diminuzione degli sbarchi, facendo finta di non sapere in quale inferno vengono ricacciati quelli riportati indietro nei lager libici, è che non vi siano più testimoni scomodi di quelle atrocità . E Tripoli alza la voce sui migranti.
L’Unione europea “è venuta meno ai suoi impegni” perchè, “ad eccezione dell’addestramento (della guardia costiera) che non era una priorità , abbiamo avuto solo briciole. Nessun supporto tecnico, materiale o finanziario. Solo promesse, parole, polvere negli occhi”.
A proclamarlo è il generale Ayoub Kacem, portavoce della Marina libica, precisando che al momento le motovedette usate dai suoi uomini sono “prestate” da Roma dal 2010 e ormai “hanno raggiunto il loro limite”.
Il capitano di una delle navi libiche, colonnello Abou Ajila Abdelbari, ha aggiunto: “Abbiamo comunicato tutte le nostre esigenze, per quanto riguarda navi e attrezzature, al nostro cosiddetto partner europeo, su sua richiesta. Ma abbiamo solo ricevuto promesse”.
Bussa a soldi, Tripoli. E tanti. Ma anche su questo punto, l’Italia non l’ha spuntata: all’Europa si chiedevano 6 miliardi di euro, gli stessi concessi alla Turchia di Erdogan, per bloccare i flussi migratori sulla rotta libica: Bruxelles ne ha concessi 500 milioni, un dodicesimo.
“Con 220 persone morte annegate la settimana scorsa si è registrato il maggior numero di morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Tutte tragedie evitabili”, scrive Medici senza Frontiere in un appello lanciato ai governi europei che “hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle Ong, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla Guardia costiera libica”.
“I governi europei — scrive Msf — stanno finanziando, formando ed equipaggiando la Guardia costiera libica per intercettare barche alla deriva e rispedire le persone a bordo in Libia dove vengono detenute in condizioni disumane. In uno sviluppo senza precedenti, circa 2000 persone sono state rispedite in Libia durante lo scorso fine settimana.
All’arrivo sono stati condotti in centri di detenzione arbitraria senza alcun processo legale”, sottolinea la Ong.
“La priorità dei leader Ue sarebbe dovuta essere quella di affrontare le carenze del sistema di accoglienza a livello europeo, dando una risposta efficace e umana alla crisi migratoria, non solo rispondere ai problemi politici interna – afferma Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia —. Invece, in un momento in cui sarebbe necessario dimostrare una vera leadership europea, i capi di stato europei e i governi continuano a scaricare le loro responsabilità per il controllo delle frontiere fuori dall’Unione sui Paesi africani. Paesi come la Libia che si sono già dimostrati non in grado di garantire la tutela dei diritti umani dei migranti: nelle carceri di questo paese le persone sono quotidianamente vittime di abusi e torture. A tutto questo si aggiunge il via libera degli Stati Membri alla creazione su base volontaria di centri “controllati” chiusi, che rischiano di assomigliare a veri e propri centri di detenzione. Un altro punto che rappresenta l’ennesimo fallimento di un approccio europeo che minaccia direttamente i diritti di donne, uomini e bambini in fuga da guerre e persecuzioni nei propri Paesi di origine”.
La Libia non è un Paese sicuro. Rimandare i migranti indietro è “vietato oltre che disumano”, denuncia il Centro Astalli, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia. Per il Centro Astalli, “sulla base di testimonianze dei rifugiati che accogliamo e di cui certifichiamo le torture e le violenze subite nei centri di detenzione libici, la Libia non può essere considerata in alcun modo un Paese sicuro. Come denunciano le Nazioni Unite e le principali Ong umanitarie, le condizioni nel Paese sono tali da rendere inaccettabile la soluzione di affidare alla guardia costiera libica, che in varie occasioni si è tra l’altro resa responsabile di abusi, i migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo. E’ concreto il rischio che le persone, sistematicamente soggette a detenzione, subiscano trattamenti inumani e degradanti. Favorire dunque il loro rinvio in Libia si configura come violazione di importanti principi giuridici, quali l’art. 3 della Carta Europea dei Diritti Umani e il principio di non respingimento previsto dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato”.
“I leader dell’Ue hanno preferito la paura alla compassione” con la firma delle Conclusioni del Consiglio europeo che “potranno mettere in pericolo uomini, donne e bambini tra i più vulnerabili al mondo”, incalza” Amnesty International.
L’Ue e l’Italia stano garantendo assistenza alla Guardia costiera libica, affinchè intercetti I barconi dei migrantinel Mediterraneo, nelle acque libiche ma anche in quelle internazionali, malgrado la preoccupazione delle associazioni umanitarie che questo possa condannare i migranti a detenzioni arbitrarie e indefinite ed esporli a torture, violenze, lavori forzati, sfruttamento ed estorsione. Quelli detenuti potrebbero non avere la possibilità di contestare l’illegalità della loro detenzione e non avere accesso all’assistenza legale”, annota L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein.
Ma le conclusioni del vertice Ue hanno ribadito la necessità di non interferire con il lavoro delle autorità libiche. “Abbiamo inviato un messaggio a tutti, anche alle Ong — conferma il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk — devono rispettare la legge e non devono ostacolare il lavoro della Guardia Costiera libica”.
Parole alle quali le Ong si ribellano. “Distruggere il lavoro delle organizzazioni e la capacità di salvataggio nel Mediterraneo — twitta Msf — porterà solo a più morti inutili in mare. Un costo umano orrendo”.
“Non è una buona notizia” aggiunge Sos Mediterranee che però conferma l’impegno: “Fino a quando degli esseri umani rischieranno la loro vita in mare, noi proseguiremo la nostra missione per cercare, soccorrere, proteggere e testimoniare”.
La denuncia di quello che viene percepito come un “attacco finale” si accompagna alla determinazione a non mollare.
Un messaggio che viene anche dal Cini, il Coordinamento italiano Ong internazionali a cui aderiscono Actionaid, Amref, Cbm, Save the children, Terre des hommes, Vis, che non nasconde la “forte preoccupazione” per la proposta Ue per contenere i flussi migratori sulla rotta del Mediterraneo centrale e la Libia.
“Le Ong aderenti al Cini – sottolinea il portavoce Antonio Raimondi – sono fortemente preoccupate dall’approccio securitario volto al controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea, condiviso e supportato dagli Stati membri per una gestione dei flussi migratori basata principalmente, se non esclusivamente, su sicurezza, controllo dei confini, rimpatri, respingimenti e quote di ingresso…”.
Il direttore delle operazioni di Sos Mèditerranèe Frèdèric Penard, ha rimarcato nei giorni scorsi che “il clima non è più favorevole alle Ong” in Italia, anche se vengono registrate con favore, e in controtendenza alla linea di chiusura totale del vice premier leghista, le parole del presidente della Camera, Roberto Fico, che dall’hotspot di Pozzallo, dice: “Io i porti non li chiuderei… Dalle Ong un lavoro straordinario”.
Sos Mèditerranèe ha precisato inoltre che lo scalo tecnico a Marsiglia, deciso dopo la chiusura dei porti italiani e maltesi alle Ong, “non è una buona notizia perchè rappresenta 5 giorni di navigazione supplementari e una presenza nuovamente ridotta nella zona di salvataggio, mentre nel Mediterraneo centrale le traversate proseguono”. Le Ong, ormai sono state ridotte quasi all’impotenza: 3 navi di altrettante Ong tedesche, la Lifeline, la Sea Watch 3 e la Seefuchs, sono ferme nel porto della Valletta. Malta non consente loro di ripartire. La Lifeline per via dell’inchiesta, dopo lo sbarco di 4 giorni fa; le altre due, che erano a Malta per rifornimenti, perchè le autorità della Valletta hanno bloccato accesso e uscita dai porti alle navi Ong.
Per lo stesso motivo, la Aquarius di Sos Mèditerranèe e Msf ha dovuto fare rotta per la Francia ed è arrivata giovedì a Marsiglia.
Nel Mediterraneo centrale restano solo due imbarcazioni, entrambe della spagnola ProActiva Open Arms: la Open Arms, tornata in mare in questi giorni dopo lo stop per il sequestro a Pozzallo e lavori in Spagna, e il veliero Astral.”
La strage dei bimbi, in un Mediterraneo senza Ong”: titolava “La Stampa”.
Mai titolo fu così azzeccato. Tragicamente vero.
(da “Huffingtonpost”)
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