NOTTE INUTILE, MELONI NON OTTIENE CONCESSIONI DA SCHOLZ SUL PATTO DI STABILITA’
FONTI UE: C’E’ POCO DA TRATTARE ANCORA, SI CHIUDE MERCOLEDI’
L’Amigo, in centro a Bruxelles a due passi dalla Grand Place, è l’hotel dove in genere alloggiano i leader quando arrivano in città per i summit europei. Angela Merkel e ora Olaf Scholz, Emmanuel Macron e ora Giorgia Meloni, dopo Matteo Renzi, Giuseppe Conte e gli altri predecessori a Palazzo Chigi. Spesso il bar dell’albergo diventa sede di incontri informali, discussioni a margine dei summit, trattative notturne sui principali dossier. È accaduto anche ieri notte, al termine del Consiglio europeo sull’adesione dei paesi dei Balcani occidentali e in vista delle discussioni di oggi al summit dei 27 capi di Stato e di governo dell’Ue. Davanti a del vino rosso francese, Meloni si è trattenuta per due con il capo dell’Eliseo ad uno dei tavolini del bar. Per mezz’ora li ha raggiunti il cancelliere tedesco che era lì accanto a bere della birra con la sua delegazione. Ma nemmeno questa chiacchierata notturna è servita a sfilare qualche concessione in più alla Germania sulla madre di tutte le battaglie per l’Italia, la Francia e i paesi a più alto debito: la riforma del Patto di stabilità.
“Non c’è molto da concedere ancora”, ci dicono fonti diplomatiche del nord Europa. Per Berlino, per l’Olanda e i paesi frugali è già tanto aver concesso un’alleggerimento della riduzione del deficit per tre anni, dal 2025 al 2027, quando, secondo gli accordi raggiunti alla riunione dei ministri finanziari dell’Ue lo scorso 8 dicembre, non verranno calcolati gli interessi sul debito, che con gli alti tassi decisi dalla Bce per combattere l’inflazione sono diventati pesanti per tutti.
Naturalmente in cambio di riforme. Solo nel 2024 l’Italia dovrebbe pagare quasi 14 miliardi in più di interessi passivi sul debito. L’idea del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire era di rendere questa concessione permanente, non limitata a tre anni. E in questi termini ha parlato ieri mattina Meloni al Parlamento, nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Ma su questo c’è il muro tedesco e dei frugali. Non se ne parla.
E dunque la cordialissima chiacchierata notturna al bar dell’Amigo, tra sorrisi e giovialità, non ha portato i risultati sperati a Roma e a Parigi. C’è da dire che la trattativa sul nuovo Patto di stabilità è stata condotta a due da Francia e Germania, con continui incontri tra il ministro tedesco Christian Lindner e il collega Le Maire. Roma ha solo seguito la scia delle mosse francesi. Ma Berlino ha ottenuto tanto: percentuali fisse annuali di riduzione del debito dell’1 per cento per i paesi che superano il 90 per cento in rapporto al pil e 0,5 per cento per i paesi che superano il 60 per cento. E poi c’è l’introduzione di una soglia di salvaguardia sotto al tetto del 3 per cento sul deficit, pari a 1,5 per cento. Dello 0,5 per cento all’anno è la riduzione del deficit prevista per i paesi sotto procedura per squilibri eccessivi. Il liberale Lindner, in drastico calo nei sondaggi che propendono per l’estrema destra dell’Afd, ha portato a casa tutto questo bottino. Se anche il socialista Scholz volesse concedere di più, non potrebbe: gli andrebbe in crisi la colazione di governo.
Mancano gli ultimi dettagli, ma mercoledì all’Ecofin straordinario che si riunirà in videoconferenza i ministri dovrebbero chiudere l’accordo. “Credo che potremo chiudere” i negoziati sul patto per la migrazione e l’asilo “prima che finisca la presidenza spagnola, come pure la nuova governance economica, detta comunemente patto di stabilità e crescita”, dice il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, a margine del Consiglio Europeo a Bruxelles. A Madrid c’è soddisfazione per aver portato a casa la nomina dell’ex ministra dell’Economia Nadia Calvino alla presidenza della Banca Europea per gli Investimenti. Fino all’Ecofin di mercoledì è possibile che ci siano “altri contatti con i ministri per definire i dettagli”, ci dicono fonti europee vicine al dossier, che escludono altri scambi tra i leader sulla questione a margine del Consiglio di oggi e domani a Bruxelles. “Questo è un summit che ha già tanta carne al fuoco”, aggiunge la stessa fonte in riferimento all’opera di convincimento in corso verso Viktor Orban che sta usando il veto per bloccare i nuovi aiuti a Kiev e anche il via ai negoziati di adesione dell’Ucraina all’Ue. “Non ci sarà nemmeno il tempo di pensare al patto di stabilità…”.
Dopo la due giorni brussellese, Meloni rischia dunque di tornare a casa senza altre concessioni sulle regole fiscali che disegneranno il futuro dell’Ue, dopo la sospensione del vecchio Patto di stabilità durante la crisi pandemica. “Noi continuiamo a rivendicare una riforma del Patto di Stabilità e crescita che tenga conto di una strategia che l’Europa s’è data, cioè Next Generation Eu, transizione verde, transizione digitale, il rafforzamento della politica di difesa – sono le parole della premier ieri al Senato – Non avrebbe senso che l’Europa, nel momento in cui deve definire quale è la governance, non tenesse conto di ciò che ha incentivato gli Stati nazionali a fare. Riconoscere il valore di quegli investimenti non serve solo all’Italia ma all’Europa intera, altrimenti si continuano a fare cose completamente miopi. Secondo l’ultima bozza di accordo sulla traiettoria di aggiustamento del rapporto deficit Pil, si dovrà tenere conto nel triennio 2025-2027 degli interessi che sono stati maturati sul debito contratto per gli investimenti effettuati in questi settori. È un punto di partenza; chiaramente la richiesta che continuiamo a fare noi è che ciò non avvenga solamente per questi tre anni”.
Asticella alta, che si annuncia irraggiungibile. Sarà veto da parte italiana, come Meloni stessa non ha escluso davanti alle Camere?
Alcune fonti suggeriscono che chiamarsi fuori e far saltare il banco della riforma non è una buona idea e il governo di Roma non lo farà. Ma certo se al summit dovesse andare male anche sui fondi per l’immigrazione previsti nella proposta di revisione del bilancio pluriennale, per colpa dei frugali ma anche di Orban, il bottino sarebbe davvero magro per la premier, il governo si troverebbe spalle al muro. In questi casi, tutto può diventare incredibilmente possibile.
(da Huffingtonpost)
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