ONOREVOLI TRA RABBIA E RASSEGNAZIONE: “ALLA FINE ARRIVEREMO A PAGA ZERO”
FIORONI: “AGIRE SULLE INDENNITA'”…. RAZZI: “POI MI OSPITANO LORO”
Rieletto per miracolo, Antonio Razzi stringe i pugni come per difendere il biglietto della lotteria che si è ritrovato tra le mani: «Grillo propone di ridurci lo stipendio a 5 mila euro lordi. È impossibile, a meno che non andiamo a dormire in un sacco a pelo. Oppure possono ospitarci i grillini a casa loro…».
L’uomo che salvò Silvio Berlusconi nel 2010 contesta in Transatlantico la linea del leader del M5S: «Io già vado a dormire in un albergo a una stella che ha appena appena il bagno. Mi adatto perchè vengo dal mondo operaio, altrimenti non mi rimane una lira. Ma chi è stato imprenditore come fa?».
La domanda rimbomba in Parlamento, tra deputati appesi al filo di consultazioni complicatissime.
E innervosisce: «A un grillino ho detto: “Non è che viviamo al paesino, qui si paga anche l’aria. Prima di fare queste proposte state sei mesi a Roma, poi ne riparliamo” ».
Il confine tra sacrosanta austerity e demagogia spinta è sottile.
Rincorrere Grillo praticamente impossibile.
Lo sa Gianfranco Rotondi, capofila di chi sembra rassegnato allo tsunami dell’antipolitica: «Possiamo anche dimezzarci lo stipendio — sorride il democristiano convertito al berlusconismo — ma sarà sempre troppo poco. Dobbiamo prima riconsacrare il Parlamento, poi parliamo della retribuzione».
L’ex ministro, in verità , la prende con ironia: «Cinquemila lordi? Non ho più questo problema. Berlusconi non ha ricandidato i miei amici De Luca e Cutrufo, che versavano tremilacinquecento euro al mese alla Dc. Ora l’onere è tutto mio, sono deputato a titolo gratuito. Quando finirò di pagare vi dirò come si campa con cinquemila euro lordi al mese…».
Quando nomini Grillo, il deputato democratico Beppe Fioroni si irrigidisce.
E prova a ribaltare i termini del problema, partendo dall’autoriduzione annunciata dai presidenti delle Camere: «Li invito a prendere in considerazione le indennità aggiuntive dei deputati, per vedere se è il caso di tagliarle: segretari di presidenza, commissioni, vicepresidenze».
E se invece la ghigliottina calasse sui peones, senza distinzioni: «Io faccio il medico, opterei per il mio stipendio. Sempre che non cambino la legge».
Al Senato, visti i numeri, tira un’aria peggiore.
Eppure il pidiellino Lucio Malan sembra sereno: «Noi sosteniamo la riduzione. Resta singolare lo sfoggio di pauperismo da chi come Grillo guadagna 5 milioni all’anno o da chi prende pensioni statali da 20 mila euro al mese».
Riduzione, ma non salasso: «Bisogna capirci: se sono cinquemila lordi con una parte esentasse, va bene. Ma così sarebbero duemila netti. Con questo approccio demagogico si arriva a dire che la paga deve essere zero!».
Infine fa di conto: «Con l’azzeramento totale delle retribuzioni ci sarebbe un beneficio di trenta centesimi al mese per ogni italiano…».
L’unica che non sembra temere la mannaia a cinque stelle è la giovane deputata Pd Marianna Madia: «Io sono d’accordo, ma è riduttivo parlare di una sola voce. Spero ci sia trasparenza anche sulle indennità di funzione. La nostra proposta è di equiparare l’indennità a quella dei sindaci».
Non la insegue Aldo Di Biagio, eletto nelle liste di Scelta civica: «Su tutto si può ragionare, ma a breve Grillo si renderà conto di quanto sia complicato il nostro compito: l’importo non è stretto, ma almeno giusto. Sono ben altri gli stipendi nel Paese che devono essere rivisti».
Dall’alto delle sei legislature consumate tra i banchi della Camera, Pino Pisicchio non nasconde il fastidio di chi pensa di meritare la paga di fine mese: «Vivere con cinquemila lordi? Mi rifiuto di fare questo ragionamento, c’è gente che campa con molto meno. Io ribalto il ragionamento e domando: come perimetriamo le remunerazioni di chi onestamente e studiando è impegnato in forme di rappresentanza? Se si sparano numeri, c’è sempre un numero più basso da sparare».
E i grillini, cavie della drastica riduzione?
Angelo Tofalo, giovane campano del movimento, attende immobile: «Ti rispondo tra un mese, quando avrò preso il primo stipendio».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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