E SUI POSTI CHIAVE VIA LIBERA DAL PD: AI GRILLINI QUESTORI E VICEPRESIDENZA
LITE NEI GRUPPI SULLE QUOTE ROSA, UNA CARICA ANCHE AI MONTIANI
«Chi ha più buonsenso lo usi». Bersani conclude il vertice del Pd sugli ultimi tasselli del puzzle istituzionale, imponendo la linea della «massima apertura» e del dialogo.
Oggi il Parlamento vota i vice presidenti, i questori, i segretari di presidenza, e il leader democratico – pur ripetendo che una cosa è la partita istituzionale, altra quella per gli accordi di governo – sa che blindarsi significherebbe bruciare ogni futura chance. Quindi, sì ai questori che i 5Stelle chiedono: Laura Castelli, 26 anni da Collegno, tecnico dei bilanci alla Regione Piemonte, per la Camera (per il Pd, sarà proposto Paolo Fontanelli); e Laura Bottici per il Senato.
E nella strategia bersaniana, i Democratici sono pronti anche a cedere una vice presidenza delle Camere ai grillini e un’altra ai montiani.
Lo schema è questo, alla fine di una giornata in cui si riuniscono correnti e si formano e si disfano capannelli in Transatlantico, mentre le parlamentari conducono l’offensiva delle donne.
Parte la girandola di nomi, ma soprattutto i malumori, le divisioni, la rabbia degli esclusi e le perplessità sul grillismo che soffia nel partito.
La schiera democratica più numerosa è quella degli “avvelenati”, di chi fa buon viso a un gioco che giudica «impazzito».
Commenti a mezza bocca.
Dario Nardella, vice sindaco di Renzi approdato in Parlamento, invece è esplicito: «O si cede qualcosa perchè c’è una reciprocità , oppure quale è il senso? Oltretutto il ruolo di questore è estremamente delicato, il collegio dei questori decide all’unanimità , non è che si va lì per fare Wikileaks… “.
In Parlamento i grillini si aggirano con l’adesivo sul bavero della giacca: “Questori uguale controllori”.
«Ecco – osserva Michele Mela – è la loro ragione sociale, come si fa a dirgli di no?».
A un certo punto si sparge la voce che si potrebbe congelare l’elezione delicatissima dei questori. Le discussioni sono ancora più accese.
Tra i supporter di Franceschini c’è molto malcontento: «Avranno senso di responsabilità , ‘sti grillini. Qua noi diamo, diamo via tutto… “.
Bersani e il capo della segreteria, Migliavacca riuniscono ieri sera i neo capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. C’è il risiko dei nomi.
E c’è la richiesta di rispettare le “quote rosa”.
Nel momento della scelta dei nuovi capigruppo, lunedì, il segretario aveva garantito che il rapporto del 40% di presenza femminile non sarebbe stato messo in discussione.
Poichè fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, le deputate democratiche convocano una lunga assemblea dalla quale scaturisce una “sotto riunione” delle “under 40”.
Una vice presidenza dovrà andare a una donna, del resto Rosy Bindi è la vice presidente uscente.
«Ci vuole la parità tra uomini e donne alla guida della Camera e del gruppo», twitta Stella Bianchi.
I nomi sono quelli di Sesa Amici, Marina Sereni, Marianna Madia, anche se Roberto Giachetti, renziano, è in pole position.
L’altra vice presidenza il Pd la darebbe alla Camera o a Luigi Di Majo (indicato dai grillini) o a Andrea Romano (Scelta civica, tendenza Montezemolo).
Al Senato, lo schema delle vice presidenze prevede Gasparri (Pdl); Calderoli (Lega); un 5Stelle (Orellana) oppure Scelta civica (Lanzillotta) e il Pd fino a tarda sera si giocava la partita tra Roberta Pinotti, franceschiniana, e il dalemiano Nicola Latorre.
Le donne del partito sono sul piede di guerra e assai restie a rinunciare agli spazi che si sono conquistate portando acqua al mulino del partito.
Scalpitano i “giovani turchi” riuniti fino a tarda sera, che si sentono non rappresentati.
Giovanna Casadio
(da “la Repubblica“)
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