Maggio 1st, 2025 Riccardo Fucile
PAROLIN DI FRONTE AI 30MILA MORTI DI GAZA PARLO’ DI “SPROPORZIONATA REAZIONE” DELLO STATO EBRAICO… IL DISGELO CON LA CINA E’ STATO VISTO COME UN CEDIMENTO AL REGIME COMUNISTA DALL’ALA CONSERVATRICE DELLA CHIESA
Rapporti di forza, cordate, trattative segrete, potere: cosa c’è di più politico del
conclave? Evento politico e geopolitico per eccellenza, perché dall’uomo che regnerà su un miliardo e mezzo di cattolici nel mondo dipendono anche una buona parte degli equilibri globali.
E allora non è blasfemia raccontare quanto sia interesse dei capi di Stato e di governo sapere chi salirà sul trono di Pietro. Quanto, attraverso un sapiente uso
delle proprie relazioni, questi leader provino a sondare, se non addirittura orientare, qualche cardinale, o i pontieri, nella speranza che alla fumata bianca, dal balcone di San Pietro, si affacci un volto a loro gradito.
Sarebbe poco più di un gioco – chi tifa per chi – se non ci fossero prove di corteggiamenti reali, se tra cardinali e fonti diplomatiche non si raccontasse di precise predilezioni, e in alcuni casi anche di colloqui veri e propri a sostegno di un candidato.
Le previsioni della vigilia premiano il segretario di Stato Pietro Parolin, inquadrato tra i progressisti. Con qualche notevole eccezione, tipo Israele, è il porporato che più di altri in questi complicati anni di guerre e frammentazione delle alleanze ha conquistato i cuori dei leader, trasversalmente alla loro appartenenza politica, grazie al ruolo di capo della diplomazia vaticana.
Ma partiamo da ieri. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in visita di Stato a Roma, ha chiesto di infilare all’ultimo una tappa in Vaticano, per un saluto proprio a Parolin. Considerando se stesso la guida dei popoli musulmani che si affacciano sul Mediterraneo, Erdogan ha apprezzato come il segretario di Stato, ancora prima di papa Francesco, di fronte a 30 mila morti a Gaza abbia parlato di «sproporzionata reazione di Israele». Per lo stesso motivo, Parolin non potrà certo contare sul tifo del premier israeliano Benjamin Netanyahu.
La continuità con Bergoglio è una faccenda delicata. Raccontano in Vaticano come Parolin abbia subìto il piglio da accentratore del pontefice argentino, e come sia stato a volte depotenziato, per esempio quando Francesco spedì in Ucraina e in Russia il capo dei vescovi italiani Matteo Zuppi, per parlare di pace.
Nel duello tutto italiano e interno ai riformisti, di fronte a una ipotetica scelta, Parolin avrebbe molte più chance di raccogliere consenso tra i conservatori, etichetta che in questo caso va intesa sia per i cardinali sia per i leader politici. Il suo riconosciuto pragmatismo potrebbe aiutarlo ora in conclave, come lo ha aiutato in questi anni, anche in confronti difficili.
Sui migranti, per esempio.
Fermo sui principi dell’accoglienza e d’accordo con l’inflessibilità di Bergoglio, è riuscito a mediare con la destra italiana ogni volta che è stata al governo:
contribuendo, per esempio, a una soluzione umanitaria assieme al premier Giuseppe Conte per far sbarcare i migranti che Matteo Salvini teneva fermi in mare.
Ha lavorato per smussare i conflitti con il governo di Giorgia Meloni, trovando alla fine un’ottima interlocuzione con Palazzo Chigi, pure nell’organizzazione del Giubileo..
Uno dei risultati diplomatici del pontificato di Bergoglio è stato l’accordo con la Cina, prorogato qualche mese fa per altri quattro anni. Un capolavoro dal punto di vista di Parolin che lo ha gestito, un cedimento al regime comunista per l’ala conservatrice della Chiesa. Questo, secondo le fonti cardinalizie, potrebbe essere il suo punto debole, nella ricerca di un consenso più largo, aperto a destra.
Letto con gli occhiali dei rapporti internazionali, è un nodo da sciogliere anche con Donald Trump, che sta ridefinendo le priorità geopolitiche degli Stati Uniti proprio contro le ambizioni egemoniche di Xi Jinping.
Parolin è allievo del cardinale Achille Silvestrini, tra i registi della Ostpolitik vaticana, la politica di progressiva apertura all’Est Europa e di normalizzazione dei rapporti con l’Unione Sovietica.
Una strategia politica riapplicata verso l’Estremo Oriente, dove è nato e ha origine un altro cardinale spendibile con i cinesi: il filippino Luis Antonio Tagle, anche lui un bergogliano finito nella short list dei favoriti.
(da agenzie)
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Maggio 1st, 2025 Riccardo Fucile
IL SUCCESSO DEL NEOFITA LIBERALE NELLO SLOGAN RIPRESO DALL’HOCKEY: “ELBOWS UP” (GOMITI ALZATI) CHE DESCRIVE IL MODO DI PROTEGGERSI DAGLI AVVERSARI
Il successo di Mark Carney, il neofita della politica canadese, eletto per la prima volta alla Camera dei Comuni e confermato primo ministro dopo poco più di un mese di campagna forsennata, sta tutto in una manciata di frasi ripetute nel discorso della vittoria, lunedì notte.
«Chi è pronto a difendere il Canada insieme a me?», dice nella TD Place Arena, il palazzetto dell’hockey di Ottawa. La zona degli spalti è quasi vuota. Attorno a lui si stringono poche decine di fedelissimi con le bandierine rosse in mano.
L’atmosfera è gioiosa ma calma e un po’ noiosa, come il leader che scandisce: «Abbiamo superato lo choc del tradimento americano, ma non dovremmo mai dimenticare la lezione. L’America vuole la nostra terra, le nostre risorse, la nostra acqua, il nostro Paese. Non sono finte minacce. Il presidente Trump sta cercando di spezzarci per possederci. Questo non accadrà mai e poi mai. Ma dobbiamo anche riconoscere la realtà che il nostro mondo è cambiato
radicalmente».
Carney non è un trascinatore di folle. […] Il suo punto di forza non sono le chiacchiere ma le cose che s’impegna a fare, lavorando «in modo costruttivo con tutti i partiti in Parlamento», conscio di aver bisogno di appoggio esterno per guidare un governo di minoranza.
«Mettiamo fine alle divisioni e alla rabbia del passato. Siamo tutti canadesi e il mio governo lavorerà per e con tutti». La promessa, o speranza, è che sia capace di «rendere l’economia canadese meno dipendente dagli Stati Uniti». È il punto forte di questo banchiere, che alla politica per molti anni ha preferito bilanci e piani d’investimento.
Carney deve il suo successo a Trump e all’hockey, che giocava da bambino. Il presidente americano, con i suoi attacchi, gli ha messo su un piatto d’argento le frasi giuste per galvanizzare gli elettori — «Non saremo mai il 51° Stato Usa», la più citata nei comizi — mentre lo sport più amato dai canadesi gli ha fornito lo slogan per conquistare i cuori: «Elbows up», gomiti alzati, che nel gergo dell’hockey descrive un modo efficace per proteggersi dall’avversario.
Carney non è certo un novellino del potere. Ha lavorato al ministero delle Finanze, è stato governatore della Banca del Canada e di quella d’Inghilterra.
Conosce tutti nel Partito liberale che lo corteggiava da anni. Quando si è capito che la luce di Trudeau si era ormai spenta è stato quasi naturale rivolgersi a lui: l’unico che poteva salvare i Liberali e, forse, fermare i dazi di Trump.
Ieri, sconfitti i venti populisti in casa, Carney ha scritto su X quello che i suoi cittadini vogliono leggere: «Questo è il Canada e siamo noi a decidere quello che succede qui».
Quest’anno il Canada ha la presidenza del G7 e ne ospiterà il vertice a Kananaskis, in Alberta, dal 15 al 17 giugno, a ridosso del vertice Nato dell’Aja (24-25) cui segue a ruota il Consiglio europeo del 26-27 giugno. A Kananaskis, Donald Trump non troverà una presidenza canadese più compiacente di quanto lo sarebbe stata con Trudeau e si confronterà con un leader inossidabile che ha un orizzonte politico (2029) più lungo del suo (2028).
Da Carney ci si può aspettare un forte appoggio a Kiev – immediate e calorose le congratulazioni di Zelensky – e alla linea europea (o dei “volenterosi” franco-britannici…) sull’Ucraina, nonché la massima apertura a un rafforzamento delle relazioni commerciali ed energetiche con l’Ue. L’ha appena ribadito. Visto dalla Casa Bianca, il voto canadese non rallegra certo i 100 giorni della seconda presidenza Trump.
Ma rallegra quanti abbiano a cuore la democrazia e la correttezza istituzionale, fondamentale al suo funzionamento, grazie all’immediata concessione dello sconfitto Pierre Poilievre, a conteggi ancora in corso, col sorriso sulle labbra pur non sapendo che il suo stesso seggio era a rischio (l’ha perso). Reciprocata prontamente da Mark Carney. Come si usava fare negli Stati Uniti. Prima di Donald Trump.
(da La Stampa)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
FRATOIANNI: “NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI SIAMO SU SCHERZI A PARTE, NELLA PEGGIORE IN UN CINEGIORNALE DELL’ISTITUTO LUCE”
Si era parlato di un possibile decreto per una maggiore sicurezza sul lavoro, in
occasione del 1 maggio, festa dei Lavoratori. Si ipotizzava un provvedimento finanziato con una dote fino a 1 miliardo di euro, ma alla fine non c’è stato nessun nuovo decreto, solo l’annuncio di nuovi investimenti, con la promessa di incontrare presto i sindacati, il prossimo 8 maggio
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha invece pubblicato un video, sui suoi canali social: “Domani è la festa dei lavoratori e anche quest’anno il governo ha deciso di celebrarla con i fatti perché crediamo che questo sia il modo migliore per ringraziare gli italiani che ogni giorno contribuiscono a far grande la nostra nazione”.
“Abbiamo reperito insieme all’Inail altri 650 milioni di euro per mettere in campo nuove misure concrete, che insieme ai 600 milioni già disponibili dei bandi Inail destinati a cofinanziare gli investimenti delle imprese in questi ambiti, portano a oltre 1 miliardo e 200 milioni le risorse disponibili per migliorare la sicurezza sui posti di lavoro”, ha detto la premier nel video. “Vogliamo potenziare il sistema di incentivi e disincentivi per le imprese in base chiaramente alla loro condotta in materia di sicurezza con particolare attenzione al mondo agricolo”.
“Vogliamo condividere queste misure con le parti sociali che convocheremo nei prossimi giorni a Palazzo Chigi per raccogliere anche i loro suggerimenti e rafforzare le misure che abbiamo previsto”.
La stessa ministra del Lavoro Calderone durante la conferenza stampa ha spiegato che oggi in Consiglio dei ministri non era all’ordine del giorno un nuovo provvedimento in tema di sicurezza dei lavoratori: “Oggi il Consiglio dei Ministri non ha approvato un decreto legge sulla sicurezza sul lavoro perché é importante fare preventivamente una condivisione con le parti sociali. Intendiamo avvalerci delle sollecitazioni del mondo sindacale e produttivo”. La ministra ha aggiunto che nell’incontro con le parti sociali programmato per l’8 maggio “porteremo al tavolo proposte di lavoro”.
Fratoianni: “Ma è Palazzo Chigi o Istituto Luce?
“E il 1 maggio arriva puntuale il video di propaganda: la presidente del consiglio piuttosto che andare a rispondere ai giornalisti sulle questioni reali preferisce questo mezzo”, ha commentato Nicola Fratoianni di Avs. “Ed ecco di nuovo presentare il Paese di Bengodi, il Paese che non c’è nella vita reale di tutti i giorni degli italiani: di chi ha un lavoro ma non riesce ad arrivare alla fine del mese, di chi ha un lavoro povero ma la destra non gli vuole riconoscere un giusto salario minimo, di chi per lavorare rischia quotidianamente la vita, di chi un lavoro non ce l’ha e questa diventa una colpa. L’unica cosa che avrebbe potuto davvero essere utile – conclude Fratoianni – alla vigilia della Festa dei
lavoratori sarebbe stato l’annuncio da parte di Meloni del licenziamento della ministra del lavoro, e invece no, solo annunci roboanti e le solite promesse”.
“Doveva fare un decreto sui salari e non l’ha fatto. Si è limitata a convocare una riunione sulla sicurezza sul lavoro con le parti sociali. Meglio di niente visto che da due anni quel tavolo era fermo. Tuttavia sconcerta la dichiarazione della Presidente Meloni sui salari reali. Per lei addirittura crescono. Eppure ieri proprio l’Istat certifica che dal 2021 i redditi non hanno recuperato almeno l’8% del potere d’acquisto mangiato dall’inflazione. Significa che tutte le misure messe in campo finora sono state insufficienti. E che il no al salario minimo è figlio di un’impostazione ideologica. Insomma una sceneggiata per fare uno spot alla vigilia del Primo Maggio: un modo per strumentalizzare una giornata di lotta per i lavoratori italiani”, ha commentato il capogruppo democratico nella commissione Lavoro della Camera, Arturo Scotto. “O Giorgia Meloni non sa leggere i dati oppure non sa di cosa parlano tutti i giorni gli italiani al mercato. Nella migliore delle ipotesi stiamo su scherzi a parte, nella peggiore in un cinegiornale dell’Istituto Luce”.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO ERA STATO COSTRETTO AD AMMETTERE CHE I SERVIZI SPIAVANO LA ONG MEDITERRANEA, MA SUL DIRETTORE DI FANPAGE HANNO SEMPRE NEGATO… LA TESTATA AVEVA CONDOTTO L’INCHIESTA IMBARAZZANTE SULL’ORGANIZZAZIONE GIOVANILE DI FDI
Ieri sera sono tornato a casa, ho aperto la porta e ho fatto il segno con l’indice sulla bocca a mia moglie che mi veniva incontro per salutarmi: «Shh». Poi ho messo il telefono nel forno a microonde.
Divano, soggiorno. È successo davvero? Sì, non è uno scherzo.
«Apple ha rilevato un attacco spyware mercenario mirato contro il tuo iPhone. È probabile che questo attacco ti stia prendendo di mira specificamente per via della tua identità o delle tue attività». Sono un giornalista professionista da vent’anni. Sono nato nel 1977 e ho iniziato a voler fare questo mestiere quando li avevo, vent’anni. È la prima volta che mi accade una cosa del genere. È una sensazione orribile.
Via e-mail nel pomeriggio di lunedì 29 aprile 2025 è giunto il mio biglietto d’ingresso nel club degli spiati da spyware di fascia alta, quelli che si usano per trafficanti e terroristi. Da ieri, risultano noti solo due giornalisti in Italia a cui è stata notificata una violazione di questo tipo. Entrambi lavorano a Fanpage
A gennaio di quest’anno, infatti, il direttore del mio giornale, Francesco Cancellato, aveva ricevuto da Meta, attraverso WhatsApp Support, la notizia di essere tra giornalisti e attivisti bersaglio dello spyware dell’azienda israeliana Paragon Solutions. Finora i referenti istituzionali e il governo di Giorgia Meloni hanno negato in tutte le sedi di aver avuto a che fare con lo spionaggio. Il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha ascoltato molte persone. Ma per ora, di risposte vere, nemmeno l’ombra. I servizi hanno sempre escluso di aver utilizzato lo spyware contro i soggetti tutelati dalla legge 124 del 2007, come i giornalisti professionisti. Concetto ribadito da ministri del governo in Parlamento.
A me è stata Apple a notificare l’attacco. Prima con un messaggio di posta, poi con un sms. Ricercatori indipendenti hanno confermato la veridicità delle informazioni contenute nella mail e nel messaggio. C’è scritto questo: «Gli attacchi di spyware mercenari, come quelli che utilizzano Pegasus del gruppo NSO, sono eccezionalmente rari e molto più sofisticati delle normali attività dei criminali informatici o dei malware consumer. […]».
L’azienda statunitense produttrice del mio telefono fornisce ulteriori elementi nella mail: «La notifica di oggi viene inviata agli utenti interessati in 100 paesi e, ad oggi, abbiamo notificato utenti in oltre 150 paesi in totale. Il costo elevato, la sofisticatezza e la natura globale rendono gli attacchi di spyware mercenari tra le minacce digitali più avanzate attualmente esistenti». In questo caso non sappiamo per ora quale sia il software malevolo che ha puntato il mio iPhone. Non sappiamo se esista o meno un legame con la vicenda Paragon, come pure alcuni elementi sembrerebbero indicare. Sono in corso indagini che, si spera, diranno di più.
Nei mesi passati, preoccupato per ciò che accadeva al direttore del giornale, mi sono tenuto informato. Questi software di sorveglianza «di fascia alta» si attivano senza che tu debba o possa far nulla. Arriva un messaggio e sei fregato. Da quando il telefono è infettato, l’operatore dello spyware ha accesso totale al dispositivo, può leggere, vedere e scaricare tutto. Può anche ascoltare e osservare in tempo reale senza che tu ti accorga di nulla.
Non scenderò nei dettagli ma i telefoni sono le scatole nere delle nostre esistenze: audio, carte di credito, contatti, credenziali bancarie, documenti di
riconoscimento, foto, geolocalizzazione, messaggi, password d’accesso, testi, video, dati biometrici, perfino cartelle cliniche. Provate a immaginare questo pacchetto – enorme – di dati sensibili in mano a soggetti malintenzionati.
E veniamo alla domanda che dall’arrivo di questo messaggio d’allerta m’attanaglia: chi e perché? Spiare un soggetto ha una duplice funzione: da una parte sapere cosa fa e dice in tempo reale con tutte le persone con le quali si relaziona. Dall’altra è utile a raccogliere informazioni da usare in un secondo momento (dossieraggio? Character assassination?).
I giornalisti professionisti in Italia sono tutelati in maniera molto chiara: la legge sui Servizi d’informazione della nostra Repubblica (la numero 124 del 2007) dice chiaramente che le operazioni coperte da garanzie funzionali, come ad esempio intercettazioni e accesso a dati riservati, non possono essere svolte contro i giornalisti professionisti iscritti all’Albo.
Chi e perché, dunque? Continuo a chiedermelo da quando è arrivato il messaggio. Dalla pubblicazione di quest’articolo inizierò, inizieremo, a chiederlo pubblicamente a chiunque abbia titolo e dovere nel dare risposta. Una risposta dovuta non solo ad un cittadino italiano nonché giornalista, ma a tutti coloro che hanno interesse a sapere chi, in questo Paese, ha fatto a brandelli il confine chiaro tra sicurezza e sorveglianza, tra legalità e abuso.
Ciro Pellegrino
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
“COME BESTIE CI TRATTAVANO E COME BESTIE CONTINUANO A TRATTARCI…” … SU 34 AZIENDE CONTROLLATE, 14 SONO RISULTATE IRREGOLARI E 3 SONO STATE SOSPESE
Faceva caldo quel giorno, era quasi estate tra Cisterna e Aprilia, la terra dove si
susseguono campi di cocomeri, kiwi, zucchine. I sikh tornavano dai campi a piedi o in bicicletta, il capo avvolto dai turbanti coperti di polvere e terra, il fisico sfinito dopo una giornata di più di dieci ore di lavoro, ancora senza sapere fino a qual punto poteva arrivare la crudeltà nei loro confronti.
Quasi un anno dopo nelle stesse strade sfilano sempre i sikh, con gli stessi turbanti coperti di polvere e terra, lo stesso sfinimento negli occhi e una consapevolezza in più: quello che è accaduto a Satnam Singh a giugno di un anno fa può ripetersi in qualunque momento. «Come bestie ci trattavano e come bestie continuano a trattarci», raccontano a Mandeep Jassal, operatore della Uil di Latina. Poco o nulla è cambiato per chi sfida la sorte in quest’area dove nel 2024, sono state controllate 34 aziende: 14 sono risultate irregolari (41%) e 3
sospese (9%) ma se si considerano gli ultimi tre mesi la cifra è ancora più elevata: 29 aziende controllate, 18 irregolari, oltre il 60%, più di una su due
L’irregolarità ha provocato anche la morte del giovane indiano che si era ferito mentre lavorava senza contratto e senza permesso. Per evitare controlli, Il titolare dell’azienda, Antonello Lovato, invece di chiamare l’ambulanza, lo caricò su un furgone insieme alla sua compagna Soni che lavorava vicino a lui. In una cassetta mise anche il braccio di Satnam rimasto a terra e li scaricò casa, braccio compreso.
Satnam Singh era irregolare anche lì, abitava al piano terra di una grande casa suddivisa in più alloggi dati in affitto a diversi lavoratori.
Ora nella villetta non vive più nemmeno Soni, che ha visto il compagno perdere il braccio e che è stata trattata dal datore di lavoro come un rifiuto di cui sbarazzarsi rapidamente e di nascosto. Soni è una donna che ha perso tutto.
Non può tornare in India dove nessuno la accetta da quando si è saputo che lei e Satnam convivevano senza essere sposati. Non può vivere da sola o tornare a lavorare nei campi perché non è più in grado.
È ospite di una struttura protetta e sta lentamente rimettendo insieme i pezzi di un’esistenza distrutta. Non lavorano più i Lovato. Padre e figlio sono stati entrambi arrestati con l’accusa di reati che vanno dallo sfruttamento del lavoro all’omicidio colposo. Il processo si è aperto un mese fa, la seconda udienza si terrà a fine maggio.
«Che cosa è cambiato quasi un anno dopo? Poco o nulla – risponde Laura Hardeep Kaur, segretaria della Flai Cgil di Frosinone – I lavoratori continuano a essere sfruttati. Se hanno contratti sono contratti precari ottenuti attraverso le agenzie interinali, un modo che permette alle aziende di sostenere costi meno elevati e di assumersi meno responsabilità in caso di incidenti».
«I primi sei mesi c’erano controlli. Ora tutto sta tornando come prima. L’altro giorno un lavoratore mi ha raccontato di aver lavorato per 10 ore, con una breve pausa per mangiare. La paga? Cinque euro l’ora», racconta Mandeep Jassal.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
LA SBANDATA DEL PIL USA TRASCINA GIU’ LE BORSE EUROPEE, COMPRESA PIAZZA AFFARI…A WALL STREET I TRE PRINCIPALI INDICI (S&P, DOW JONES E NASDAQ) SONO IN DECISO RIBASSO
Economia statunitense in contrazione, nel primo trimestre dell’anno. Il Prodotto interno lordo statunitense è diminuito dello 0,3% nel primo trimestre 2025, quello dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, in base alla stima preliminare del dato, appena pubblicata dal dipartimento del Commercio, contro attese per un +0,4%. Si tratta della prima contrazione dal 2022.
Il dato del quarto trimestre è stato confermato in rialzo del 2,4%. Il dato sull’inflazione Pce è balzato al 3,6%, dopo il 2,4% del trimestre precedente; quello sul Pce ’core’ al 3,5%, dopo il 2,6% del trimestre precedente, con le attese al 3,1%. Le spese per i consumi hanno registrato un rialzo dell’1,8%, dopo il 4% del trimestre precedente.
La sbandata del Pil americano, per la prima volta in contrazione dal 2022, trascina giù i mercati azionari globali. Le Borse europee, già in affanno dopo un’infornata di dati macro contraddittori e alcune trimestrali poco brillanti soprattutto sul fronte bancario, virano tutte in negativo. A Wall Street i tre principali indici (S&P, Dow Jones e Nasdaq) si muovono in deciso ribasso.
I dazi rimangono protagonisti sui mercati mondiali all’indomani della decisione del presidente Usa, Donald Trump, di alleggerire le tariffe extra sulle auto, dando sollievo a un settore già in forte sofferenza. Mentre prosegue la stagione
delle trimestrali, gli occhi sono su Wall Street per i conti delle Big Tech.
Così, a Piazza Affari il FTSE MIB, che in avvio aveva toccato i 38.000 punti, ha virato in negativo, appesantito dal comparto bancario. In rosso anche l’IBEX 35 -2,09% di Madrid, dove alle conseguenze del blackout si sommano i tonfi di Santander e Caixa. In ribasso anche il CAC 40 -0,17% di Parigi e il DAX 40 -0,31% di Francoforte, con le vendite al dettaglio che in Germania a marzo sono calate dello 0,2% (contro attese di -0,4%) e l’inflazione che ad aprile è cresciuta dello 0,4% sul mese, e del 2,1% sull’anno.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
“DOBBIAMO CONTINUARE A RIMANERE AL FIANCO DELL’UCRAINA, CON ULTERIORE SOSTEGNO FINANZIARIO E MILITARE” … CON L’AMERICA ORMAI È SCHIERATA CON LA RUSSIA, A KIEV RESTA SOLO LA VECCHIA EUROPA, SPACCATA SUL RIARMO
Ursula von der Leyen ha assicurato che l’Ue continuerà a sostenere militarmente
l’Ucraina e ha accusato le forze politiche europee «di estrema destra e di estrema sinistra» che si oppongono al riarmo «di non essere pacifiste, ma putiniane».
Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha rilanciato l’idea della mini-tregua dall’8 al 10 maggio, assicurando che lo stop ai combattimenti non è legato soltanto alle celebrazioni per la Giornata della Vittoria, ma che può fornire le basi «per un avvio dei negoziati diretti» con Kiev «senza precondizioni».
Ma ha respinto la controproposta del cessate il fuoco di 30 giorni perché «non avremmo alcuna possibilità di monitorarne l’osservanza», accusando l’Ucraina di «organizzare provocazioni»
Le presunte aperture di Lavrov vengono però accompagnate – oltre che dai bombardamenti – dai continui attacchi verbali, arrivati anche ieri dal numero due del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitri Medvedev, che ha minacciato Zelensky di «fare una brutta fine» e ha agitato lo spettro dell’attacco nucleare contro Svezia e Finlandia.
Anche la Ue non prende sul serio la proposta di tregua di tre giorni avanzata da Mosca: «Non c’è bisogno di aspettare l’8 maggio: se la Russia volesse, potrebbe fermare i bombardamenti in qualsiasi momento» ha replicato una portavoce della Commissione.
Dal palco del congresso del Partito popolare europeo a Valencia, Ursula von der Leyen ha invitato ad aumentare «la pressione sulla Russia», come già aveva fatto nei giorni scorsi Emmanuel Macron.
«Abbiamo visto tutti come negozia Putin – ha aggiunto la tedesca -. Soltanto due settimane fa, durante la Domenica delle Palme, ha lanciato missili balistici sulle persone che andavano in chiesa. Ancora una volta ha dimostrato che di lui non ci si può fidare, ma che lo si può soltanto dissuadere».
La presidente della Commissione ha invitato l’Ue a non modificare la rotta sin qui tenuta sul conflitto: «Per avere una pace duratura – ha spiegato – dobbiamo continuare a rimanere al fianco dell’Ucraina, con ulteriore sostegno finanziario e militare.
E con un chiaro percorso per consentirle di entrare nell’Ue. Il nostro messaggio all’Ucraina è chiaro: la tua libertà è la nostra libertà, la tua sicurezza è la nostra sicurezza e il tuo futuro è nell’Unione europea».
Von der Leyen è poi tornata sul piano di riarmo, rivendicando il fatto che «nell’ultimo anno abbiamo fatto per la Difesa europea molto più di quanto sia stato fatto in diversi decenni», sostenendo inoltre che «i cittadini europei sono largamente a favore».
E qui la presidente della Commissione si è spogliata degli abiti istituzionali per indossare quelli della leader politica, con un attacco «all’estrema destra e all’estrema sinistra che si sono sempre opposte all’idea di una Difesa europea e che anche oggi stanno cercando di boicottare il risveglio europeo». Secondo von der Leyen, «loro dicono che la Russia non è una minaccia, ma non sono
pacifisti: sono semplicemente putiniani».
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
IN ITALIA SALARIO NETTO A QUOTA 41.338 DOLLARI RISPETTO ALLA MEDIA DI 45.123… E IL PESO DELLE TASSE SUGLI STIPENDI SALE AL 47,1%
Il peso di tasse e contributi in Italia continua ad erodere i salari netti degli italiani. Lo ricorda l’Ocse nel suo rapporto “Taxing wages” in cui si evidenzia che l’Italia si colloca al 23esimo posto sui 38 Paesi dell’organizzazione per salari netti, con il cuneo fiscale cresciuto di 1,61 punti, a quota 47,1%, confermandosi largamente al di sopra della media Ocse (34,9%) e posizionando l’Italia al quarto posto.
Il salario al netto della tassazione nella penisola nel 2024 risulta di 41.438 dollari, contro la media Ocse di 45.123 dollari e pone la penisola al 23esimo posto tra i 38 paesi che aderiscono all’organizzazione. E’ un livello inferiore anche a quello della Spagna (43.034 dollari) e non lontano da quello della Polonia (39.200 dollari) e della Turchia (39mila).
Anche i paesi che hanno un cuneo fiscale più elevato di quello italiano (quarto nell’Ocse al 47,1%), o su livelli simili, hanno livelli salariali netti più alti. La Francia è a 48.500 dollari, il Belgio a oltre 52mila, la Germania si avvicina ai 56mila dollari e l’Austria viaggia sui 59mila. Il salario netto medio più alto è della svizzera a 84.728 dollari a parità di potere d’acquisto. Sopra i 60mila dollari ci sono poi l’Olanda, la Norvegia, il Lussemburgo e il Regno Unito. Gli Usa sono invece a quota 53.400 dollari.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2025 Riccardo Fucile
D’ACCORDO ANCHE IL M5S E IL COORDINATORE DI NOI MODERATI: “BASTA CHIACCHIERE E RINVII, PIU’ FATTI”
“Salario minimo subito, Meloni non perda tempo. Basta rinvii”. Un nuovo appello,
dopo quello lanciato su Repubblica. Elly Schlein, alla vigilia del Primo Maggio, torna sulla questione salario minimo. Il Pd sta con la sua leader. Ma anche ilr esto delle opposizioni.
“La destra sta impoverendo l’Italia. Meno ricchezza, più disuguaglianze. Servono meno chiacchiere e più azioni, ormai siete al governo da più di due anni. Salario minimo subito, investimenti e più solidarietà e protagonismo con l’Europa“, scrive sui social Nicola Zingaretti, capodelegazione Pd al Parlamento europeo. Il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, osserva: “Leggiamo sui giornali di oggi, alla vigilia del Primo Maggio, che il governo starebbe per varare un provvedimento o delle misure per il lavoro. Ma la confusione sotto il cielo è grande: c’è chi parla di un decreto da 1 miliardo di euro, chi di misure per la sicurezza sul lavoro che valgono circa 200 milioni. E tutto questo senza aver consultato le parti sociali e senza voler affrontare la questione dei subappalti. È del tutto evidente che il governo Meloni non sa cosa fare e cerca di inventarsi il solito spot a favore di social e telecamere – commenta Boccia – Noi insistiamo nel chiedere che venga discussa in Parlamento la nostra proposta sul salario minimo. Questa sarebbe l’unica scelta da fare per dare una prima risposta strutturale ai problemi del lavoro. Di annunci non ne possiamo più. Senza un giusto salario non c’è dignità del lavoro, non c’è sicurezza sul lavoro, non c’è buona occupazione”. E Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera,
aggiunge: “Il lavoro è coesione e dignità. Per onorare la Festa dei lavoratori non servono spot o annunci. Il governo approvi la legge sul salario minimo perché un lavoro mal pagato rende insicuri, fa crescere povertà e disuguaglianze e rende tutto il paese più debole”. “Fa rabbia che la destra da mesi, nonostante le ripetute richieste dell’opposizione, si rifiuti di calendarizzare in aula la proposta di salario minimo – attacca il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto – Oltre centomila cittadini hanno firmato la legge di iniziativa popolare, ma non si riesce a farla discutere nemmeno in commissione Lavoro. Chiediamo che in Parlamento riparta subito il dibattito sulla nostra proposta”.
Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale dem, spiega la proposta sul salario minimo che “riconosce ai lavoratori e alle lavoratrici il diritto a vedersi applicato il trattamento economico complessivo dei contratti siglati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, e impone una soglia di 9 euro lordi per il minimo tabellare sotto il quale non si può andare. È una norma necessaria”.
Non solo il Pd. Anche il senatore del M5S Marco Croatti torna a chiedere con forza l’introduzione del salario minimo legale: “Un diritto elementare, una base da cui partire per costruire un paese giusto, dove i giovani possano crescere, restare e investire nel proprio futuro. Continuare a rifiutare questa misura, esistente in quasi tutta Europa, significa difendere un sistema che alimenta povertà, diseguaglianza e sfruttamento. Il lavoro è dignità. Senza diritti non c’è nulla da celebrare”. Per il capogruppo dell’Alleanza verdi e sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto di palazzo Madama, “i dati sul Pil dell’Istat sono da paese fermo, che annaspa. Cresciamo dello zero virgola anche prima dell’entrata in vigore dei dazi di Trump che ci porteranno alla recessione con la conseguente perdita di posti di lavoro. I salari sono fermi e il livello delle retribuzioni pur crescendo non raggiunge mai livelli accettabili. Questo significa che il lavoro povero è ormai la regola. La destra è contro il salario minimo. Il governo Meloni è senza una strategia per la crescita e lo sviluppo, senza una politica industriale e dei redditi capace di reggere la crisi e le sfide future.Domani saremo nelle tante piazze d’Italia con i sindacati e i lavoratori per
un Primo maggio di lotta contro la precarietà, il lavoro povero, per una giusta ed equa retribuzione, per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario”.
Nella maggioranza non chiude al salario minimo, Saverio Romano, coordinatore politico di Noi Moderati: “C’è un segmento su cui intervenire, come giustamente sottolineato dal presidente Mattarella e riguarda i salari più bassi e il loro adeguamento al costo della vita. È qui che il governo ha già annunciato interventi. Ritengo che l’adozione di un salario minimo per i lavoratori che non riescono a trovare un lavoro o a ricollocarsi dopo averlo perso, debba essere seriamente considerata, senza pregiudizi ma con molto buon senso”.
(da La Repubblica)
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