Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile
TUTTI I PARTITI SONO D’ACCORDO: DOPO LE INCHIESTE DI “REPORT”, BISOGNA FARE PIAZZA PULITA NELL’AUTHORITY. E VISTO CHE NON HANNO INTENZIONE DI MOLLARE LA POLTRONA, TOCCA TROVARE UN ESCAMOTAGE
Sono tutti d’accordo, destra e sinistra, Giorgia Meloni ed Elly Schlein: di questo
Garante della privacy non ne possono più. Pasquale Stanzione & co. un giorno torneranno alle loro attività, ma il mandato dura sette anni e loro non se ne vogliono andare, come ha detto il numero uno dell’Authority al telegiornale Rai di massimo ascolto, il Tg1 delle 20.
E allora che si fa? Circola un’indicazione: «È sufficiente ridurre la durata della carica da sette a cinque anni». E visto che sono i “magnifici quattro” sono entrati a far parte del Garante della privacy nel luglio 2020, a quel punto risulterebbero già scaduti.
Anche avendo davanti un biennio con la vecchia regola dei sette anni, «per il quieto vivere e anche per dignità i nominati lascerebbero senz’altro il posto, dimettendosi. E bastano le dimissioni di due componenti per far saltare l’Authority», sono commenti che girano nei palazzi romani. Alcuni giuristi di chiara fama sono già al lavoro per preparare un testo blindato, studiato per evitare polemiche.
(da www.lettera43.it)
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Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile
SONO RISULTATI IN VIOLAZIONE DEL CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
Sono otto i candidati impresentabili alle prossime elezioni regionali in Campania e Puglia. Nessuno per le votazioni in Veneto. È quanto emerge dalle verifiche svolte dalla Commissione parlamentare Antimafia e annunciati in commissione dalla presidente Chiara Colosimo, in merito alle violazioni del codice di autoregolamentazione.
Campania
Sono quattro gli impresentabili alle regionali in Campania che in base alle verifiche della commissione antimafia sono risultati in violazione del codice di autoregolamentazione: si tratta di tre candidati nelle liste che sostengono il centrodestra con la corsa di Edmondo Cirielli a governatore e uno per la candidatura di Roberto Fico, sostenuto dal campo largo.
Si tratta di Davide Cesarini, candidato al consiglio regionale della Campania per la lista “Democrazia Cristiana con Rotondi
Centro per la Libertà’, Luigi Pergamo, candidato al consiglio regionale della Campania per la lista “Pensionati Consumatori Cirielli Presidente”, Maria Grazia Di Scala, candidata al consiglio regionale della Campania per la lista “Casa Riformista per la Campania” e Pierpaolo Capri, candidato al consiglio regionale della Campania per la lista Unione di Centro, come comunicato dalla presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo.
Puglia
In Puglia sono risultati “in violazione del codice di autoregolamentazione” e quindi impresentabili altri quattro candidati al consiglio regionale. Si tratta di tre candidati nella lista FI-Berlusconi-Partito Popolare Europeo-Lobuono Presidente (Antonio Ruggiero, Paride Mazzotta e Pasquale Luperti) e di un candidato per la lista Alleanza Civica Per La Puglia (Marcello Cocco collegato al candidato governatore Sabino Mangano).
Altri candidati impresentabili sono stati individuati per le amministrative nei Comuni sciolti per mafia: Caivano, Monteforte Irpino, Acquaro e Capistrano.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile
HANNAH ARENDT, CHE CRITICÒ IL MODO ‘INGIUSTO’ IN CUI VENIVANO TRATTATI I PALESTINESI, NON POTREBBE PIÙ PARLARE NELLA GERMANIA DI OGGI. STESSA COSA ALBERT EINSTEIN, CHE SI DICHIARÒ A FAVORE DI UNA SOLUZIONE DEI DUE STATI” … IN SINAGOGA È ESPLOSO IL CAOS, STANLEY NON HA POTUTO FINIRE IL DISCORSO
A marzo Jason Stanley è emigrato in Canada. Il filosofo di Yale, grande studioso di
fascismi, nipote di ebrei tedeschi emigrati da Berlino durante il Terzo Reich, si sentiva minacciato dalla repressione di Trump. «Questo è fascismo», aveva dichiarato allora, prima di accettare una cattedra a Toronto.
Ma il 9 novembre, in occasione della rimembranza del pogrom del 1938, Stanley è stato invitato nel Paese di origine della sua famiglia per tenere un discorso nella sinagoga di Francoforte. Il filosofo non è riuscito neanche a concluderlo: è stato invitato dagli stessi organizzatori ad abbandonare il tempio tra urla e contestazioni. La sua colpa: aver criticato Israele e soprattutto l’atteggiamento omertoso della Germania nei confronti del massacro di Gaza.
Nel suo discorso, Stanley aveva ricordato la storia della sua famiglia, costretta nel 1939 a fuggire a New York. […] Il filosofo aveva criticato la destra odierna come l’Afd che distingue tra tedeschi e ‘tedeschi da passaporto’, ossia i migranti naturalizzati. «La costruzione di una nazione basata sulla scelta di un nemico di razza, etnico, religioso o sessuale è la quintessenza del fascismo», aveva sottolineato. Il discorso era un manifesto in difesa del liberalismo, che i nazisti avevano sempre
odiato – anzitutto il giurista principe di Hitler, Carl Schmitt – e considerato un’invenzione degli ebrei.
Ma le prime contestazioni nella sinagoga di Francoforte sono arrivate durante i passaggi in cui Stanley ha cominciato a parlare di Israele. Suo padre – aveva ricordato il professore – rifiutava l’idea di uno Stato basato sulla religione, si sentiva solidale con i palestinesi «che avevano vissuto negli espropri e nelle perdite qualcosa di simile alla sua famiglia». Il filosofo aveva condannato il massacro del 7 ottobre e l’orribile antisemitismo che si è diffuso da allora. Ma aveva detto: «La critica agli orrori perpetrati da Israele nella Striscia di Gaza non è antisemitismo».
Lo studioso aveva tirato una bordata alla Germania, rea di voler ascoltare «solo le voci di chi sostiene incondizionatamente Israele».
Poi l’affondo: «Di fatto i tedeschi pretendono di decidere chi è ebreo e chi non lo è», cioè chi può criticare Israele e chi no. Per Stanley un fatto «offensivo», anzi: «da piccolo ho imparato che l’antisemitismo è questo». Tanto più insopportabile se proviene dai non ebrei «e in particolare dai tedeschi», aveva aggiunto.
Secondo Stanley, Hannah Arendt, che criticò a più riprese il modo «ingiusto» in cui venivano trattati i palestinesi, «non potrebbe più parlare nella Germania di oggi».
Idem Albert Einstein, che si dichiarò a favore di una soluzione dei due Stati. E il filosofo aveva rievocato il caso della scrittrice ebrea di origine russa Masha Gessen, cui è stato negato a
dicembre del 2023 un premio in Germania perché in un articolo sul New Yorker aveva paragonato Gaza al ghetto di Varsavia e aveva condannato il feticismo, la burocrazia del culto della memoria dei tedeschi.
In Germania vige il dogma dell’irripetibilità della Shoah: l’idea che nulla possa essere paragonabile al genocidio degli ebrei. Ma il “mai più” del 1945 significa anche, questo il senso dell’articolo di Gessen, che i tedeschi dovrebbero essere i primi a capire quando determinate atrocità rischiano di ripetersi.
Stanley non è mai riuscito a finire il suo discorso alla comunità ebraica: le urla e le proteste sono diventate insostenibili, tanto che il rabbino lo ha pregato di concludere. Il filosofo ha lasciato precipitosamente la sinagoga, ha detto alla Taz di essere “scioccato” dal trattamento riservatogli anche dagli organizzatori. Ma ha potuto pubblicare il suo discorso integrale sul quotidiano della città, la Frankfurter Allgemeine Zeitung.
La civilissima Germania, sul fronte del dibattito su Gaza non ha mostrato il suo volto migliore.
(da La Repubblica)
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Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile
UN GIUDICE DI TORINO HA ORDINATO ALLA FARNESINA DI SBLOCCARE IMMEDIATAMENTE L’IMPASSE
Quando qualche giorno fa Niccolò Califano, food blogger e già concorrente di Masterchef, ha condiviso con i suoi 500mila follower sui social la disperazione per non riuscire a vedere la fidanzata iraniana a cui l’ambasciata italiana non ha concesso il visto, non sapeva che a Torino una giudice aveva appena firmato una sentenza dirompente che riaccende le speranze di migliaia di giovani studenti iraniani: l’ordine al ministero degli Esteri di fissare immediatamente gli appuntamenti agli iscritti alle università italiane in modo tale da ottenere il visto entro il 30 novembre
L’ambasciata a Teheran, apparentemente senza motivo, avrebbe negato l’espatrio alla fidanzata di Califano. «Tutti i documenti sono a posto, ma sei iraniana», si sarebbe sentita rispondere la giovane. Che però, almeno, un appuntamento in ambasciata evidentemente era riuscito ad ottenerlo. A differenza di migliaia di altri giovani, tutti già pre-iscritti ad università italiane.
Dal ricorso di uno di loro, iscritto all’università di Genova, si scopre che, senza alcuna spiegazione e soprattutto senza alcun preavviso, quest’anno l’Ambasciata italiana in Iran ha limitato a soli otto giorni, dal 2 al 10 maggio, ed esclusivamente con proceduta telematica, la finestra per richiedere il visto per studio. Peccato che non lo sapesse nessuno e così la stragrande maggioranza degli interessati non ha potuto presentare la richiesta
È una scelta, quella del ministero degli Esteri, che la giudice di Torino Chiara Comune ha ritenuto illegittima e discriminatoria nei confronti degli studenti iraniani. Da qui, in accoglimento del ricorso patrocinato dagli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Paola Fierro di Asgi, la sentenza che ordina al ministero degli Esteri di «fissare per tutti gli studenti iraniani che ne abbiano fatto richiesta un appuntamento per l’esame delle domande di visto entro il 30 novembre, in tempo utile per consentire l’ingresso in Italia in tempo per la frequenza dell’anno accademico».
La sentenza, dunque, nel giro di pochi giorni dovrebbe sbloccare l’impasse che sta tenendo lontani dall’Italia alcune migliaia di giovani iraniani. Sono circa tremila, ogni anno, gli studenti che arrivano da Teheran per studiare nelle università italiane.
Chissà che la riapertura delle porte dell’ambasciata non consente il riesame anche della domanda della fidanzata di Niccolò Califano. Lei non l’aveva avanzata perché iscritta ad un’università italiana. «Voleva andarsene da un paese dove i suoi
diritti non sono rispettati. Ma solo per un po’. Poi tornare — ha spiegato il food blogger — e invece non mi permettono di amare la mia ragazza iraniana. Ti sposo pure, così sei libera».
(da agenzie)
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Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile
L’INCARICO A VENEZI RISALE A UN ANNO FA, CHE RUOLO HA AVUTO L’AMBASCIATA ITALIANA NELL’INCARICO AL COLON?
Al Teatro Colón di Buenos Aires, la direzione è stata affidata un anno fa a un team di
stranieri, la maggior parte dei quali risiede ancora nei propri Paesi d’origine e dunque lavora “a distanza”.
La stagione lirica è stata ridotta a cinque o sei produzioni, di cui una in forma di concerto; in passato il Colón offriva dieci opere per stagione (e in certi periodi arrivava fino a trenta).
Poi sono arrivate le nomine a direttori principali di Beatrice Venezi (Orchestra Stabile) e Zoe Zeniodi (Filarmonica di Buenos Aires), nonostante la loro esperienza molto limitata e il fatto che i musicisti dei rispettivi ensemble non siano stati consultati. Da mesi questi ultimi chiedono la rimozione di entrambe dalle loro posizioni.
Dopo la notizia che un direttore d’orchestra argentino con esperienza internazionale, Alejo Pérez, diventerà direttore musicale del Colón il prossimo anno, scoppia un nuovo scandalo. Sono stati resi pubblici documenti del Governo della Città di Buenos Aires che mostrano un pagamento di 30.000 dollari a Alejo Pérez “per le prove preparatorie di Otello, dal 1° al 10 ottobre 2025”.
È la prima volta nella storia del Colón che un contratto viene pagato a un direttore musicale che non ha ancora assunto l’incarico, e anche la prima volta che viene effettuato un pagamento per “prove preparatorie” di un’opera che sarà rappresentata l’anno successivo.
Norman Lebrecht
per https://slippedisc.com/
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Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile
DALLA FRUTTA ALLE UOVA: ECCO I CIBI CHE DIVENTANO SEMPRE PIU’ CARI
Nel giro di cinque anni, i prezzi dei beni alimentari hanno subìto in Italia un’impennata di quasi il 25%, ben superiore al tasso di inflazione generale. Lo rende noto l’Istat nella nota sull’andamento dell’economia, precisando che l’aumento si deve soprattutto allo “shock” sui listini dell’energia del 2022 e 2023. Lo rendo noto l’Istat nella nota sull’andamento dell’economia di novembre. «Da ottobre 2021 a ottobre 2025 – scrive l’istituto di statistica – i beni alimentari hanno registrato aumenti di prezzo del 24,9%, un incremento superiore di quasi 8 punti percentuali rispetto a quanto evidenziato nello stesso periodo dall’indice generale dei prezzi al consumo armonizzato (+17,3%)».
Record di aumenti per frutta e verdura
L’istituto nazionale di statistica rivela che i prezzi degli alimentari freschi sono aumentati più di quelli lavorati (rispettivamente +26,2% e +24,3%). L’incremento più ampio è per i prodotti vegetali (+32,7%), seguiti da latte, formaggi e uova (+28,1%) e pane e cereali (+25,5%). Guardando alla curva nel tempo, i prezzi degli alimentari iniziano a crescere nella seconda metà del 2021, subiscono un’impennata dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023, e continuano ad aumentare, seppure a tassi più moderati, anche nel periodo successivo.
Il confronto con il resto d’Europa
L’impennata dei beni alimentari non ha riguardato solo l’Italia. Anzi, altri Paesi europei sono stati colpiti anche con maggiore intensità. Tra il 2021 e il 2025, i prezzi del cibo sono aumentati del 29% per l’area euro, del 32,3% tra i 27 Paesi Ue, del 32,8% in Germania, del 29,5% in Spagna e del 23,9% in Francia.
«Le cause dell’eccezionale crescita dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia sono individuabili in una combinazione di fattori, di natura soprattutto esterna, che hanno determinato forti aumenti soprattutto nei prezzi internazionali degli input produttivi del settore alimentare. I fattori interni hanno invece agito in misura più limitata e, in particolare negli anni più recenti», spiega l’Istat.
L’impatto del Covid e del clima
Dietro i rialzi dei beni alimentari, insomma, non si nasconde una singola causa. Innanzitutto, c’è la forte crescita della domanda nella fase di ripresa economica post-Covid, che ha creato frizioni nell’approvvigionamento dovute a un periodo di riassestamento delle catene globali dopo la pandemia. Questo, a sua volta, ha portato a una contrazione dell’offerta a livello mondiale, dovuta anche all’intensificarsi degli eventi meteo estremi resi sempre più frequenti dai cambiamenti climatici.
(da agenzie)
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Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile
NEL 2011, EPSTEIN SCRISSE UNA MAIL ALLA SUA “APE REGINA”, GHISLAINE MAXWELL, IN CUI RACCONTAVA DELL’INCONTRO TRA TRUMP E VIRGINIA GIUFFRE’ (CHE SI È SUICIDATA LO SCORSO APRILE) … LE MAIL, CON I NOMI CENSURATI, SONO STATE SCODELLATE DALLA COMMISSIONE DI VIGILANZA DELLA CAMERA USA, MA IL TABLOID INGLESE HA PUBBLICATO LA LETTERA RIVELANDO IL NOME DELLA RAGAZZA … LA DOMANDA È: CHE FARA’ TRUMP DAVANTI ALLO SCANDALO SESSUALE?
Epstein affermò che Trump trascorse ore a casa sua con Virginia Giuffre Jeffrey Epstein
sostenne che Donald Trump aveva trascorso ore a casa sua con Virginia Giuffre, ha appreso il “Daily Mail”.
Il finanziere pedofilo citò più volte Trump in una serie di email inviate a Ghislaine Maxwell e allo scrittore Michael Wolff nel corso di quindici anni, secondo i messaggi resi pubblici dai Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera.
In un’email datata 2 aprile 2011, Epstein scrisse a Trump parlando di una vittima il cui nome era stato oscurato dai Democratici nella versione resa pubblica. Ma il “Daily Mail” ha ottenuto la versione non censurata dell’email, che rivela che Epstein si riferiva a Virginia Giuffre — la quale, nelle sue memorie, ha dichiarato che Trump non fece mai nulla di sbagliato.
Epstein scrisse a Maxwell: «Voglio che tu capisca che il cane che non ha abbaiato è Trump… Virginia ha trascorso ore a casa mia con lui, e non è mai stata menzionata. Capo della polizia, ecc. Sono al 75%.» Maxwell rispose: «Ci stavo pensando anch’io…»
Il contesto del loro scambio non è chiaro. Circa tre anni prima, Epstein era stato incarcerato in Florida dopo essersi dichiarato colpevole di adescamento della prostituzione minorile.
Giuffre, che si è suicidata all’inizio di quest’anno, era stata reclutata da Maxwell nel 2000 mentre lavorava come addetta alla
spa del club Mar-a-Lago di Trump. Aveva 16 anni.
Le comunicazioni sono state pubblicate mercoledì dopo che, all’inizio dell’anno, i Democratici avevano citato in giudizio l’eredità di Epstein.
Trump non ha inviato né ricevuto nessuna di queste email e non è stato accusato di alcun reato in relazione a Epstein o Maxwell.
In un’altra email tra Epstein e Wolff, datata gennaio 2019, il criminale sessuale condannato fa riferimento alla sua espulsione dal club Mar-a-Lago di Trump.
«Trump ha detto che mi ha chiesto di dimettermi», scrisse Epstein, aggiungendo: «Mai stato membro. Ovviamente sapeva delle ragazze, dato che chiese a Ghislaine di smettere».
La Casa Bianca ha dichiarato che Trump aveva bandito il pedofilo da Mar-a-Lago “perché era un pervertito”, e lo stesso presidente ha affermato che Epstein aveva “rubato” giovani donne che lavoravano nella spa.
Trump avrebbe vietato l’accesso a Epstein intorno all’ottobre 2007, secondo i registri del club.
In una terza email, Wolff scrisse a Epstein con oggetto “heads up” (“attenzione”) il 15 dicembre 2015, giorno di un dibattito televisivo delle primarie repubblicane trasmesso dalla CNN.
«Ho sentito che la CNN sta pianificando di chiedere a Trump stasera del suo rapporto con te — o in diretta o subito dopo il dibattito», scrisse Wolff a Epstein.
Epstein rispose: «Se potessimo preparargli una risposta, cosa
pensi che dovrebbe dire?»
Wolff replicò: «Penso che dovresti lasciarlo impiccarsi da solo. Se dice di non essere mai stato sull’aereo o a casa tua, allora ti dà un prezioso capitale politico e mediatico.
«Potrai usarlo per rovinarlo, ottenendo anche un vantaggio positivo per te, oppure, se sembrerà davvero che possa vincere, potrai salvarlo, generando un debito. Naturalmente è anche possibile che, se gli verrà chiesto, dirà che Jeffrey è un brav’uomo che ha avuto un trattamento ingiusto ed è vittima del politicamente corretto, che in un regime Trump sarà messo fuori legge.»
Trump ha rivelato nuovi dettagli sulla sua rottura con Epstein a luglio, dicendo di aver bandito il finanziere da Mar-a-Lago per avergli sottratto dipendenti della spa, inclusa la stessa Giuffre.
Parlando a bordo dell’Air Force One durante un viaggio in Scozia, Trump disse che Epstein aveva assunto due volte lavoratrici del club nonostante fosse stato avvertito, spingendolo a dichiararlo “persona non grata”.
Trump aggiunse che Giuffre “potrebbe essere stata” una delle dipendenti reclutate da Epstein.
La Casa Bianca continua a subire pressioni affinché renda pubblici i documenti del Dipartimento di Giustizia relativi a Epstein.
I Repubblicani della Camera hanno citato in giudizio Ghislaine Maxwell, che sta scontando una condanna a 20 anni, e i suoi
avvocati ora chiedono l’immunità in cambio della sua testimonianza davanti al Congresso.
La Camera dovrebbe tornare a Washington mercoledì per porre fine allo shutdown del governo — e un voto sui documenti Epstein è previsto una volta che i deputati saranno tornati in aula.
(da www.dailymail.co.uk)
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Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL COSTO? DUE PALLINE TRE EURO E MEZZO, TRE PALLINE UN EURO IN PIÙ …IL SERVIZIO, CHE È STATO VOLUTO DAL FRATELLO D’ITALIA PAOLO TRANCASSINI, È FORNITO DALL’AZIENDA “THE GELATIST”… E I DEPUTATI GOLOSONI SONO SODDISFATTI: “BENE IL LIMONE, CHE È IL PIÙ DIFFICILE. BUONA ANCHE LA NOCCIOLA”
Il cono? «Ma faccia il piacere…». Con il rischio di rovesciare, ops… la pallina alla nocciola sulla cravatta Marinella o Kiton. La coppetta? Meglio. Ma non quelle di carta che si usano in ogni gelateria al mondo: hai visto mai che lascino appiccicose le dita che sfogliano carte di Stato. No, quelle in ceramica della buvette, il bar della Camera dei deputati. Da macedonia.
In breve: ieri è stata la prima seduta d’Aula a Montecitorio con i gelati artigianali. Un nuovo arrivo assai discusso, criticati da (qualcuno a) sinistra, perché li ha voluti il deputato di Fratelli d’Italia Paolo Trancassini, reo anche di aver ristretto i menù di mensa e ristorante a uno solo per tutta la settimana. E simbolo, per i 5 stelle, della Casta che non rinuncia ai suoi privilegi. Va detto che il prezzo non grida vendetta: due palline 3 euro e mezzo, tre palline un euro in più. Normale.
La messa in posa del frigo, due teche che aprono il banco a sinistra entrando nella buvette, è stata rapida. Ma un piccolo problema nell’avvio, un altro piccolo intoppo nel software di gestione della cassa ha suscitato dietrologie persino sul gelato:
«È intervenuta Meloni».
All’inizio, delusione. Si scansiona un Qr code e si apre il fiabesco menù di 26 pagine dei produttori, The Gelatist. In realtà, qui i gusti sono soltanto sei. Hai voglia a sottolineare che i gelati sono gluten-free e alcuni pure vegani. Per le deputate, l’orrore per gli zuccheri surclassa persino quello per i carboidrati: insomma, li mangiano solo i deputati. Non tutti: il leghista Igor Iezzi ha appena perso 35 kg e alla proposta sbarra gli occhi: «Siete dei Lucignoli».
E poi arriva Gianangelo Bof, leghista ed è luce: origini in Val di Zoldo, la culla del gelato italiano, per quarant’anni la sua famiglia è stata proprietaria di una gelateria a Blaubeuren, vicino a Ulm. La recensione è professionale: «Buono!». Bof, vogliamo di più: «Bene il limone, che è il più difficile. Molti ci mettono vari emulsionanti». Tocca alle creme: «Buona anche la nocciola. Anche se i gelati di una volta, con tutti quei tuorli d’uovo, forse non li fa più nessuno…».
(da agenzie)
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Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile
IN 12 DELLE 14 FONDAZIONI (SCALA E ACCADEMIA DI SANTA CECILIA MANTENGONO LE LORO AUTONOMIE). VIENE DEPOTENZIATA LA FIGURA DEL SINDACO, CHE FINORA È PRESIDENTE DI UN TEATRO, AUMENTA IL PESO DEL MINISTERO NELLE NOMINE … VIENE IMPOSTA UNA LOGICA NAZIONALISTA E DOVRANNO ESSERE VALORIZZATE “LE GRANDI OPERE DELLA TRADIZIONE ITALIANA”
Lo chiamano Codice unico dello spettacolo. La parte preponderante riguarda i teatri d’opera
che verranno ridenominati Gran teatri d’opera, non più Fondazioni Liriche. È la riforma del Sistema lirica: in realtà è una rivoluzione.
Con la delega del ministro della Cultura Alessandro Giuli, il sottosegretario Gianmarco Mazzi (viene dalla musica pop, i concerti all’Arena di Verona, Sanremo) ha appena illustrato a sindaci e Regioni il suo progetto; tra due mesi verrà perfezionato nei ministeri della Cultura e dell’Economia, quindi andrà al Consiglio dei ministri e alle due commissioni Cultura di Camera e Senato per diventare legge entro il 31 dicembre 2026. Una
riforma destinata a provocare cambiamenti strutturali, drastici in 12 delle 14 Fondazioni (Scala e Accademia di Santa Cecilia mantengono le loro autonomie).
I teatri lirici (che assorbono 200 dei 420 milioni del Fus, il fondo statale) dovranno coordinare la loro attività «per la valorizzazione delle grandi opere della tradizione italiana», secondo una logica nazional-popolare. Si aggiunge «la riscoperta di nuove opere dei compositori di quella straordinaria epopea» (è scritto proprio così), e non si capisce se si riferiscano a improbabili inediti di Rossini, Donizetti, Verdi e via dicendo.
Il Consiglio Il capitolo delle nomine è centrale. Viene depotenziata la figura del sindaco, che finora è presidente di un teatro ed è il tramite degli interessi dei propri cittadini. Nel Consiglio di indirizzo (Cdu) non avrà più la prerogativa di nominare un suo rappresentante. Il sindaco perde un suo consigliere rispetto a com’è adesso, aumentando il peso del ministero. Nel caso in cui rinunci alla presidenza, subentra il rappresentante del ministero, che avrà due componenti nel Consiglio.
Assunzioni Sorgono nuove figure in organico, con relative assunzioni. I direttori artistici (che dovranno assumere un collaboratore con meno di 35 anni) diventano obbligatori, in più c’è l’obbligatorietà del direttore marketing. Chi ha contribuito a redigere il testo ci dice che si è perseguita la volontà di una sorta di corso di formazione per, appunto, la classe dirigenziale del
futuro, adepti vicino a chi ha le leve del comando, che vuole appunto formare la classe dirigente di domani.
Biglietti I teatri lirici dovranno coordinarsi tra di loro e fare economia di scala garantendo, tra l’altro, «l’incremento dei biglietti venduti attraverso attività di comunicazione e marketing ». Il ministero della Cultura, al verificarsi di determinate situazioni, può inquadrare (ovvero declassare) un Gran teatro a teatro d’opera, che è una nuova categoria nata ora e che nessuno capisce cosa sarà.
Per i contributi statali rimangono più o meno i parametri attuali, ma non sono specificate le percentuali.
In caso di disavanzo, è confermato che i teatri dovranno ridurre l’attività, anche con chiusure temporanee e la trasformazione provvisoria del rapporto di lavoro del personale, da tempo pieno a parziale, per assicurare l’equilibrio economico nell’esercizio successivo.
Le finanze Nel Codice dello spettacolo c’è l’idea che lo Stato finanzia la lirica e dunque «si fa come dico io». È la «narrazione» imposta in tutti i settori di cultura e spettacolo, secondo una logica nazionalista e autarchica. Per i Gran teatri d’opera, via le sperimentazioni, avanti con la tradizione, secondo una logica di appartenenza, più che di visione di uno dei settori più strategici della cultura italiana. All’opera, dicono dai teatri, il rischio è che ci sarà una regia unica: quella del potere.
Mancano parametri culturali analoghi a quelli delle città estere
che contano musicalmente. Mazzi, che prepara la riforma, ha detto: «L’opera nasce popolare, in una società pre-elettrica, l’orchestra doveva dare il suono, oggi lo fanno le basi, poi è nata l’elettricità e sono nate altre forme di canto.
Ho suggerito di lavorare sulla durata che può essere un ostacolo per i giovani, che sono veloci, quando un’opera dura oltre 3 ore diventa eccessivo, per esempio i Pagliacci possono essere dati senza Cavalleria, e favorire l’avvicinamento dei giovani». Si aspettano tante Traviate convenzionali. Si innalzeranno calici su siparietti dipinti. Così com’è formulato il testo, c’è poco da brindare.
(da Corriere della Sera )
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