PARLANO DI ITALICUM E L’ITALIA AFFONDA: “GALLEGGIAMO CON L’ESTERO, IL PAESE E’ MORTO”
GLI 80 EURO? ECCO L’ITALIA REALE: LE IMPRESE
“Se fosse per l’Italia saremmo morti”. Il commento finale di Giorgio Sangalli sintetizza il pensiero degli industriali italiani a poche ore dai dati Istat che certificano il ritorno in recessione del Paese.
La Sangalli vetro è il secondo produttore europeo di vetro piano, e il primo italiano (4 stabilimenti e 130 milioni di euro di fatturato), ma in Italia non riesce più a vendere. “Se mi chiedete cosa penso – spiega Sangalli – vi rispondo questo: nel 2007 in Italia si vendevano 1.300.000 tonnellate di vetro. Nel 2013 siamo a 870mila”.
Tradotto in forza lavoro: “Dei quattro stabilimenti esistenti in Italia, due hanno chiuso, con una perdita di oltre il 50 per cento dei posti di lavoro, parliamo di centinaia di addetti”.
È lo specchio della crisi nera del settore che ha trainato il boom economico italiano, e che ora tira giù tutto: l’edilizia (quella residenziale è crollata in di un terzo rispetto al 2012).
“Noi lavoriamo soprattutto per loro, quindi – di fatto – non lavoriamo in Italia, ma solo con l’estero. Al nord, lo stabilimento di San Giorgio resiste grazie alle vendite verso Austria e Baviera. Se fosse per il mercato interno avremmo già chiuso”.
Il crollo dell’edilizia ha affossato anche il comparto arredo.
“Da noi i negozi stanno morendo uno dopo l’altro – racconta Paolo Frattali, titolare di un negozio di mobili a Roma – la classe media è completamente sparita, i professionisti e le commesse estere ci danno un po’ di ossigeno, altrimenti avremmo chiuso a dicembre scorso”.
Dal lato produttori va anche peggio: “Se lavorassi per i mobilifici italiani sarei morto da tempo – spiega Fabio Simonella, per anni responsabile della sezione legno e arredo dell’unione industriale di Pordenone e ad di SinCo, impresa che faceva da terzista a un fornitore di Ikea -Lavoro soprattutto per gli americani, gli ordinativi nativi degli arredatori italiani sono ai minimi storici”.
Dal 2007 al 2012 il mercato del legno e dell’arredo ha perso quasi 14 miliardi di fatturato, 4200 imprese hanno chiuso i battenti.
Il risultato è stato un salasso di 28mila posti di lavoro.
Sono gli effetti del crollo della domanda interna (-2,7 per cento sul Pil, rispetto al 2013), che l’Istat certifica con due righe asettiche: “Il contributo della componente nazionale sulla variazione congiunturale del Pil risulta nullo (…)”.
Quel che è peggio, però, è che “quello estero è addirittura negativo”.
Tradotto: le esportazioni, che finora hanno tenuto a galla la produzione industriale, stanno dando segnali di cedimento.
A fronte della crescita di quelle verso i Paesi europei, a giugno 2014 le esportazioni verso il resto del mondo si sono contratte del 4,3 per cento.
Il saldo è negativo, e quindi impatta negativamente sul Pil.
Se a questo si aggiunge il terrificante dato della Germania sugli ordini di fabbrica diffuso ieri, – 2,4 per cento annuale (si aspettavano un +1,1 per cento), cioè del nostro più grande importatore (48, 4 miliardi di euro nel solo 2013) è difficile immaginare un rimbalzo della nostra economia nei prossimi mesi.
Anche chi non esporta, però, arranca.
“A noi ci salvano i Russi – spiega Lucia – responsabile per l’Italia di una grande multinazionale dell’abbigliamento con centinaia di dipendenti – Finora il calo delle vendite è stato del 10 per cento. Gli italiani non entrano più nei negozi, funzionano solo gli outlet. Si lavora grazie ai turisti. E quest’anno non se ne sono visti molti. Perfino la Spagna è andata un po’ meglio”.
Carlo Di Foggia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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