PARTE LA RUMBA DEI MINISTRI, ACCORDO AL VERTICE SERALE: 8 AL M5S, 7 AL PD, PREVALE LA LINEA GRILLO-ZINGARETTI
ESTERI ED ECONOMIA AL PD, UN TECNICO AL VIMINALE… CI SONO NOMI NUOVI
Dopo il passo indietro di Luigi Di Maio, da questa sera si fa sul serio. E per la prima volta si conosce la quantità della spartizione: otto ministri al M5S, e sette al Partito democratico.
È il risultato dell’incontro, definito “positivo”, e che è terminato pochi minuti fa al Nazareno dove a confrontarsi a Palazzo Chigi, sono stati Andrea Orlando, Dario Franceschini, Stefano Patuanelli, Vincenzo Spadafora, e va da sè il premier Conte. Con il Pd che ottiene i dicasteri di Economia ed Esteri (in pole Orlando), e con la certezza che al Viminale si siederà un tecnico.
Ma è tutto “work in progress”. A questo punto, però, può partire la rumba dei ministri. Di chi sogna un dicastero. Si parte affollati, ma si arriva in pochi al rush finale.
Come in conclave, c’è chi entra papa ma poi esce cardinale. C’è voluto il definitivo passo indietro del capo politico dei cinquestelle per sciogliere il nodo vicepremier. E accelerare, forse, la nascita dell’esecutivo.
Ecco, non si riproporrà lo schema del governo gialloverde, con “Gigino” e Salvini a incalzare e far da vice all’avvocato del popolo. Nè tanto meno lo schema del governo Berlusconi del 2001 quando il Cavaliere subiva il pressing a uomo di Marco Follini e Gianfranco Fini, entrambi vicepremier. Nulla di questo si riproporrà sul canale giallorosso. Sempre se Rousseau lo vorrà .
Battute a parte, davanti a tali novità – l’assenza di vicepremier – da ora in avanti ci si muoverà lungo la linea Grillo-Zingaretti.
Il fondatore dei pentastellati invoca una squadra pescando “da un pool di personalità del mondo della competenza al di fuori della politica”. E lo stesso si può dire del segretario del Nazareno, che a ogni piè sospinto, reclama «discontinuità » rispetto al passato in modo che l’esecutivo non sembri un assemblaggio di riciclati, aumentando così il tasso di innovazione.
Poi certo dalle parti del Pd filtra anche che il rinnovamento deve essere sì perseguito, ma, nelle condizioni date, con prudenza e realismo. Già perchè, spiegano dal Nazareno, “Conte è una figura autonoma, ma a volte sembra Napoleone, e allora meglio accompagnarlo con figure esperte in grado di frenare il suo ego”.
E allora se a Palazzo Chigi non ci saranno nè uno, nè due vicepremier, sembra conseguente che il pivot del Consiglio dei ministri, ovvero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, spetti al Pd.
Dai piani alti di via Sant’Andrea delle Fratte si spinge per Dario Franceschini, mentre i cinquestelle caldeggiano la soluzione Vincenzo Spadafora, che resta il regista dell’operazione giallorossa, essendosi tenuto a casa sua il primo incontro che ha permesso a Di Maio e Zingaretti di guardarsi negli occhi. Tuttavia, queste due soluzioni se la dovranno vedere con il “metodo Conte”.
Il premier incaricato preferirebbe invece avere al suo fianco, come unico sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Chieppa, ovvero l’attuale segretario generale di Palazzo Chigi.
In questo contesto l’avvocato del popolo ha l’urgenza di trovare una collocazione per Di Maio. Il capopolitico del Movimento, sfilatosi dalla corsa a vicepremier, desidera un ministero di peso. O Viminale, o Esteri.
In un primo tempo si era pensato alla Difesa, ma il vicepremier dimissionario spinge per la Farnesina. Tuttavia, dal vertice notturna si fa sapere che gli Esteri spetteranno al Pd. E allora Di Maio potrebbe in un’altra casella di peso.
Poi resta l’incognita di Di Battista: che ne sarà del guerrigliero dei pentastellati? In mattinata infatti è circolata l’idea di Dibba agli Affari Europei, ma nel tardo pomeriggio sembrava già essere tramontata.
In casa Pd si desiderano otto ministeri di peso. Ma alla fine ne dovrebbero incassare sette. Quattro uomini e tre donne.
All’interno di questo schema, due caselle dovrebbero spettare alla corrente di Matteo Renzi. Non a caso, al Nazareno le truppe dell’ex premier scalpitano e minacciano di non votare la fiducia.
L’ex sindaco di Firenze vorrebbe piazzare una fra Simona Malpezzi e Anna Ascani all’Istruzione, Tommaso Nannicini al Lavoro, Lorenzo Guerini alla Difesa, che lascerebbe il Copasir e l’ex inquilino del Mef Pier Carlo Padoan come commissario Europeo. Regna il caos dalle parti del PD, dove ex ministri, come Roberta Pinotti e Piero Fassino, sperano nel grande ritorno ma dovranno fare i conti con la richiesta di rinnovamento richiesta da Zingaretti.
E soprattutto sono più i posti in piedi che i posti da ministro. Di certo, rivestiranno un ruolo di peso Andrea Orlando (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giustizia) e Paola De Micheli. Quest’ultima è la numera due della segreteria, e promessa al Ministero dello Sviluppo economico, dicastero chiave perchè da lì passeranno le future nomine nelle società partecipate dello Stato.
Come, quasi certamente, saranno valorizzati, figure come quella di Giuseppe Provenzano, economista e vicedirettore dello Svimez, che potrebbe finire al ministero del Lavoro.
Poi c’è chi avanza il nome di Lia Quartapelle, 37 anni, al secondo giro a Montecitorio, che potrebbe finire o alla Farnesina o agli Affari europei.
Per l’Economia, nel caso di soluzione di politica, come sembra profilarsi, si fa il nome di Roberto Gualtieri, europarlamentare e presidente della commissione per i Problemi economici e monetari del parlamento europei. Altrimenti in caso di tecnico d’area circola il nome di Dario Scannapieco, vicepresidente della Banca europea per gli investimenti.
Un discorso a parte merita la casella del Viminale, che quasi certamente sarà concertata con il Quirinale. Per questa ragione prendono quota i profili tecnici di Alessandro Pansa, capo del Dis, e dell’ex prefetto di Milano, Luciana Lamorgese.
I cinquestelle blindano Riccardo Fraccaro (Rapporti con il Parlamento) e Alfonso Bonafede (Giustizia). Ma quest’ultimo se la dovrà vedere con Pietro Grasso che potrebbe entrare così al governo.
Sarà forse riconfermata Giulia Grillo alla Sanità , così come Barbara Lezzi al ministero del Sud. Ai Trasporti da settimane è dato in pole positition l’ingegnere triestino Stefano Patuanelli, capogruppo in Senato degli stellati, stimanto trasversalmente, e uno dei protagonisti della trattativa fra i gialli e i rossi.
Nella squadra ministeriale dei cinquestelle avanzano le quotazioni di Lorenzo Fioramonti (Istruzione), Francesco D’Uva, Nicola Morra e Stefano Buffagni (Sviluppo Economico). In quota Fico, potrebbe spuntarla Giuseppe Brescia, presidente di commissione, e in rampa di lancio per le ministero delle Riforme.
Ma si annuncia anche l’istituzione di nuovi ministeri come quello dell’Innovazione, dove è in ascesa Mattia Fantinati, già sottosegretario alla Pa. Inutile dire che il tutto dovrà ricevere il via libera del premier Conte.
Raccontano infatti che a M5S e Pd non abbia chiesto un nome per ogni ministero, ma una rosa di nomi. E questa voce che si rincorre nelle ore in cui sono rimasti soltanto posti in piedi sembra preoccupare Largo del Nazareno.
(da “Huffingtonpost”)
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