PROGRAMMA M5S-PD: RIDUZIONE PARLAMENTARI, RITORNO AL PROPORZIONALE PURO, TAGLIO CUNEO FISCALE PER DARE 1500 EURO NETTI L’ANNO A 20 MILIONI DI LAVORATORI (COSTO 15 MILIARDI)
ANCORA APERTO IL NODO IMMIGRAZIONE… MOLTI TEMI RESTANO NEL VAGO
La vera notizia è nella parte più politica del programma, la legge elettorale con il grande ritorno del proporzionale puro. La proporzionale come si diceva una volta.
È il punto che permette di sterilizzare Salvini e di smontare il suo schema maggioritario, favorito dalla legge vigente che consente – quando sarà – al leader della Lega di chiamare un plebiscito su di sè: una coalizione prima del voto con lui candidato premier.
Evidentemente in un sistema proporzionale le coalizioni si fanno dopo il voto, in Parlamento, e l’inquilino di palazzo Chigi è frutto non di una scelta nelle urne ma del negoziato successivo tra i partiti.
Ed è, quella proporzionale, una legge che consente anche al Pd di digerire la misura sul taglio dei parlamentari su cui i dem avevano votato già contro nelle prime letture in Parlamento.
Il perchè è semplice: quella riforma, a sistema vigente, creava una forte torsione maggioritaria, aumentando a dismisura il numero dei collegi e favorendo in tal modo i partiti maggiori. In questo modo il taglio si può fare, ma è riequilibrato nei suoi effetti dal nuovo meccanismo di voto e questo è il punto più chiaro nell’ambito di un programma che è ancora incompiuto.
Ci sono solo i titoli, e neppure tutti. Dello svolgimento, figurarsi, neppure l’ombra. Il tratto del cantiere aperto, con il pontile critico dell’immigrazione, è dato dal fatto che il programma non sarà pubblicato integralmente sulla piattaforma Rousseau, teatro domani del voto degli iscritti M5s.
Sono le 19.13 quando nel cielo nero che sovrasta palazzo Chigi esplode il rumore di un tuono così potente da far saltare i sistemi di allarme delle macchine di servizio parcheggiate nella piazza davanti al palazzo del governo. Giuseppe Conte è apparso da pochi minuti su Facebook per lanciare un appello agli iscritti M5s con l’obiettivo di far partire l’esperienza del governo tra i pentastellati e il Pd. Subito dopo Luigi Di Maio, in video e sempre sui social, rinuncia alla carica di vicepremier, sbloccando di fatto la trattativa.
Dentro palazzo Chigi, seduti intorno a un tavolo, ci sono il premier e i capigruppo dei due partiti, Graziano Delrio e Andrea Marcucci per il Pd, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli per i 5 stelle. Sul tavolo ci sono due programmi, consegnati a Conte alla fine della scorsa settimana.
Quei programmi vanno amalgamati in un solo, che dovrà essere allegato al quesito su Rousseau. La riunione va avanti da un’ora e mezza. Terminerà intorno alle 20. A quell’ora la pioggia non cadrà più copiosa, ma sui sampietrini di piazza Colonna si scivola a causa dell’acqua che ristagna. Il punto di caduta dei lavori in corso sul programma di governo è assimilabile a questa immagine. Il sereno è una condizione ancora da rincorrere e infatti la riunione viene riaggiornata a domani. Quando gli iscritti M5s voteranno su Rousseau il programma di governo sarà ancora work in progress. È l’ennesima prova, se mai ce ne fosse bisogno, che a contare nella trattativa sono le caselle di governo, non i programmi.
I passi in avanti ci sono e lo dice apertamente Delrio uscendo da palazzo Chigi. Il ritorno al proporzionale puro, come si diceva, salda in un punto fermo le agende di Pd e 5 stelle, unite in questo nella possibilità di dare un altro colpo a Salvini e alla Lega. C’è intesa piena e i pentastellati portano così a casa il taglio dei parlamentari senza l’allungamento dei tempi inizialmente messo dal Pd sul piatto delle rivendicazioni.
Nel programma, spiegano fonti vicine alla trattativa, non ci sarà alcuna restrizione temporale: ci sarà scritto che il taglio dei parlamentari si fa. Punto. Secco così.
Ma se in questo caso i dettagli sono superflui per i motivi di cui si diceva sopra, per gli altri punti del programma la sintesi è d’obbligo. Come dettagliare il via libera comune alla volontà di fermare l’aumento dell’Iva quando la ricerca dei 23 miliardi necessari a questo scopo è ancora da ideare?
Su questo punto ci si ferma al titolo. Il tratto è quello della convergenza, così come c’è comunanza di vedute sul taglio del cuneo fiscale e sul salario minimo. Su queste due voci c’è sempre stata unità d’intenti tra i due partiti, non sulle modalità d’azione. Secondo quanto apprende Huffpost da fonti di primo livello, il taglio del cuneo rientrerà in una strategia di riduzione delle tasse di lungo periodo, spalmata su tre anni. Si partirà comunque subito con il taglio del cuneo.
Schema Pd, ancora però da confezionare nella sua forma compiuta: l’obiettivo è arrivare a dare 1.500 euro netti in più all’anno a 20 milioni di lavoratori. Bisogna però trovare i soldi: 15 miliardi per il prossimo triennio.
Anche il salario minimo, misura cara ai 5 stelle, vedrà la luce, almeno queste sono le intenzioni perchè con 23 miliardi da trovare per disinnescare le clausole di salvaguardia sull’Iva e 3-4 miliardi di spese indifferibili, lo spazio per finanziare altre misure è più che stretto: è un’impresa ardua, se non un azzardo.
Ma questa è una partita lunga, che tira in ballo l’Europa e il processo di gestazione della manovra che si snoderà lungo tutto l’autunno.
Per ritornare all’oggi, la quadra sul salario minimo è stata raggiunta sul disegno presentato dal Pd: sarà previsto nei settori che non sono attualmente coperti dai contratti nazionali.
Se su manovra e lavoro si registra sintonia, la nota che ancora non è stata collocata nel pentagramma e che impedisce di arrivare alla votazione su Rousseau con un programma chiuso è l’immigrazione.
Sul tavolo ci sono i decreti sicurezza. Il Pd insiste per recepire i rilievi del capo dello Stato, i 5 stelle mantengono il loro punto di vista. Se ne discuterà domani, sempre a palazzo Chigi, ma alcune fonti mettono in evidenza che sicuramente non si arriverà a una linea massimalista, cioè bruciare in piazza i due provvedimenti voluti fortemente da Salvini. Sì, Salvini.
Nell’elenco del programma di governo quantomeno un sottotitolo c’è. È alla voce riforma della legge elettorale. Ed è un sottotitolo che da solo vale forse gran parte del programma di governo o quantomeno ne è la sua blindatura.
(da “Huffingtonpost”)
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