PD, LO SPETTRO DELLA SCISSIONE ALLONTANA IL CONGRESSO ANTICIPATO
MA RENZI NON CEDE SUL VOTO ENTRO GIUGNO
È lo spettro della scissione, paradossalmente, che può raffreddare la temperatura all’assemblea del Pd all’Ergife e, con essa, congelare le suggestioni di un “congresso anticipato”.
È uno spettro che si materializza in un passaggio della relazione di Roberto Speranza, all’assemblea della sinistra al Centro congressi Frentani: “Io penso che si può cambiare il Pd, ci proveremo con tutte le energie, non ci rassegneremo mai al partito della nazione. Se questo dovesse avvenire, allora non sarà una nostra scelta: semplicemente il Pd non esisterà più”.
Per la prima volta l’eventualità è evocata in modo così limpido.
Il passaggio, tradotto, significa questo: caro Renzi, sei tu che ora hai l’onere della mossa; noi non vogliamo rompere e per non rompere vogliamo un congresso vero e ordinato; se tenti il plebiscito forzando sulle regole, con un congresso subito, a quel punto è chiaro che il Pd diventa il partito del “fuori fuori” e nascerà un’altra cosa alla sua sinistra: “Noi — dice il senatore dem Federico Fornaro — siamo a un bivio. Si capirà , da questa fase, se siamo ancora il Pd che è un partito plurale o se si vuole fare il Partito di Renzi. In tal caso non ci iscriviamo al Pdr, un partito personale in cui si assecondano gli umori del Capo”.
E c’è un motivo se il clima dell’assemblea ai Frentani è caldo ma non belligerante. Rosso antico non rosso sangue: “Al momento — sussurrano nei capannelli del Frentani — pare che stiano facendo ragionare Renzi. Glielo stanno dicendo quelli di Franceschini, ma anche Guerini e Orfini. Se vai col lanciafiamme rischia di saltare tutto e non conviene neanche a te”.
Pare che proprio il presidente del Pd abbia indotto Renzi a più miti consigli convincendolo sulla inopportunità di un congresso anticipato: “L’importante — è il senso del suo ragionamento — sono le elezioni anticipate. Facciamo il congresso dopo e prima delle elezioni le primarie sulla premiership. Non ha senso forzare e fare un casino sulle regole, si fa solo un favore a D’Alema che sta organizzando la scissione. La scissione non conviene a nessuno”.
Già , lo spettro ha i baffi del leader maximo, il quale — come spesso accade — ha una posizione più dura rispetto alla minoranza.
E qualche giorno fa ha incontrato i rappresentanti della sua rete dei comitati del no. Parola d’ordine: “State pronti”.
È convinto che inevitabilmente si arriverà a una rottura del Pd, perchè “quello è inaffidabile”: “Massimo — spiega uno dei presenti — pensa che è ora di cambiare schema di gioco ed è inutile stare dentro e provare a temperare il plebiscito che Renzi farà . Anche perchè con la legge in senso proporzionale che partorirà la Corte c’è spazio per cambiare schema con un soggetto a sinistra. Speranza, nella sua relazione, si è tenuto aperte due strade. Quella della rottura se Renzi forza, quella di riaprire la discussione nel Pd se Renzi crea le condizioni”.
Matteo Renzi, alla sola parola D’Alema, tirerebbe fuori il lanciafiamme.
Ma pare che alla fine si sia convinto a svolgere il congresso del Pd a scadenza naturale come prevede lo statuto, senza dimissioni, rischio di carte bollate, perchè non nè vede il vantaggio tattico.
E magari annuncerà un percorso che prevede una sorta di “conferenza programmatica” prima del voto, primarie per la scelta del candidato premier, congresso a scadenza.
Anche se la parte più belligerante dei suoi spinge per una sfida subito alla minoranza, in un ennesimo capitolo dell’uno contro tutti. “Accelera”, “Hai visto i sondaggi di Porta a Porta? Quel consenso è solo tuo”, “una lista Renzi vale più del Pd”: sono giorni che è in atto un martellamento, uguale e contrario ai consigli di Orfini, Guerini, Graziano Delrio.
I quali hanno suggerito anche di allargare il discorso rispetto al tema “congresso ora o dopo”, spingendo il leader del Pd a una riflessione seria e profonda su “ciò che andiamo a raccontare al paese quando ci presentiamo al voto”.
Perchè il 4 dicembre ha affondato certo le riforme ma anche un pezzo della cosiddetta narrazione renziana — e questo è l’aspetto più complicato da fargli digerire — incentrata sul paese che riparte e sull’ottimismo, sui prodigi del jobs act e della buona scuola.
L’ex premier, racconta chi ci ha parlato, è combattuto tra l’indole e la ragione, l’idea di un colpo ad effetto — tipo sparire per un periodo — e quella della rivincita immediata, col famoso tour per l’Italia a gennaio.
Al momento ha rinunciato al lanciafiamme del congresso anticipato.
Quello delle elezioni in primavera è invece già puntato contro il governo.
(da “Huffingtonpost“)
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