PER 7 MILIONI DI FRODE BASTANO QUATTRO ORE CON GLI ANZIANI
“SCEMATA PERICOLOSITà€ SOCIALE”, MA SE DIFFAMA I GIUDICI FINISCE AI DOMICILIARI
Reato: una frode fiscale da 7,3 milioni di euro (con truffaldine “maggiorazioni di costo realizzate negli anni”, all’estero, per almeno “368 milioni di dollari”).
Condanna: quattro anni di carcere, ridotti a uno dall’indulto.
Pena: dieci mesi e mezzo di affidamento ai servizi sociali. Ovvero, qualche ora da passare davanti a un assistente sociale.
Ieri si è conclusa la lunga storia del processo Mediaset. Con la giudice del Tribunale di sorveglianza Beatrice Crosti che legge il comunicato stilato insieme al suo presidente, Pasquale Nobile De Santis.
Il condannato definitivo Berlusconi Silvio non andrà in carcere. Non subirà la detenzione domiciliare. Sarà affidato in prova ai servizi sociali. Dovrà cioè presentarsi periodicamente al direttore dell’Uepe (l’Ufficio esecuzione penale esterna); subirà alcune limitazioni alla possibilità di spostarsi e di restare fuori casa; e potrà svolgere un’attività di volontariato aiutando gli anziani presso la Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone
Questo è l’esito della prima condanna definitiva incassata dall’ex presidente del Consiglio. L’ordinanza del Tribunale di sorveglianza (l’istanza che decide l’esecuzione delle pene) spiega in dieci pagine che “colui che viene affidato in prova ai servizi sociali è ancora persona socialmente pericolosa”: “le condotte reiterate nel tempo del reato dimostrano l’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato poste a tutela dell’ordinata e civile convivenza”.
Ma un percorso di ravvedimento, scrivono i giudici, sembra iniziato: il condannato ha saldato il debito con il fisco, ha risarcito i danni all’Agenzia delle entrate e ha pagato le spese processuali; si è messo anche a disposizione per un’attività rieducativa di volontariato.
Questi elementi, secondo il Tribunale, indicano “il riconoscimento della condanna”, “evidenziano la scemata pericolosità sociale di Berlusconi e appaiono indici di volontà di recupero dei valori morali perseguito dall’ordinamento”
Certo, però, il condannato deve stare attento: le “recenti esternazioni pubbliche in spregio della magistratura”, ammonisce il Tribunale, “potrebbero inficiare gli indici di resipiscienza”.
La misura alternativa al carcere serve comunque a “sostenere e aiutare il soggetto a portare a maturazione quel processo di revisione critica e di emenda oggi in fieri”. “Può svolgere una funzione rieducativa e di recupero sociale della persona, anche qualora questa sia perfettamente inserita socialmente e laddove anzi il condannato sia stato capace di influenzare l’ambiente in direzione incompatibile con le regole del diritto e dell’ordinato vivere civile”.
È, per definizione, un affidamento “in prova”: il condannato dovrà cioè dimostrare nel tempo gli “indici di resipiscenza”.
Altrimenti potrebbe avere una pena più dura e magari finire ai domiciliari. I suoi comportamenti dovranno mantenersi “nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni”.
Questa è una condizione richiesta a tutti gli “affidati”, ma vale “a maggior ragione” per Berlusconi, scrivono i giudici, “stando la condizione sociale ed economicamente e culturalmente privilegiata a cui il condannato appartiene”.
Ieri l’ordinanza è stata notificata ai difensori di Berlusconi, Franco Coppi e Niccolò Ghedini.
Da ieri dunque il condannato ha dieci giorni di tempo per presentarsi all’Uepe per sottoscrivere l’affidamento: da quel momento comincia l’espiazione della pena. Un anno ridotto a dieci mesi e mezzo per effetto dello sconto di 45 giorni che scatta dopo i primi sei mesi. Il condannato sarà seguito personalmente dal direttore dell’Uepe, la dottoressa Severina Panarello, che con lui deciderà la periodicità degli incontri e verificherà nei mesi prossimi il percorso verso la “resipiscenza”.
Come tutti gli “affidati”, Berlusconi avrà l’obbligo di non uscire di casa (la villa di Arcore) prima delle 7 e di rientrare entro le 23. Ha il permesso di andare a Roma dal martedì al giovedì, dunque gli è garantita la possibilità di fare campagna elettorale. Una volta alla settimana andrà per quattro ore a fare volontariato presso la Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
È una struttura che assiste adulti e bambini con gravi disabilità e anziani non autosufficienti (e dunque da proteggere dagli assalti madiatici). È servita dalla Caritas ambrosiana, l’organizzazione della diocesi di Milano che è convenzionata con l’Uepe
La Sacra Famiglia è un’istituzione importante e storica per la diocesi di Milano, perchè è nata nel 1896 da una parrocchia e dall’attività dell’allora parroco di Cesano, don Domenico Pogliani.
Oggi il suo presidente è don Vincenzo Barbante, ex amministratore della diocesi, in pratica il ministro delle finanze della Curia ambrosiana.
È proprio alla Sacra Famiglia che monsignor Angelo Scola, appena nominato arcivescovo di Milano, diede appuntamento per il primo incontro con il volontariato della diocesi.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano“)
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