PERCHE’ IN ITALIA QUASI TUTTO AUMENTA MA GLI STIPENDI RESTANO FERMI
I PROFITTI DELLE AZIENDE SONO AUMENTATI E L’ADEGUAMENTO ALL’INFLAZIONE DI PENSIONI E STIPENDI E’ MINIMO
Gli ultimi aumenti sono quelli delle tariffe telefoniche annunciati da Tim. A metà luglio sono scattati i rincari per raccomandate e servizi postali che si sommano a quelli dei prezzi di alimenti, benzina e diesel, di voli, alberghi, trasporti, vacanze, mense scolastiche, affitti e mutui. Grazie agli adeguamenti automatici legati all’inflazione aumentano anche pensioni, assegno unico e assegni di mantenimento, anche se non di molto.
Solo gli stipendi per ora restano al palo e valgono sempre meno. I lavoratori, infatti, non esistendo più alcun meccanismo di adeguamento automatico dei salari all’inflazione, non possono contare su nessun paracadute o comunque lo devono negoziare con il datore di lavoro, chiedendo un aumento di stipendio che, stando ai dati, spesso non viene concesso.
Secondo l’Ocse nel 2023 i salari reali – ovvero quelli che tengono conto dell’inflazione e misurano della quantità di beni che i lavoratori possono comprare con la loro paga – in Italia sono calati del 7,5% su base annua. La perdita di potere d’acquisto è confermata anche dai dati Istat, secondo i quali nei primi sei mesi del 2023 la distanza tra la dinamica dei prezzi e quella delle retribuzioni supera ancora i 6 punti percentuali.
L’aumento del costo dei servizi
Ad aumentare con l’inflazione sono anche i servizi: dalle mense scolastiche agli asili nido e ai trasporti. In questo caso in genere sono stabiliti da contratti che ancorano le tariffe all’inflazione.
Guardando alle cronache degli scorsi mesi, può capitare che i Comuni o le giunte regionali confermino questi aumenti o si facciano carico di una parte delle spese per venire incontro ai cittadini. Di recente, ad esempio, la Regione Lombardia ha deliberato sugli aumenti Istat, stabilendo per settembre un aumento per i biglietti Trenord del 4%.
A cosa sono dovuti i rincari
Ci si trova quindi di fronte a un’ondata di rincari generalizzati, malgrado i prezzi delle materie prime siano rientrati e anche quelli dei beni energetici. A cosa è dovuta? «Da un lato stiamo finendo di assorbire lo shock energetico dello scorso anno e continueremo probabilmente ad avere questi effetti di passaggio almeno per un altro paio di mesi Quindi, malgrado i prezzi energetici stiano scendendo, altri prezzi più legati al consumo di tutti i giorni aumentano», spiega Carlo Altomonte, professore di Politica economica europea dell’Università Bocconi.
«Un secondo punto di cui tenere conto è che i profitti delle aziende sono aumentati più dei salari e questo è un fattore che sta pesando molto nel mix redistributivo dell’inflazione», aggiunge.
«Così ovviamente il sistema non regge. Se le imprese vogliono continuare a investire sul capitale umano – che in alcuni ambiti in Italia diventa sempre più scarso – devono cominciare a pagarlo di più. E possono farlo tranquillamente, perché i dati ci dicono che i margini di recupero che hanno avuto nel contesto post-pandemico consentono loro di assorbire questi maggiori costi senza scaricarli su un ulteriore aumento dei prezzi», continua Altomonte. Secondo l’economista è probabile che le retribuzioni tornino a salire, recuperando almeno in parte l’attuale gap rispetto al costo della vita, e i prezzi, allo stesso tempo, inizino gradualmente a scendere. Finora però non è così e gli effetti della perdita del potere di acquisto di milioni di salari si ripercuotono sui consumi delle famiglie e sul Pil, come mostra anche il segno meno del secondo trimestre dell’anno.
Dagli affitti alle pensioni: le indicizzazioni
Ad aumentare con l’inflazione sono anche pensioni, canoni di affitto e assegni di mantenimento grazie agli adeguamenti automatici. Il caso più noto è quello degli assegni pensionistici, che però nel 2023 hanno beneficiato di una rivalutazione più contenuta. Il governo Meloni, infatti, ha cambiato il metodo di calcolo adottando nuove fasce: 100% sulle pensioni fino a 4 volte il minimo (2.102 euro) 85% sulle pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (2.102-2.627 euro) 53% sulle pensioni tra 5 e 6 volte il minimo (2.627-3.152 euro) 47% sulle pensioni tra 6 e 8 volte il minimo (3.152-4.203 euro) 37% sulle pensioni tra 8 e 10 volte il minimo (4.203-5.254 euro) 32% sulle pensioni oltre 10 volte il minimo (sopra 5.254 euro).
Anche per i locatari esiste la possibilità di aggiornare i contratti di affitto per non farsi schiacciare dal caro vita, a patto che sia prevista espressamente dal contratto d’affitto. Per l’adeguamento si utilizza l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi). Oltre che per gli affitti, le variazioni dell’indice Foi al netto dei tabacchi vengono usate anche per aggiornare gli assegni di mantenimento al coniuge, il Tfr (il montante accantonato dal lavoratore viene rivalutato ogni anno), le rendite Inail per infortuni sul lavoro o malattie professionali, alcune tipologie di buoni del Tesoro (Btpi) e la retribuzione media di alcuni contratti nazionali. Anche gli importi dell’assegno unico e le relative soglie Isee nel 2023 sono aumentati per effetto della rivalutazione annuale sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo.
(da Il Corriere della Sera)
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