PERCHE’ NON FESTEGGIARE LA RIPRESA ZERO VIRGOLA
SEI BUONI MOTIVI PER PREOCCUPARSI
Meglio poco che niente, per carità .
La stima preliminare Istat dice che il Prodotto interno lordo-cioè la ricchezza prodotta in Italia -nel secondo trimestre di quest’anno è aumentato dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente (e dello 0,5 rispetto a un anno prima, quando eravamo in recessione).
Abbastanza in linea con le attese, un po’ meno di quanto avrebbe voluto il governo: la variazione del Pil acquisita per il 2015 è, infatti, + 0,4% in linea con la previsione finale scritta nel Def dal governo di +0,7%.
E qui, purtroppo, finiscono le buone notizie, mentre abbondano i motivi per cui tutti gli apparatcik renziani che ieri festeggiavano la fine della crisi (dal responsabile economia Filippo Taddei passando per i vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini fino ai peones d’ogni ordine e grado) farebbero bene ad essere preoccupati. Eccoli.
PRIMO.
Intanto questa sembra finora e, secondo le stime tanto del Fmi quanto dello stesso governo, sarà a lungo (se dura) una jobless recovery, ovvero una ripresa del Pil senza aumento dell’occupazione. E infatti l’ultimo dato sulla disoccupazione dice 12,7%, più o meno dove stava l’anno scorso e pure nel 2013.
SECONDO.
Anche centrare l’obiettivo dello 0,7% di crescita per il 2015 scritto nel Pil non è un fatto scontato:per riuscirci, ci dicono gli statistici, servono un paio di +0,4% nei prossimi due trimestri, cioè una crescita più sostenuta di quanto abbiamo avuto nei primi sei mesi dell’anno (+0,3 gennaio-marzo, +0,2 aprile-giugno).
TERZO. Come ha scritto l’economista Francesco Daveri su lavoce.info anche centrando gli obiettivi la ripresa è molto debole: “Se anche l’attuale ripresa si irrobustisse in modo da replicare quella del 2009-2011, la crescita di allora (+3,4% in otto trimestri) sarebbe solo sufficiente a riportare a fine 2016 il livello del Pil trimestrale a 397 miliardi, cioè grosso modo dov’era nel primo trimestre 2012.
In ogni caso, mancherebbero ancora 10 miliardi per ritornare ai livelli di prima dell’estate 2011 e ben 28 miliardi per ritornare ai livelli di inizio 2008.
Meno miliardi di Pil vogliono dire meno redditi, meno produzione industriale , meno consumi, meno occupazione”.
QUARTO.
Il traino dell’economia mondiale è più lento rispetto alle precedenti uscite da recessione.
Ancora Daveri: “Alla fine degli anni Novanta,a metà degli anni Duemila e anche nel 2009-11, il ritorno alla crescita fu agevolato da una rapida crescita dell’economia mondiale (vicina al +5,5% annuo in ognuno degli episodi).
Oggi invece il mondo-malgrado il petrolio basso e il denaro che non costa — cresce solo del 3,5% annuo. Il volano della crescita mondiale è meno efficace”.
QUINTO.
C’è una notizia che dovrebbe davvero preoccupare il governo e tutti gli italiani.
Scrive l’Istat nel suo comunicato di ieri: “Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale(al lordo delle scorte)e un apporto negativo della componente estera netta”.
Significa che le esportazioni — su cui l’esecutivo Renzi ha basato buona parte della sua politica economica-non stanno dando l’apporto sperato alla crescita del Prodotto interno lordo.
SESTO. L’Euro zona, che è il principale partner commerciale italiano, langue (+0,3%). Non solo il Pil di Francia e Germania — i due principali paesi della moneta unica-cresce poco, ma soprattutto è preoccupante il dato della produzione industriale tedesca di giugno: -1,4% (e la mini svalutazione difensiva dello yuan) non farà migliorare il dato nei prossimi mesi.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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