PIU’ DI UN MILIARDO IN ARMI E MATERIALE BELLICO DALL’ITALIA ALLA TURCHIA
L’ULTIMA VENDITA PER 360 MILIONI NEL 2018: MUNIZIONI, SILURI, RAZZI E MISSILI
Le parole non fermano Erdogan. Ma i fatti possono mettere in difficoltà il “Sultano” di Ankara. E un fatto importante è la decisione del governo tedesco ha deciso di interrompere la vendita di armi alla Turchia. L’embargo è stato annunciato dal ministro degli Esteri Heiko Maas alla Bild am Sonntag: “Sullo sfondo dell’offensiva militare turca nel nord-est della Siria, la Germania non rilascerà più alcun nuovo permesso all’esportazione di attrezzature militari che possano essere utilizzate dalla Turchia in Siria”, ha spiegato il capo della diplomazia di Berlino.
Analogo provvedimento era stato già preso da Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca e Norvegia.
E l’Italia? Il premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio hanno reiteratamente condannato l’invasione curda del nord della Siria, resta il fatto, che proprio il ministero degli Esteri ha autorizzato nel 2018 la vendita di armi alla Turchia per 360 milioni di euro, tra munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e altre apparecchiature.
Dai dati della Rete italiana per il Disarmo, ammontano a 890 milioni le forniture a Erdogan dal 2015 a oggi.
“Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. “Le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland”
Peraltro, continuare a fornire armamenti alla Turchia dopo aver sostenuto attivamente l’impegno delle popolazioni curde contro le forze dell’Isis è un evidente paradosso. “Una contraddizione intollerabile”, rimarca Beretta analista sull’export di armi per la RID.
“È giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce. Deve chiedere lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L’appartenenza della Turchia alla NATO non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni”. Proprio il Movimento 5 Stelle, il cui leader siede oggi alla Farnesina, chiede lo stop alla vendita di armi ai turchi. “Nel rispetto della legge 185 del 1990 che vieta la vendita di armi italiane a Paesi in guerra, della Posizione comune europea del 2008 e del Trattato Onu sul commercio di armi sottoscritto dall’Italia nel 2013, se la Turchia non fermerà subito l’invasione, chiediamo l’immediata sospensione delle forniture militari italiane alla Turchia, terzo Paese di destinazione del nostro export bellico”.
Una richiesta che al momento resta inevasa. Sul campo, le forze turche affermano di aver conquistato la città di Ras al-Ain, nel nord-est della Siria, uno dei due ingressi principali dell’offensiva di terra turca, secondo quanto ha riferito il ministero della Difesa di Ankara in un comunicato. “Al termine delle operazioni coronate con successo nell’ambito dell’offensiva ‘Fonte di pace’, la città di Ras al-Ain situata all’est dell’Eufrate è passata sotto il nostro controllo”, si legge nella nota.
Ma le milizie curde hanno subito smentito: “Ras Al-Ain sta ancora resistendo e i combattimenti sono tuttora in corso”, ha detto un funzionario delle forze democratiche siriane a guida curda.
Fonti locali riferiscono che nel nord est è stata presa di mira una prigione dove sono detenuti centinaia di miliziani dell’Isis: un’autobomba è esplosa vicino al carcere centrale di Hasake, capoluogo della regione nord-orientale siriana. Non è chiaro se l’attentato abbia danneggiato il penitenziario dove si trovano centinaia di miliziani jihadisti.
E monta la preoccupazione sui foreign fighter. L’attentato compiuto con un’autobomba nella città di Qamishli è stato rivendicato dall’Isis, secondo cui l’esplosione ha causato decine di vittime. Lo riferisce il Site, sito di monitoraggio del jihadismo online. L’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che almeno 10 civili sono stati uccisi nei bombardamenti turchi nel nord-est della Siria. E sono almeno 60 i civili uccisi, tra cui 7 donne e sei minori, nelle ultime 72 ore, secondo quanto riferito dalla Mezzaluna Rossa curdo-siriana. In un comunicato diffuso dalla stessa organizzazione di soccorso medico della regione autonoma nord-orientale siriana, si fa l’elenco delle 60 persone uccise tra il 9 e l′11 ottobre nelle regioni a ridosso della frontiera turca.
E mentre prosegue il conflitto, il Pentagono commenta l’attacco messo a segno dalle forze turche, che hanno bombardato “per sbaglio” un’area dove erano presenti soldati Usa. “L’esplosione è avvenuta a poche centinaia di metri da un sito all’esterno della zona del ‘meccanismo di sicurezza’, in un’area in cui i turchi sapevano
della presenza delle forze americane“, ha sottolineato Brook Dewalt, portavoce della Difesa americana, mettendo poi in guardia la Turchia dall’evitare azioni che possano tradursi in una immediata azione di difesa americana.
Il Pentagono ha poi aggiunto di continuare ad essere contrario “all’avanzata militare della Turchia in Siria e soprattutto si oppongono alle operazioni turche al di fuori della zona del ‘meccanismo di sicurezza’”, ha concluso il Pentagono.
A essere colpita è stata una compagnia formata da 50 a 100 uomini. I soldati stavano operando sulla collina di Mashtenour, nella città di Kobane, e sono stati raggiunti da colpi di artiglieria sparati dalle postazioni turche.
Il ministero della Difesa di Ankara ha chiarito che i militari turchi non hanno aperto il fuoco contro le truppe americane e ha precisato che “il fuoco è cessato a seguito della questione che ci è stata segnalata dagli Usa“. Ankara ha confermato un intervento dei suoi soldati in risposta a un attacco contro un suo avamposto militare a sud della città turca di Suruc, precisando che sono 415 i “terroristi neutralizzati” dall’inizio dell’”operazione fonte di pace”. Si tratta, secondo il ministero della Difesa, di miliziani delle Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo che Ankara considera al pari dei gruppi terroristici.
Nello stesso attacco, tre civili sono morti nel sudest della Turchia a causa dei colpi di mortaio lanciati dalla Siria: a sparare, sostengono fonti turche, sono stati proprio i miliziani delle Ypg.
A Washington tornano a rivolgersi i combattenti curdi. “I nostri alleati ci avevano garantito la loro protezione”, invece “ci hanno abbandonati con la loro ingiusta decisione di ritirare le loro truppe alla frontiera turca”. Le Forze democratiche siriane, in un comunicato letto davanti ai giornalisti, lanciano un appello agli Stati Uniti, che dopo l’annuncio dell’offensiva militare della Turchia nel nord della Siria hanno deciso di ritirare le proprie truppe e di lasciare campo libero ai militari di Erdogan. I curdi chiedono quindi agli Usa di “assumersi le proprie responsabilità morali” e di “rispettare le promesse” dopo aver accusato Washington di averli abbandonati davanti all’offensiva delle truppe turche. Per sconfiggere i curdi siriani, la Turchia sta usando anche gruppi jihadisti dichiaratamente legati all’organizzazione terroristica al Qaeda per fare la guerra alle forze curde nel Nord-est siriano.
A provarlo è lo stesso gruppo che si fa chiamare Ahrar al Sharqiya che oggi afferma di far parte dell’Esercito Nazionale Siriano (NSA), un’accozzaglia di brigate di ribelli siriani creata da Ankara non più tardi di due mesi. Proprio oggi, Ahrar Al Sharqiya ha annunciato tramite un suo comandante militare citato dal quotidiano al Quds al Arabi, che il suo gruppo è riuscito a prendere il controllo della cittadina al Irtwaziyah (circa 80 chilometri a nord di Raqqa nel nord-est siriano) che si trova sull’autostrada Aleppo-Qamishli, tagliando di fatto la stessa autostrada e i rifornimenti di SDF (forze curde) dalla parte del governatorato al Haska".
Si tratta di un gruppo di ribelli siriani armati originario del Governatorato di Deir Ezzour, di ideologia islamista. Fondato da alcuni fuoriusciti dell'ex filiale siriana di al Qaeda, Fronte Al Nusra tra cui Abu Maria Al Qahtani, il gruppo è stato anche accusato di stretta alleanza con l’Isis. Sul fronte diplomatico, il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha definito l’operazione militare turca nel nord-est della Siria “invasione di uno Stato arabo e una aggressione alla sua sovranità ”. E al termine della riunione d’urgenza convocata al Cairo la Lega Araba ha chiesto alla Turchia di fermare l’aggressione. Anche il ministro degli Esteri iracheno, Mohamed Ali Alhakim, presidente di turno dell’organismo, ha condannato l’offensiva. “Aggraverà le crisi umanitarie, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi i loro resti”, ha detto Alhakim. I ministri degli Esteri dei Paesi della Lega Araba hanno deciso di assumere “misure urgenti per far front all’aggressione turca contro la Siria”, comprese la riduzione delle relazioni diplomatiche, la cessazione della cooperazione militare e la revisione delle relazioni economiche.
E secondo le autorità curde gli sfollati sono più di 191mila, mentre ieri le Nazioni Unite parlavano di circa 100mila persone costrette ad abbandonare le proprie case dall’inizio dell’offensiva. Un esodo tra le bombe.
(da “Huffingtonpost”)
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