POLVERI BAGNATE, FALLISCE IL DISEGNO RENZIANO: USARE LA PRESCRIZIONE PER ARRIVARE AL CAMBIO DI CONTE
ZINGARETTI OTTIENE IL PRIMO VERO INCASSO DELLA SUA STRATEGIA
La reazione (di Renzi) è propria di uno che è spiazzato. Quel “non voteremo la prescrizione, ma non faremo cadere il governo” che l’ex premier affida ai microfoni di Circo Massimo disvela il fallimento di un disegno, quello di logorare Conte per arrivare a un cambio di inquilino a palazzo Chigi.
E il prender forma, per la prima volta con concretezza, di un altro disegno, il famoso “campo” che ha in mente Zingaretti, proprio grazie al premier che, sulla prescrizione, ha rotto un tabù.
È questo che è accaduto nelle ultime ventiquattr’ore. Perchè c’è poco da fare: l’accordo raggiunto sulla prescrizione nel vertice di giovedì sera, discutibile, opinabile, su cui si può discutere all’infinito è, comunque, un fatto politico, che segna un “volta pagina”.
È questo che spiazza Renzi. Solo qualche giorno fa, con la consueta sopravvalutazione di sè, il leader di Italia Viva confidava ai suoi più stretti collaboratori: “Questi del Pd mi hanno fatto un regalo”. E, al tempo stesso, lasciava trapelare che, in caso di crisi, si sarebbe potuti arrivare a un altro governo, magari guidato da Franceschini, o da chiunque ma non dall’attuale inquilino di palazzo Chigi, eletto a principale responsabile delle basse percentuali elettorali di Italia Viva, perchè pesca nell’elettorato centrista.
Al fondo, la sua convinzione era che, sul tema, i Cinque stelle non avrebbero mai mollato sul punto, convinzione consolidata dalla convocazione della piazza da parte di Di Maio, animato dallo stessa foga nel logorare Conte che gli sta sfilando il movimento.
La fotografia l’ha scattata oggi il ministro Provenzano, parlando con qualche collega a margine della direzione: “Uno che è minoranza nel paese e uno che è minoranza del suo partito… Abbiamo dimostrato che Renzi non ha munizioni”.
Ed è proprio uno sparo a salve lo scenario che, al momento, si prefigura a Palazzo Madama, quando arriverà il decreto ad hoc che recepirà il contenuto dell’accordo sulla prescrizione, ovvero lo stop dopo il secondo grado e la riforma penale che impatta sulla durata dei processi.
Prima, ovviamente, che si voti su quella proposta del forzista Costa su cui Renzi aveva orchestrato la “trappola”.
Magari Italia viva uscirà dall’Aula, il che consente di distinguersi, ma i numeri sono tali che il governo non cade.
L’ipotesi è questa, spiegano fonti degne di questo nome. Parliamoci chiaro, lì dentro nessuno vuole andare a votare, soprattutto dopo aver letto sui giornali le simulazioni su quanti parlamentari rientrerebbero che, come si suol dire, si contano sulle dita delle mani: “Guarda — spiegava a un collega Loredana De Petris, una che le antenne ce l’ha — che in parecchi sono pentiti di essere andati con Renzi, e stanno cercando di rientrare nel Pd. Se quello forza, perde parecchi pezzi”.
Ecco: Renzi aveva scommesso che i Cinque stelle non si sarebbero mai mossi, considerando inviolabile il tabù sulla prescrizione, un po’ come l’altro Matteo dopo il Papeete aveva scommesso che lui non avrebbe mai fatto un governo con i Cinque Stelle.
E invece quel tabù irrinunciabile, in nome del quale anche il Fatto considerava giustificabile una crisi di governo, come accade di fronte a principi non negoziabili, è stato comunque rotto. Dicevamo: si può discutere il “come”, ma è un fatto politico.
Per la prima volta Nicola Zingaretti incassa uno spostamento politico dei Cinque stelle, grazie alla leva Conte.
È forse il primo “incasso” della sua strategia. E non è un caso che, proprio su questo sfondo, la sua relazione alla direzione segna un cambio di passo sul governo, invitato a uscire dall’immobilismo e a “ripartire”: “Nessuno pensi di allungare la legislatura con un Parlamento in uno stato vegetativo”.
Parole che, con grande onestà , dipingono un governo fermo e sollecitano i Cinque stelle a non allungare fino all’eternità il “travaglio interno”.
Non è un dito puntato nella direzione delle urne, però il sottotesto è che, nel caso, un abbozzo di “campo” c’è: il Pd, una “lista Conte”, una lista di sinistra modello Schlein, con Conte calamita di un pezzo dei Cinque stelle.
Chissà se il buon umore odierno del segretario non riveli una mai sopita tentazione, comunque rivela la profonda convinzione di un contesto cambiato. In fondo, anche grazie a Renzi, che ha sbagliato la mossa.
È evidente che l’alternativa a questo quadro sono solo le urne, come al Colle hanno ben presente. È semplicemente impensabile che possa nascere qualcosa di alternativo in questo Parlamento se si sfarina l’attuale equilibrio.
(da “Huffingtonpost”)
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