QUOTE LATTE NON PAGATE, L’ITALIA DOVRA’ CACCIARE 1,7 MILIARDI DI EURO GRAZIE ALLE MARCHETTE DI ZAIA E DELLA LEGA
LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CHIEDE IL RECUPERO DELLE AGEVOLAZIONI IRREGOLARI… L’ATTUALE GOVERNATORE DEL VENETO TOLSE AD EQUITALIA LA RISCOSSIONE DEL DOVUTO PER FAVORIRE CHI AVEVA TAROCCATO I CONTI
L’Italia ha agito violando le regole comunitarie concedendo la rateizzazione dei pagamenti delle multe sulle quote latte, generando aiuti di Stato incompatibili con il diritto dell’Ue che significano rischio procedura di infrazione.
La Corte di giustizia europea chiede il recupero delle agevolazioni irregolari, e questo vuol dire che se l’Italia non dovesse rispondere allora la Commissione si troverebbe costretta ad avviare l’iter la cui conclusione è quella di possibili multe.
Le autorità nazionali devono esigere dai produttori di latte il versamento di interessi non versati dal 2003 a oggi, il cui calcolo spetterà all’esecutivo comunitario.
La decisione presa a Lussemburgo si aggiunge a quella già presa a luglio sempre contro politiche nazionali a sostegno del settore, bocciando quindo l’intero operato nazionale nella gestione della questione.
Rateizzazione unilaterale, rischio infrazioni
Ci sono due cause aperte contro l’Italia per la questione delle quote latte. La decisione della Corte di giustizia europea si riferisce alla decisione presa dall’Italia tra il 2010 e il 2011 (governo Berlusconi, con Giancarlo Galan ministro delle Politiche agricole all’epoca dei fatti), quando con decreto e successiva legge di conversione ha concesso ai produttori di latte un differimento di sei mesi, dal 31 dicembre 2010 al 30 giugno 2011, i pagamenti delle penalità per l’eccesso di produzione tra il 1995 e il 2002.
In base alle regole allora in vigore, ogni Stato membro aveva un tetto massimo (quote, per l’appunto) di produzione del prodotto, oltre il quale si incorreva in penalità da pagare al governo nazionale, che poi avrebbe versato la somma all’Ue. Commissione e Consiglio Ue avevano concesso il recupero delle somme a interessi zero fino al 31 dicembre 2010, ma l’Italia ha concesso unilateralmente la proroga.
È proprio questa misura adottata senza confronto in sede comunitaria il motivo del contenzioso portato dall’esecutivo comunitario di fronte alla Corte, che oggi riconosce le ragioni di Bruxelles.
Agendo unilateralmente, l’Italia ha generato aiuti di Stato illegali, e dovrà ora recuperare gli importi economici.
Impresa non facile, dato che nel frattempo alcune imprese non operano più sul mercato.
Non solo: considerato che nel frattempo parte delle penalità sono state pagate, andrà calcolato quanto l’Italia dovrà versare.
La Commissione Ue, nella decisione che ha generato la causa con l’Italia, rileva che «il costo della proroga è imputato su una dotazione globale di 5 milioni di Euro destinata a molteplici fini». E’ sulla base di questa cifra che dovranno essere fatti i calcoli.
Dopodichè se l’Italia non recupererà tutto quello che le verrà richiesta, si rischierà l’apertura di una procedura di infrazione che può significare nuove cause in Corte di giustizia e rischio multe.
Sull’Italia pende anche la «causa Zaia», qui si rischiano multe
Multe l’Italia rischia di doverle pagare per l’altra causa aperta sempre la questione delle quote latte.
Si riferisce a un’altra decisione del governo Berlusconi, ma quando alle Politiche agricole c’era Luza Zaia, oggi governatore della Regione Veneto.
Anche qui il problema è sempre relativo allo «sforamento» dei tetti massimi di produzione.
La causa su cui la Corte di Lussemburgo deve pronunciarsi a breve si riferisce agli eccessi registrati tra il 1995 e il 2009.
L’Italia ha sempre prodotto più di quanto avrebbe dovuto, e avrebbe dovuto esigere ogni anno il pagamento della penale da parte dei produttori.
Non è successo, perchè all’epoca Zaia evitò agli «splafonatori» di non mettere mani al portafogli, togliendo a Equitalia il potere di riscossione e permettendo pagamenti rateali alle aziende.
La Commissione stima che su un totale di 2,3 miliardi di euro, 1,7 miliardi non siano ancora stati rimborsati.
Parte di questo importo sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma la Commissione stima di questi 1,7 miliardi.
(da “La Stampa”)
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