RAGGI PRIGIONIERA DEI RIFIUTI E DELLE CONTRADDIZIONI DEL M5S
PER GLI ESPERTI GLI IMPIANTI NON SONO PERICOLOSI, MA LA BASE NON LI VUOLE … MEGLIO AFFOGARE NELLA MONNEZZA CHE PERDERE VOTI (MA COSI’ LI PERDONO LO STESSO)
Come previsto, le strade di Roma sono più pulite. Comune e Ama, l’azienda del Campidoglio che gestisce il servizio, hanno schierato 1800 mezzi e 4000 addetti impegnati 24 ore su 24, spendendo per straordinari una cifra che gli addetti ai lavori stimano in 2 milioni di euro.
Ciò non significa che l’emergenza sia dimenticata. Gli impianti sono sotto stress: per mandare il sistema in tilt basta un piccolo guasto o una chiusura per manutenzione.
Oggi deputati, dirigenti e militanti del Pd erano nelle strade armati di ramazze (mille persone in cinquanta punti della città ) per dimostrare contro la giunta M5S.
Il Pd cavalca le contraddizioni del Movimento 5 Stelle come Berlusconi fece con quelle del Pd nel 2008, quando Napoli era sommersa di rifiuti in campagna elettorale e la sinistra si opponeva alla costruzione del termovalorizzatore di Acerra.
La difficoltà di Virginia Raggi è analoga: le posizioni ideologiche del suo movimento e le cambiali elettorali firmate con i comitati di quartiere le impediscono di dire quali e quanti impianti vuole fare (e dove) per chiudere il ciclo dei rifiuti come accade in tutte le metropoli europee.
Incalzata da Bruno Vespa a «Porta a porta» sugli impianti di cui la Capitale necessita, la sindaca di Roma aveva annunciato: «Noi abbiamo scelto tre siti, il luogo non è importante, non lo dico stasera ma la Regione li conosce».
Circostanza smentita non solo dalla Regione (non risultano comunicazioni del Comune su nuovi impianti), ma anche dal piano rifiuti della giunta (dove se ne parla in modo generico) e da ambienti vicini al Campidoglio e a conoscenza del dossier. Decisa nel dire no alle discariche, viene smentita da un documento della città metropolitana (di cui è presidente) che individua i siti potenziali.
Poi ha intimato alla Regione di autorizzare gli impianti in stand-by, citandone però solo uno, naturalmente fuori Roma.
I Comuni delle altre Province sono sul piede di guerra. Del resto non è facile spiegare come Roma, che produce più del 50% di tutto il Lazio e ha la superficie comunale più grande d’Europa, pari a quella delle altre 8 maggiori città italiane messe insieme, pretenda di appioppare al resto della regione la sua immondizia.
Ieri Beppe Grillo sul blog ha annunciato per Roma due «separatori di immondizia come a Barcellona». A stretto giro gli ha risposto la Regione, ricordandogli che «Barcellona ha tre inceneritori e una grande discarica» e che il piano della giunta Marino, bocciato dalla Raggi, s’ispirava proprio agli eco-distretti catalani.
Inoltre i separatori a Roma già esistono (Salario e Rocca Cencia, più altrettanti privati) ma il Movimento 5 Stelle vuole chiuderli perchè «puzzano».
Così hanno promesso ai comitati locali in campagna elettorale, salvo omettere che puzzano anche le «fabbriche di materiali» che la Raggi propone in alternativa.
Nominata assessore prima di Natale in sostituzione di Paola Muraro, Pinuccia Montanari è favorevole agli impianti di digestione anaerobica dei rifiuti organici (una delle poche cose su cui è d’accordo con la Muraro).
Si tratta di una variabile del compostaggio con recupero energetico di biogas. Impianti a basso impatto ambientale, diffusi in tutta Europa e considerati all’avanguardia.
In quello vicino Padova, considerato un gioiello, arrivano anche i rifiuti romani (ma l’energia prodotta riscalda e illumina case, scuole e ospedali dei veneti).
Nemmeno tecnici e ambientalisti della rete «rifiuti zero» li osteggiano (secondo Legambiente, a Roma ne servirebbero almeno dieci). Falso che siano malvisti dall’Ue.
Eppure nel Movimento 5 Stelle (soprattutto nel Lazio, non in Lombardia per esempio) sono considerati il male quasi assoluto, al pari di discariche e inceneritori.
L’assessore Montanari ha provato in ogni modo a far uscire consiglieri comunali e attivisti dai pregiudizi ideologici.
Prima con una visita di gruppo a un impianto di Pinerolo, poi (a metà marzo, mentre preparava il piano rifiuti della giunta) con una riunione in Campidoglio, dando la parola a tre esperti tra i più stimati dal Movimento.
I quali hanno spiegato e, tecnicamente, convinto. Ma poi sono usciti dalla sala, lasciando soli i consiglieri.
Ne è seguita una discussione politica, in cui il realismo ha fatto a cazzotti con anni di convinzioni difficili da scalfire.
Alla fine i consiglieri possibilisti sono usciti sconfitti, riferendo che «almeno per ora» non sono in grado di far accettare politicamente gli impianti alla base del Movimento. La logica è quella del capogruppo Paolo Ferrara: impedisce che il tritovagliatore mobile di Ama, che potrebbe alleviare l’emergenza, sia spostato a Ostia, dove lui prende i voti.
Quindi niente impianti. E se nessuno se li prende nel Lazio, i rifiuti romani continueranno a viaggiare a caro prezzo per mezza Europa.
Giuseppe Salvaggiulo
(da “la Stampa”)
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