RAPPORTO CENSIS: ITALIANI STANCHI DEI POLITICI, RAZZISMO E ANTISEMITISMO IN CRESCITA, GUARDANO ALL’UOMO FORTE MA FAREBBERO MEGLIO A GUARDARSI ALLO SPECCHIO
SANITA’ SEMPRE PIU’ PRIVATA, RISENTIMENTO VERSO IL SISTEMA PREVIDENZIALE: LI AVETE VOTATI VOI, DI CHE VI LAMENTATE?
Gli italiani non ne possono più della politica. O meglio, non vogliono più vedere i politici: il 90% dei telespettatori, per intendersi, non li vorrebbe ‘tra i piedi’ mentre fa zapping.
Se a questa stanchezza si uniscono tutte le incertezze sul fronte economico e sociale che caratterizzano questi tempi, ecco farsi strada nella mente dei concittadini una soluzione: l’uomo forte, al di sopra del Parlamento, che rassicuri.
Fa paura, pensando alla nostra storia, quel che emerge dall’ultimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese.
Lo stato d’animo dominante tra il 65% degli italiani è l’incertezza. Dalla crisi economica, l’ansia per il futuro e la sfiducia verso il prossimo hanno portato anno dopo anno ad un logoramento sfociato da una parte in “stratagemmi individuali” di autodifesa e dall’altra in “crescenti pulsioni antidemocratiche”, facendo crescere l’attesa “messianica dell’uomo forte che tutto risolve”.
Per quasi la metà degli italiani, il 48% per la precisione, ci vorrebbe “un uomo forte al potere” che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni.
Non è tutto. I moltiplicati segnali di pericolosa deriva verso l’odio, l’intolleranza e il razzismo nei confronti delle minoranze trovano conferma nel senso comune: il 69,8% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno siano aumentati gli episodi di intolleranza e razzismo verso gli immigrati.
Eppure proprio gli stranieri sono sempre più funzionali al tessuto produttivo italiano: al primo semestre del 2019 i titolari di impresa nati all’estero che esercitano la propria attività nel nostro Paese sono 452.204 e rappresentano il 14,9% dei 3.037.661 titolari di impresa attivi in Italia.
Tornando al problema dell’odio, significativo come per il 58% degli intervistati sia aumentato anche l’antisemitismo.
Pur in questo clima, gli italiani restano convinti al 62% dei casi che non si debba uscire dall’Unione europea, ma il 25%, uno su quattro, è invece favorevole all’Italexit.
Se il 61% dice no al ritorno della lira, il 24% è favorevole e se il 49% si dice contrario alla riattivazione delle dogane alla frontiere interne della Ue, considerate un ostacolo alla libera circolazione di merci e persone, il 32% sarebbe invece per rimetterle.
Probabilmente a far disamorare gli italiani del sistema politico è anche l’incertezza per il sistema previdenziale, verso il quale aumenta il risentimento.
Per il 45,2% degli italiani l’età pensionabile non deve seguire l’andamento della speranza di vita, mentre per il 43,2% speranza di vita ed età del pensionamento devono camminare insieme.
Quasi 2 milioni di pensioni in Italia sono erogate da trent’anni o più (il 12% del totale), a fronte di una durata media di 24 anni.
Sono il riflesso di periodi in cui era più facile andare in pensione, che però oggi generano cosi significativi per la previdenza. Il 53,6% delle pensioni erogate in Italia è inferiore a 750 euro mensili.
Non sorprende allora che il 73,9% degli italiani siano d’accordo con la necessità di portare le pensioni minime a 780 euro al mese con risorse pubbliche.
Stenta poi a decollare il sistema sostenibile, specialmente tra i giovani. Nel 2018 erano quasi 8 milioni gli iscritti alla previdenza complementare, vale a dire il 34,3% degli occupati, ma la quota di iscritti scende al 27,5% tra i lavoratori millennial. Sono il 23,3% degli italiani dichiara di sapere bene che cosa sia la previdenza complementare (il 19,4% tra i 18-34enni).
In ambito sanitario, invece, il sistema pubblico non basta più: gli italiani sono costretti a rivolgersi al Servizio sanitario nazionale ma anche a operatori e strutture private, a pagamento.
In particolare, quasi una prenotazione su tre per prestazioni che dovrebbero essere garantite dal pubblico si “dirottano” poi sul privato.
Nel complesso, nell’ultimo anno il 62% degli italiani che ha svolto almeno una prestazione nel pubblico ne ha fatta anche almeno una nella sanità a pagamento: il 56,7% di chi ha un reddito basso e il 68,9% di chi ha un reddito di oltre 50.000 euro annui.
Ci si rivolge al di fuori del Ssn sia per motivi soggettivi, per il desiderio di avere ciò che si vuole nei tempi e nelle modalità preferite, sia per le difficoltà di accedere al pubblico a causa di liste d’attesa troppo lunghe.
I dati parlano chiaro: su 100 prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza che i cittadini hanno provato a prenotare nel pubblico, 27,9 sono transitate nella sanità a pagamento. Mentre su 100 visite specialistiche 36,7 finiscono nella sanità a pagamento, così come 24,8 accertamenti diagnostici su 100.
A influenzare l’umore degli italiani ci pensano poi i media. Secondo il Censis, cambiano gli umori a seconda dei mezzi di comunicazione: Gli “arrabbiati” si informano prevalentemente tramite i tg (il 66,6% rispetto al 65% medio), i giornali radio (il 22,8% rispetto al 20%) e i quotidiani (il 16,7% rispetto al 14,8%).
Tra gli utenti dei social network “compulsivi” (coloro che controllano continuamente quello che accade sui social, intervengono spesso e sollecitano discussioni) troviamo punte superiori alla media sia di ottimisti (22,3%) che di pessimisti (24,3%).
Per leggere le notizie scelgono Facebook (46%) come seconda fonte, poco lontano dai telegiornali (55,1%), e apprezzano i siti web di informazione (29,4%).
Facebook (48,6%) raggiunge l’apice dell’attenzione tra gli utenti “esibizionisti” (pubblicano spesso post, foto e video per esprimere le proprie idee e mostrare a tutti quello che fanno).
I “pragmatici” (usano i social per contattare amici e conoscenti) si definiscono poco pessimisti (14,6%) e più disorientati (30,7%). Mentre gli “spettatori” (guardano post, foto e video degli altri, ma non intervengono mai), sono poco pessimisti (17,1%).
(da agenzie)
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