RECESSIONE: COMMERCIO ED EDILIZIA I SETTORI PIU’ COLPITI
COSTRUIRE CASE E FREQUENTARE NEGOZI NECESSITA DI SOLDI DA SPENDERE CHE NON CI SONO… LO STATO PAZIENZA CHE NON AIUTI, MA CHE PENALIZZI CON STUDI DI SETTORE CHE ORMAI SONO SBALLATI PER IL 50% DEGLI ESERCIZI E’ TROPPO…NON POSSONO CONTINUARE A PAGARE AL FISCO SOMME PRESUNTE CHE NON INCASSANO NEANCHE
La crisi economica colpisce soprattutto le imprese del commercio e dell’edilizia.
Nei primi 9 mesi si registra un saldo negativo per oltre 30.600 unità nel commercio e di meno 142 nelle costruzioni ( nel 2007 c’erano state 9.500 aperture).
A denunciarlo è la Cgia di Mestre che ha analizzato l’andamento delle iscrizioni e delle cessazioni di attività delle aziende italiane presso le Camere di Commercio.
In sofferenza anche l’industria del mobile e degli alimentari: quello che preoccupa non sono tanto le chiusure, per certi versi in linea con quelle dell’anno scorso, ma il forte calo delle nuove iscrizioni. L’Italia è entrata in una fase di recessione, ci sono meno soldi da spendere, sia per frequentare i negozi, che per costruire case e appartamenti nuovi.
L’edilizia popolare che il Governo si era proposto di rilanciare è sempre nel libro dei sogni e il piatto piange.
I dati emersi dall’indagine non lasciamo spazio a dubbi. L’edilizia ha registrato un saldo negativo nei primi mesi di quest’anno pari a 142 aziende. Nel 2007 il settore segnava un attivo di 9.496 unità . Rispetto a poco più di 52.700 attività che hanno chiuso i battenti quest’anno, l’anno scorso sono state 1.150 in meno.
Anche nel commercio, a fronte di poco meno di 500 chiusure in più segnate quest’anno, il calo delle nuove iscrizioni è stato molto consistente.
Nel 2007 le nuove iscrizioni sono state 69.520 contro le 64.365 registrate quest’anno.
Un capitolo a parte riguarda poi la tassazione.
Da più parti si chiede al Governo di sterilizzare e rivedere gli studi di settore. Visto che non c’è lavoro è inutile calcolare redditi presuntivi che in realtà non esistono.
Le aziende sottoposte agli studi di settore sono in Italia circa 4,7 milioni.
Gli ultimi dati disponibili ci dicono che il 30% di queste è risultato non essere congruo con gli studi di settore e si è dovuto adattare alle richieste economiche avanzate dal fisco.
Con la crisi in atto si stima che i non congrui arriveranno a toccare la soglia del 50% del totale.
Ora delle due l’una: o il Governo dà un segnale di distensione sul fronte del fisco alle microimprese o è molto probabile che assisteremo a una chiusura di massa di molte piccolissime aziende con gravissime ripercussioni anche sul fronte occupazionale.
Non è chiaro perchè si debba intervenire per tutelare il sistema creditizio e non quello commerciale ed occupazionale, mantenendo tassazioni che sono fuori da ogni logica di mercato in questa fase economica.
Col risultato che per sopravvivere, verranno tagliati i posti di lavoro di commesse e ponteggiatori, categorie certamente con salari e stipendi non elevati.
Il sostegno dovrebbe semmai partire proprio dallo Stato in maniera congrua per le categorie più deboli, non certo per garantire gli utili agli istituti di credito ( che poi il credito lo negano, tra l’altro).
Se di emergenza si tratta lo sguardo va rivolto proprio a coloro che ne sono le prime vittime, inutile guardare la punta della piramide se sta per crollarne la base.
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