REGNA IL CAOS SUL VOTO REFERENDARIO ALL’ESTERO, L’ENNESIMO AUTOGOL DI SILVIO: FUORI DALL’ITALIA HANNO GIA’ VOTATO CON LE VECCHIE SCHEDE
SI TRATTA DI CIRCA 3,2 MILIONI DI AVENTI DIRITTO AL VOTO: SE NON SI CONTEGGIASSERO IL QUORUM SCENDEREBBE…. DI PIETRO PRONTO AL RICORSO IN CASSAZIONE
Fortuna cha quest’anno una copia della Costituzione ce l’hanno tutti sul comodino.
Da leggere ormai come un giallo: l’articolo 75 apre il sipario, per i referendum votano “tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati”, ma il brivido viene quando si considera che siccome i residenti all’estero hanno già imbucato le loro schede il 1 giugno rispondendo a quesiti sul nucleare diversi da quelli di domenica e lunedì prossimi, non è affatto chiaro se quei voti siano validi o meno , se la Cassazione possa stilettarli o se tocchi invece alla Corte costituzionale decidere il destino finale del referendum più strapazzato nella storia repubblicana.“La situazione è caotica, ogni passaggio svela aspetti inediti, nessuno può dire davvero come andrà a finire” è il giudizio del costituzionalista Gaetano Azzariti.
Che procede con passo felpato: “Supponiamo ci sia una grande partecipazione al voto, un’evidentissima volontà popolare: tutte le stranezze fin qui accumulate potrebbero trovare all’improvviso una soluzione definitiva — dice Azzariti —. Se invece i 3,2 milioni di residenti fuori confine fossero determinanti nel raggiungere il quorum, le ipotesi diventerebbero tante.
Primo caso: i comitati chiedono alla Cassazione di non tener conto del blocco estero, così da abbassare il numero totale degli aventi diritto.
Secondo caso: si chiede invece di considerare valido il voto perchè coincidente nella sostanza con il quesito bis (tesi appena espressa dalla stessa corte)”.
Ieri Di Pietro ha annunciato di aver già pronti i ricorsi da presentare in Cassazione domani e poi lunedì, a urne chiuse, per chiedere di escludere dal conteggio del quorum gli italiani residenti fuori confine.
Perchè, in un certo senso, il pasticcio governativo sul nucleare finirebbe per dare una mano ai referendari: eliminando in blocco la questione esteri, il quorum italico si abbasserebbe parecchio, mentre salirebbe la possibilità di vedere passare i quattro sì.
Ma, come in ogni buon giallo, è pronto a spuntare un finale a sorpresa: il governo potrebbe chiedere l’annullamento in toto del referendum.
Come? Se davvero passasse lo scorporo dei voti esteri, si potrebbe invocare il leso diritto dei concittadini che, pur essendosi espressi, vengono poi esclusi dal computo finale.
Se invece i voti venissero conteggiati nonostante la difformità della formula, verrebbe magari sottolineata la differenza tra i due testi costringendo ancora una volta i giudici a stabilire se conti più la volontà comune o la difformità dei quesiti.
Insomma un gran caos, con una soluzione semplicissima: “Basterebbe che Maroni dicesse una parola chiara — conclude Azzariti —. Visto che fin qui tutti i problemi sono nati da tardive azioni del governo sul nucleare, il ministro ha oggi tutta l’autorevolezza per indicare quale sarà l’atteggiamento dell’esecutivo di fronte ai dubbi del voto estero. Decreti legge improvvisati e ricorsi d’urgenza ci hanno portato fin qui, almeno una parola di chiarezza sul punto sarebbe un impegno serio davanti agli italiani”.
Ma le parole sul referendum scarseggiano.
In tv soprattutto, come ha ribadito spesso l’Agcom denunciando un vero e proprio bavaglio anti-voto.
E non pare ci sia gran voglia di prendere posizione nemmeno sul problema della scarsa affidabilità della macchina elettorale via posta.
Ieri, al question time, il ministro per i rapporti col Parlamento, Elio Vito , ha risposto a un’interrogazione su mezzo milione di plichi inviati in Germania: molte elettrici, che hanno assunto il cognome dei mariti o i cui cognomi erano stati mal trascritti, non li hanno ricevuti.“Tutto sistemato” ha replicato il ministro, aggiungendo che non risultano altri casi simili e che le nuove schede grigie saranno regolarmente presenti nei seggi italiani.
In realtà segnalazioni preoccupate sono giunte da più parti, tanto che lo stesso Casini — non esattamente un pasionario del referendum — ha invitato il governo a prestare maggiore attenzione al voto estero.
I precedenti pericolosi non mancano.
Nel 1999 il referendum per l’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni per la Camera fallì il quorum per circa 150mila voti: l’anno dopo, in occasione di un aggiornamento delle liste elettorali degli italiani all’estero, furono cancellati oltre 300 mila nominativi, defunti o irreperibili. Stavolta la cifra clou è 25.332.487: “Le tutele sono assai inferiori in questi contesti – conferma Alessandro Pace, costituzionalista -. E tutto si complica ora che tocca scegliere tra il rispetto del diritto, del suo valore anche formale, e il senso autentico della scelta democratica. Cioè: è chiaro che chi ha votato contro il nucleare sulla vecchia scheda dice la stessa cosa di un elettore antinuclearista con quesito riformulato, e bisognerebbe salvare la volontà espressa da entrambi più che fermarsi ai vincoli tecnici. Ma se poi una forzatura portasse a invalidare tutto, si sommerebbe la beffa al danno”.
Eccolo, dunque, il killer che si aggira tra le pieghe di una consultazione costretta a diventare battaglia politica: stressare norme e istituzioni fino al punto di non ritorno, ottenendo risultati opposti all’obiettivo democratico.
In fondo i cittadini desiderano solo essere ben informati ed esprimere un giudizio.
Ma non è così facile, specie se si è elettori della Lega: il partito ha stabilito ieri la libertà di voto, Bossi e Tosi dichiarano però che non andranno alle urne, Maroni attende gli eventi.
Sperando di non dover fare il cameriere-assassino.
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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