RENZI E UN SELFIE CON LA MERKEL SUL LAVORO
IL VERTICE CON I LEADER EUROPEI SENZA RISULTATI… UTILE PER DISTRARRE DAL CAOS AL SENATO
A cosa serve un vertice europeo che non produce documenti, decisioni, e che alcuni capi di governo (David Cameron) preferiscono disertare? Ovviamente a nulla.
Se non a garantire all’organizzatore, Matteo Renzi, applausi internazionali alla sua riforma del lavoro nel giorno più delicato.
La conferenza “ad alto livello” (la traduzione di high level sarebbe in realtà “di alto livello”) è così poco operativa che alla riunione di apertura dei ministri del Lavoro, quello italiano ospitante, cioè Giuliano Poletti, non si presenta neppure, impegnato in Senato a duellare con il Movimento Cinque Stelle.
“Le conferenze non risolvono problemi, servono solo a creare un clima”, riconosce Herman van Rompuy, presidente del Consiglio europeo in scadenza di mandato. L’umore di Renzi, incupito dal caos al Senato sulla riforma del Lavoro, è stato comunque rasserenato dal pomeriggio milanese: nei locali della vecchia fiera, uno dopo l’altro, sono arrivati ministri, capi di governo, istituzioni europee.
E quelli importanti si sono prestati a diventare testimonial del renzismo per un giorno. Il socialista Martin Schulz, appena rieletto al Parlamento europeo anche coi voti del Pd italiano, parla di governo “fantastico”.
Il premier è abile a spremere ogni stilla comunicativa da una chiacchierata pomeridiana di meno di tre ore.
Renzi fa anche trasmettere in streaming l’inizio della discussione, cosa abbastanza inusuale, giusto il tempo di far capire che ha confidenza con tutti i capi di governo e che è lui a gestire la riunione: “Possiamo cominciare? Benvenuti a Milano”.
In conferenza stampa il premier ha l’aria accigliata, furioso per il caos in Senato.
Ma si gode il momento: con lui ci sono Van Rompuy, Schulz, il presidente uscente della Commissione Josè Barroso, Angela Merkel e Franà§ois Hollande.
L’esclusione degli altri si può giustificare perchè le due precedenti conferenze sull’occupazione (altrettanto produttive di quella di ieri) si erano tenute a Berlino e Parigi.
La cancelliera tedesca è alle prese con la frenata dell’economia, la produzione industriale è crollata del 5,7 per cento ad agosto, e con la Bundesbank, la sua banca centrale, che ormai attacca pubblicamente la Bce di Mario Draghi.
Hollande ha una popolarità al 13 per cento e sta lavorando a una legge finanziaria per il 2015 che probabilmente sarà bocciata da Bruxelles perchè non riduce il deficit, arrivato al 4,4 per cento del Pil.
“Non abbiamo parlato di budget”, premette Hollande per chiarire che non si è trattato di un processo a Parigi, ma “la Francia vuole usare tutte le flessibilità previste dal patto di stabilità , faremo 21 miliardi di risparmi e li useremo anche per ridurre il costo del lavoro”.
La Merkel non cede di un millimetro: “Renzi e Hollande hanno annunciato riforme importanti, come Consiglio europeo abbiamo deciso di rispettare il Patto di Stabilità e crescita, ci sono flessibilità previste, la Francia ha detto di rispettare i propri impegni, sono fiduciosa che tutti rispetteranno le promesse”.
Ma la pressione sulla Germania sta salendo, anche il capo del dipartimento fiscale del Fondo monetario, Kenneth Kang, ha suggerito che i “fondi europei vengano usati per investimenti pubblici a livello nazionale” (a Kang il Jobs Act piace).
Su questo arriva un’apertura quasi sorprendente della Merkel: “Siamo pronti ad affrontare il problema dei soldi per il co-finanziamento che finiscono nel deficit”.
In pratica: i Paesi devono poter spendere la loro quota in progetti finanziati dall’Europa senza veder peggiorare i propri conti pubblici.
Con i tempi europei ci vorranno mesi prima di vedere dichiarazioni più specifiche, come minimo fino al Consiglio europeo di dicembre quando la nuova Commissione di Jean Claude Juncker presenterà i dettagli del suo piano da 300 miliardi.
Nel frattempo i 28 Paesi devono mandare a Bruxelles le leggi finanziarie per il 2015. Renzi sa di essere guardato con un po’ di diffidenza, soprattutto per la scelta di rinviare il pareggio di bilancio al 2017, e quindi ripete per l’ennesima volta: “Abbiamo un problema di reputazione e quindi ritengo giusto per l’Italia rispettare il vincolo del 3 per cento, non mi intrometto nelle scelte di altri Paesi , come la Spagna e la Francia”.
Sì, perchè se qualcuno deve essere bocciato, sarà Hollande.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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