RIFIUTI NUCLEARI IN ITALIA, DOVE SONO, QUALI REGIONI NE OSPITANO DI PIU’ E QUANTO SONO AUMENTATI
IL MINISTRO PICHETTO FRATIN: “IL NUOVO DEPOSITO SARA’ ATTIVO DAL 2039
Il futuro del nucleare in Italia si fa sempre più vicino. Secondo il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, entro il 2029 potrebbe arrivare il via libera per l’Autorizzazione unica, con il deposito nazionale di scorie nucleari già operativo dal 2039. A dirlo è lo stesso ministro che questa mattina ha tenuto
un’audizione sullo smaltimento delle scorie nucleari e sull’individuazione delle aree idonee allo sviluppo di impianti per la produzione di energie rinnovabili, davanti alle Commissioni riunite Attività produttive e Ambiente della Camera. Temi che rientrano nel disegno di legge sul nucleare, voluto dal governo. «Due temi caldi – sottolinea Pichetto Fratin – che animano i territori e le comunità locali, preoccupati da un senso di minaccia». Per questo, aggiunge, «servono voci autorevoli che calmino gli animi e riportino il dibattito sui giusti binari».
Rifiuti a bassa e molto bassa attività
La strategia nazionale prevede che, all’interno del Deposito nazionale, siano smaltiti in via definitiva i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, provenienti da attività industriali, di ricerca, medico-sanitarie e dalla pregressa gestione degli impianti nucleari. Poi, spiega il ministro, accanto al deposito nazionale verrà realizzato un parco tecnologico: un centro di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico «dotato di strutture comuni per i servizi e per le funzioni necessarie alla gestione integrata delle attività operative» in cui «si svolgeranno studi nei settori dell’energia, dello sviluppo sostenibile, della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato».
Revisione delle aree idonee
Alla luce delle contestazioni arrivate dopo la pubblicazione delle 51 aree idonee nei quali potrebbe essere realizzato il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, il ministro ha chiarito che si sta procedendo «ad una revisione rapida del decreto Aree idonee che sottoporremo alla valutazione dei ministeri concertanti
dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste e della Cultura, e delle alle Regioni, nel più breve tempo possibile».
Se non si raggiunge un’intesa
Al momento «non è arrivata nessuna autocandidatura da parte degli enti locali, né dal Ministero della Difesa per eventuali strutture militari, per ospitare il Deposito Nazionale». Per questo, se dopo vari incontri e confronti con i territori non si dovesse trovare un accordo sul sito, «la decisione – spiega il ministro Pichetto Fratin – sarà presa con un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei Ministri, a cui parteciperà anche il presidente della Regione coinvolta».
I depositi in uso
È stato poi fatto il punto sugli impianti italiani che attualmente conservano rifiuti radioattivi, combustibile esaurito e altre materie nucleari, destinati in futuro a essere trasferiti nel Deposito Nazionale. Tra questi figurano le quattro ex centrali nucleari in decommissioning (Caorso, Trino, Garigliano e Latina), quattro impianti del ciclo del combustibile, il reattore Ispra -1 presso il Centro Comune di Ricerca di Ispra, e sette centri di ricerca nucleare, tra cui Enea Casaccia, il Centro Studi Nucleari Enrico Fermi e le università di Pavia e Palermo. A questi si aggiungono i centri del Servizio Integrato (quattro attivi e uno non più operativo) e un deposito del Ministero della Difesa, gestito dal Cisam.
Oltre 32mila metri cubi
Sempre secondo il ministro – che recupero in audizione alcuni
dati pubblicati da Isin -in Italia, al 31 dicembre 2023, si registravano complessivamente circa oltre 32mila metri cubi di rifiuti radioattivi, con un aumento di circa il 5% rispetto all’anno precedente. La maggior parte di questi rifiuti appartiene a tipologie a bassa e molto bassa attività. Dal punto di vista territoriale, il Lazio si conferma la regione con il volume maggiore di rifiuti radioattivi, detentore di 10.549 metri cubi, pari al 32,30% del totale nazionale. Seguono la Lombardia con 6.435 metri cubi (19,70%) e il Piemonte con 5.971 (18,28%). Invece, in termini di radioattività totale, che comprende rifiuti radioattivi, sorgenti dismesse e combustibile irraggiato, il Piemonte figura come la regione con la maggiore concentrazione, rappresentando il 79,30% del totale nazionale.
(da agenzie)
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