RIMANE IL MAL DI PANCIA TRA DI MAIO E CONTE IN ATTESA DI UN VERTICE
ZINGARETTI FA LA FIGURA DI QUELLO CHE HA PIU’ BUON SENSO… DI MAIO HA PORTATO IL M5S DALLA “LOTTA AI PRIVILEGI” ALLE MARCHETTE ALLA LOBBY DI COMMERCIANTI, AUTONOMI E IMPRENDITORI
Il limite della sopportazione lo fissa Nicola Zingaretti alle otto e mezza di sera, quando sulla manovra si è consumata un’altra giornata di tensione.
Tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio è calato il gelo. Per dirne una: il vertice di maggioranza di lunedì a palazzo Chigi, che i grillini hanno caricato di condizioni ultimative, a sera non era ancora stato convocato dal premier.
Il segretario del Pd è negli studi televisivi di La7, ospite di ‘Non è l’Arena’. Va dritto al punto: “Diciamo agli alleati che si può andare avanti, ma nessuno ricominci a mettere le bandierine sulle identità perchè gli italiani sono stanchi e non sono dei coglioni. Bisogna mantenere la parola sennò si arrabbiano e ci sarà una rivolta”.
La manovra non è ancora scritta e si trova già a scontare il peso della ripartenza: l’intesa politica dentro alla maggioranza da ridiscutere, a cascata le misure da ricalibrare. Il primo giro è andato a vuoto. Generando fibrillazioni e ultimatum.
Le parole di Zingaretti puntano dritto a quella che è diventata la cifra politica ed emotiva della manovra: la polemica. “Se in questo governo – insiste – qualcuno si illude che può dire che ‘siamo d’accordo’ ma poi fa polemiche, l’interesse ad andare avanti viene meno”.
Dopo una gestazione con pochissimi screzi, fatta eccezione per le divisioni sul ritocco all’Iva, le dinamiche degli ultimi giorni hanno consegnato una maggioranza divisa e in grande affanno.
Le tre condizioni dettate oggi da Di Maio per il via libera – manette ai grandi evasori, stop alla stretta sulle partite Iva e niente multe per i Pos – rimandano ai giorni turbolenti delle grandi tensioni interne al governo Lega-M5s. I renziani insistono sullo stop alle mini-tasse, con Matteo Renzi che tuttavia ha messo il governo al riparo dal rischio caduta, quantomeno per ora. Seppure con toni e pesi differenti, è polemica su un testo che tra l’altro è ancora fermo sulle scrivanie dei tecnici del Tesoro per essere scritto.
Il Pd è sulla linea di Conte, vuole cioè frenare l’emorragia della polemica e portare il testo della manovra in Parlamento. Lì ci sarà spazio per qualche modifica, ma l’impianto e i saldi – è la linea dei dem – non possono essere stravolti.
Solo che Di Maio e i suoi continuano a puntare i piedi: vogliono un altro accordo politico, muovendo da un diverso settaggio di alcune misure. I 5 stelle sono in pressing sul premier per provare a correggere il tiro di alcune decisioni che hanno fatto infuriare una parte importante del proprio elettorato: piccoli imprenditori, commercianti e artigiani.
Di Maio è partito dall’evocare un nuovo Consiglio dei ministri, per poi virare su un vertice di maggioranza. Il presidente del Consiglio ha risposto picche al primo, ha aperto al secondo. Ma tra i due i rapporti sono ai ferri corti, secondo quanto riferiscono alcune fonti di governo. Il capo politico dei 5 stelle è tornato ad evocare il vertice di maggioranza per ben due volte oggi, dicendosi soddisfatto del fatto che la riunione è in programma lunedì. Conte è rimasto in silenzio tutto il giorno e alle otto di sera quattro dei partecipanti al tavolo di palazzo Chigi spiegavano ad Huffpost che il vertice ballava ancora.
La partita sulla manovra è tutta politica. Sullo sfondo ci sono i nodi tecnici su cui si sta provando a trovare una mediazione. Sulle multe agli esercenti che rifiuteranno i pagamenti con il bancomat o la carta di credito, la direzione va verso un alleggerimento della sanzione pari a 30 euro più il 4% del valore della transazione. Questo 4% potrebbe essere diminuito o cancellato.
I pentastellati lamentano poi una stretta dannosa sulle partite Iva con un reddito compreso tra 0 e 65mila euro. Le norme anti-abusi, che mirano a scovare le partite Iva realmente destinatarie della flat tax al 15%, per i 5 stelle restringono troppo il perimetro dell’efficacia della misura.
Una misura, tra l’altro, voluta e votata con la Lega al governo. La strada che si tra provando a sondare è quella di lasciare il forfettario al 15% fino a 30mila euro, per poi applicare la cosiddetta contabilità analitica per il restante pezzo di reddito. Sulle manette agli evasori, il ministro della Giustizia in quota 5 stelle Alfonso Bonafede annuncia che il provvedimento sarà portato al tavolo del Consiglio dei ministri convocato lunedì sera. “Il pacchetto è pronto”, annuncia.
Ma quello che non è pronto è il tavolo che conta a palazzo Chigi. Chi si siederà intorno porterà rivendicazioni, tensioni, volontà precise. La manovra deve ancora vivere il suo passaggio definitivo.
(da “Huffingtonpost”)
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