RINO FORMICA: “È UN GOVERNO DI RASSEGNATI, CEDONO ALLA PRIMA PROTESTA SU QUALUNQUE DECISIONE”
“PRIMA SI DICEVA: LO VUOLE L’EUROPA. ORA DICONO: NON POSSIAMO FARLO PERCHÉ L’EUROPA SI DISTACCHEREBBE DA NOI. LE RIFORME? NON SONO IN GRADO DI FARLE. PERCHÉ NON RISPONDONO A UN DISEGNO POLITICO. SONO STRUMENTALIZZAZIONI”
Sostiene Rino Formica: «mai si era visto un governo che nelle sue decisioni negasse del tutto gli impegni assunti durante la campagna elettorale, mai. Ed è un governo di rassegnati. È bastata una timida ribellione dei gestori degli impianti di carburante a fargli dire, vabbe’, rivediamo tutto».
Rino Formica: «Nel giro di 48 ore sono si sono rassegnati davanti alla prima protesta. Tra l’altro una protesta corporativa, la stella del ministro dell’Economia ha avuto l’abilità di negare e di rinnegarsi nel giro di poche ore».
“Il governo porterà il Paese ad una rassegnata acquiescenza verso decisioni sovranazionali: ogni giorno perderemo peso ed importanza. Saremo trascurati e l’unica speranza è che il trattamento sia compassionevole».
I primi tre mesi cosa le suggeriscono?
«Prima si diceva: lo vuole l’Europa. Ora dicono: non possiamo farlo perché l’Europa si distaccherebbe da noi».
Margini finanziari risicati: si rifaranno con le riforme politiche?
«Non sono in grado di farle. Perché sono riforme che non rispondono ad un disegno politico. Sono strumentalizzazioni. Prendiamo il presidenzialismo, servirebbe soltanto ad eliminare un punto di equilibrio come l’attuale Presidente della Repubblica».
Il consenso virtuale dei sondaggi per Meloni è alto: durerà?
«A medio termine non me la sentirei di escludere un governo con una parte della destra e una parte della sinistra. In Italia soluzioni di questo tipo non arrivano per un compromesso politico ma per necessità di sopravvivenza delle nomenclature. E d’altra parte credo che dopo 30 anni sia arrivato il momento di chiarire il non-detto che è alla base della nascita della Seconda Repubblica».
Sarebbe a dire?
«La reciproca legittimazione tra destra e sinistra. Tra marzo e aprile 1993, col voto segreto su Craxi, l’uscita dei ministri del Pds dal governo Ciampi, l’assalto all’Hotel Raphael, le bandiere nere di Buontempo e quelle rosse di Occhetto si salda l’antisocialismo sicuramente presente nella società italiana. E si stringe un patto. La destra riconosce che il suo anticomunismo non si spinge sino a battersi perché i comunisti possano andare al governo e la sinistra, da una parte accetta che il fascismo abbia una legittimità costituzionale, dall’altra si accredita con il moderatismo sociale».
Ora è in campo il Pd: ce la farà a rimettersi in piedi?
«Un partito che si interroga se il segretario debba essere eletto dai militanti o dai cittadini che passano in quel momento davanti ad un computer, è un partito in deperimento».
«I partiti populisti sono morti, ma in Italia il populismo è vivo. La stessa discussione nel Pd cos’ è? Partito o movimento? la sinistra esiste per cambiare sul serio: sul piano politico, sociale e sindacale, altrimenti non ha senso. Per ora non vedo grandi capacità di ripresa in una forza come il Pd ”
(da La Stampa)
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