RITRATTO DI RAFFAELE MARRA, IL RASPUTIN DEL CAMPIDOGLIO
IL CAPO DEL PERSONALE, DA ALEMANNO A BRACCIO DESTRO DEI CINQUESTELLE
Aveva accumulato così tanto potere, Raffaele Marra, all’ombra di Virginia Raggi, da conquistarsi sin dagli albori dell’avventura grillina al governo di Roma l’appellativo, non proprio lusinghiero ma certo eloquente, di Rasputin del Campidoglio.
Del monaco russo che influenzava le scelte politiche e militari dello Zar Nicola II aveva infatti mutuato non solo l’attitudine a indirizzare tutte le decisioni strategiche dell’amministrazione comunale, suggeritore e consigliere principe della sindaca capitolina, ma anche il pizzetto bruno che ha cominciato a coltivare non appena asceso al ruolo di vice-capo di gabinetto.
Nient’altro che il primo step di una carriera ben piu sfolgorante, per l’ambizioso dirigente sbarcato a palazzo Senatorio nel 2008, al seguito di Gianni Alemanno e del potentissimo ex tesoriere Franco Panzironi, ora a processo per Mafia Capitale.
Mire che tuttavia lo hanno perduto, spingendolo a comportarsi – complice una sindaca che lo ha sempre difeso – come un monarca assoluto, in grado di decretare la vita e la morte di assessori (Marcello Minenna) e “colleghi” (dalla giudice Carla Raineri, che era il suo capo, ai tanti comunali epurati).
Un potere inspiegabile e incontrastato che ha cominciato a vacillare solo quando la base grillina ha cominciato a mugugnare, con Roberta Lombardi arrivata persino a definirlo, a metà settembre – dinnanzi all’ennesima bufera sulle nomine – “il virus che ha infettato il movimento”.
Marra però, e con lei Virginia Raggi, è rimasto impassibile. E soprattutto inamovibile. Giusto trasferito, ma solo come pro forma, alla guida del Dipartimento Personale, altra casella fondamentale, le cui deleghe sono tra l’altro rimaste in capo alla sindaca. La quale, come non bastasse, nel corso di una drammatica riunione con i consiglieri di maggioranza che ne chiedevano la testa, sbottò perentoria: “Se se ne va Marra, mi dimetto io”.
Classe 1972, Marra nasce come militare alla Guardia di Finanza.
Ultimo di tre fratelli, Catello e Renato, anche loro arruolati nelle Fiamme Gialle, poi da tutta la famiglia abbandonate.
Scuole alla Nunziatella di Napoli, svariate lauree in materie giuridico-economiche, entra nei ranghi delle Finanza nel 1991. Dove però incorre in una serie di incidenti, legate anche alla sua sfrenata passione per gli aerei, che gli fanno guadagnare la diffidenza dei vertici.
Decide quindi di cambiare aria e nel 2006 – grazie ai buoni uffici di monsignor Giovanni D’Ercole, attuale vescovo di Ascoli – accede alla corte di Gianni Alemanno, allora ministro dell’Agricoltura.
Gli fa da portaborse per un po’, quindi vince un concorso al Centro ricerche in agricoltura, che dipende dal ministero, per poi approdare all’Unire diretto da Franco Panzironi.
Sono loro che, espugnato il Campidoglio nel 2008, lo reclutano come dirigente comunale.
Per un paio danni va tutto bene, Marra dirige il Dipartimento Patrimonio e Casa, ma smania, si sente sottoutilizzato, ieri come oggi punta al gabinetto del sindaco: Alemanno però lo stoppa, dirà poi che non gli piacevano “le sue manie di protagonismo”.
Il dirigente la prende male e nel 2010 se ne va: in RAI, assistente del direttore generale Mauro Masi.
Ancora una volta il centrodestra è la chiave che gli apre tutte le porte. Anche qui tuttavia dura poco.
E nel 2011 sbarca alla Regjone Lazio guidata da Renata Polverini, con un incarico da capo dipartimento, subito contestato dagli interni, che gli costerà pure un’inchiesta della Corte dei conti. Purtroppo l’avventura dell’ex sindacalista Ugl si interrompe e Marra deve far ritorno in Campidoglio.
Dove pero, e siamo all’estate 2013, le elezioni le vince il pd Ignazio Marino e lui viene confinato in una posizione marginale: si attrezza perciò alla resistenza, chiede l’aspettativa e per due anni svolge un dottorato di ricerca a Salerno.
Senza tuttavia rinunciare a fiutare a l’aria. Insieme a Salvatore Romeo, funzionario comunale diventato nel frattempo suo grande amico, punta i 4 consiglieri Cinquestelle allora all’opposizione:
Soprattutto Daniele Frongia, ora vicesindaco, e Virginia Raggi. A loro fornisce una serie di documenti per mettere in difficoltà la maggioranza di centrosinistra e denunciare gli sprechi del Campidoglio.
Nasce un sodalizio che, questa estate, lo porterà alla cloche di comando della capitale d’Italia. Il Rasputin del Campidoglio.
(da “La Repubblica”)
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