SALVINI CRITICA LE “REGOLE” DEL REDDITO DI CITTADINANZA, MA LUI DOV’ERA QUANDO SONO STATE APPROVATE?
AL GOVERNO C’ERA LUI CON LA LEGA E NON HA DETTO UNA MAZZA
Approvare tutto e poi contestare tutto. È questa la prassi. Oggi Matteo Salvini, venendo a conoscenza del reddito di cittadinanza percepito dalla famiglia dei fratelli Bianchi e degli altri accusati del pestaggio e dell’omicidio del giovane Willy Monteiro Duarte a Colleferro, ha contestato le regole che hanno portato alla concessione del sussidio, chiedendo le dimissioni del presidente dell’Inps Tridico.
Dimentica, forse, che quella legge (con quel regolamento) sia stato approvato da un governo di cui lui non solo faceva parte come Ministro dell’Interno, ma era anche vicepremier. Insomma, la posizione di Salvini contro reddito di cittadinanza è molto ambigua, per usare un eufemismo.
Perchè era chiaro fin dall’inizio, bastava leggere il testo della legge.
I controlli sui singoli richiedenti — dopo quelli più facilmente individuabili, come il reddito, l’Isee e l’eventuale posizione lavorativa — viene effettuato solo dopo molto tempo.
E non di certo attraverso le bacheche social, da cui appare evidente come i fratelli Bianchi (parlando di loro solo per contingenza di cronaca) tenessero un tenore di vita che poco si confaceva alle loro dichiarazioni di nullatenenti.
Insomma, chi ha approvato quella legge dovrebbe saperne e conoscerne il funzionamento. E non basta dire che la Lega ha approvato quel sussidio come merce di scambio per ottenere il sì ai decreti sicurezza, altrimenti si fa la fine di Ajeje Brazorf nel film di Aldo, Giovanni e Giacomo ‘Tre uomini e una gamba’.
«Ma io neanche ci volevo salire, mi hanno tirato su». Questo è un film, quindi finzione. La politica è (o dovrebbe essere) altro.
(da agenzie)
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