SALVINI DAVANTI ALLA SCELTA: O ACCETTA LA MEDIAZIONE SU SAVONA O SI VOTA A FINE LUGLIO
L’IPOTESI DEL VOTO IN AUTUNNO NON C’E’ PIU’… MOLTI LEGHISTI PRESSANO SALVINI PERCHE’ ACCETTI, LA BASE DI IMPRENDITORI E ARTIGIANI DEL NORD TEME PER I LORO AFFARI
In questa crisi più irrituale del mondo, nei tempi (biblici), nella girandola di incontri (informali) al Quirinale, nei radicali cambi di linea di Di Maio, passata in due giorni dalla richiesta di impeachment allo “spirito di collaborazione” verso Quirinale, in questa crisi che tocca quasi i 90 giorni, dicevamo, a questo punto la questione si può riassumere così: o Matteo Salvini accetta la proposta (di mediazione) che gli è stata formulata dal leader M5S — potremmo dire: con l’alto patrocinio del Colle – oppure si vota.
A fine luglio, o la prima domenica di agosto.
Ventiquattr’ore per decidere. Il tempo ancora concesso dal Colle per consentire l’ultimo (così pare) tentativo di negoziato politico.
La proposta è un governo in cui Paolo Savona può anche esserci, in modo che comunque il leader della Lega possa salvare la faccia, ma non all’Economia, il ministero cruciale nei rapporti con l’Europa.
Un’ipotesi, molto accreditata, è il cosiddetto “spacchettamento” dell’Economia, col professore euroscettico che andrebbe alle Finanze, e il Bilancio occupato da una figura più rassicurante sul tema dell’Europa e del rispetto dei trattati internazionali, non fautore di un “piano B” di uscita dall’Euro.
È l’idea dei Cinque Stelle che, per la prima volta, hanno formalmente chiesto un “passo indietro” di Savona.
E su cui è in atto un pressing anche di un pezzo della Lega, non del tutto granitica sull’idea di far saltare tutto.
Non è solo questione di nomenklatura, perchè c’è una parte larga del mondo produttivo del Nord — artigiani, imprenditori, categorie — che in queste ore ha espresso più di una preoccupazione per il ritorno al voto in un clima da default annunciato del paese, con lo spread che vola, gli investitori che fuggono e i mercati che prezzano alto il rischio Italia.
Ecco, è questa l’alternativa: o un governo politico o voto.
Con Carlo Cottarelli chiamato a portare il paese alle urne. Subito, non a settembre.
È il modo per stringere Salvini, caricando la sua scelta di una responsabilità storica. E svelando quello che i Cinque stelle, in un clima di tensione e sfiducia verso il potenziale alleato, chiamano politica del bluff: “Ha continuato a proporre — dice una fonte vicina a Di Maio — ‘Savona o morte’, perchè la verità è che non vuole fare il governo. Ci risulta che ha lasciato cadere anche la proposta di Forza Italia che, spaventata dal ritorno al voto, ha suggerito di tentare la strada di un incarico a lui. Ora vediamo a che gioco gioca”.
Finora ha giocato a tornare al voto, forte dei sondaggi che fotografano uno “svuotamento” di Forza Italia a suo favore.
Si legge così la proposta del voto a ottobre, con una “non fiducia tecnica”, da realizzare attraverso un gioco di astensioni o uscita dall’Aula, consentendo — sempre che qualcuno voti la fiducia — al governo di partire e portare il paese al voto a ottobre, in modo ordinato, e non a luglio.
La soluzione apparentemente di buon senso, in realtà è una mossa tattica perfetta, dal punto di vista del leader della Lega, nel caso lo scenario si realizzasse.
Perchè, dopo aver fatto saltare il banco di un governo politico, agevola la formazione di un governo rispetto al quale comunque terrebbe Salvini con le mani libere, riservandosi di farne un bersaglio quando inizierà la campagna elettorale.
E nel frattempo consente di intavolare la vera discussione che gli sta a cuore: una riforma della legge elettorale che prevede un premio alla lista che arriva prima o un doppio turno sul modello dei comuni.
Ecco, questa ipotesi non c’è più. perchè i Cinque stelle sono orientati per una dichiarazione di sfiducia a Cottarelli.
Il che renderebbe impossibile la nascita del governo, a meno che non lo votino Pd e Forza Italia che, a quel punto, si impiccherebbe al cappio leghista.
Ancora ventiquattr’ore. Il Quirinale attende. Cottarelli attende, con grande spirito di servizio e senso dello Stato.
Salito al Colle anche oggi per un colloquio informale, si è detto disponibile ad aspettare per favorire la nascita di un governo politico. la sua lista di ministri è pronta, nel cassetto. Se dovesse cacciarla, significherebbe che si vota il 29 luglio.
Il Viminale ha fatto i conti. È possibile, purchè lo scioglimento avvenga entro il 14 luglio. Se invece Salvini cede, il nuovo governo potrebbe giurare il 2 giugno, il giorno della Festa della Repubblica, in cui qualche giorno fa era stata convocata una piazza contro il Quirinale.
Non male, nella crisi dei tanti paradossi, la più irrituale del mondo.
(da “Huffingtonpost”)
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