SALVINI TIENE INSIEME LA LEGA FINO A CHE GARANTISCE POLTRONE, MA DI AMICI NE HA POCHI
ECCO UN QUADRO DELLE POSIZIONI INTERNE AL CARROCCIO
Salvini riesce a sedare i pur persistenti dissensi interni – a partire dall’euro e dalla svolta lepenista- grazie ai successi elettorali.
Non è un mistero che i gruppi parlamentari, anche dopo la mini scissione di Tosi, non sono a maggioranza salviniana.
E ci sono aree di dissenso più o meno esplicito anche sui territori.
E così l’altro Matteo rischia di trovarsi a condividere con Renzi gli stessi pregi – la forza mediatica, il consenso – ma anche gli stessi problemi di controllo del partito in Parlamento e a livello locale.
In Parlamento nelle liste 2013 sono entrati solo due salviniani doc: il capogruppo al Senato Gian Marco Centinaio e il deputato Stefano Borghesi.
Vicino al leader anche il giovane capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga, che però si trova a gestire un gruppo che non nasce affatto salviniano.
Per fare due nomi, Davide Caparini e Paolo Grimoldi sono due deputati di peso della Lombardia ma lontani dal “Capitano” (che nelle scorse settimane ha azzerato il congresso della potente Lega lombarda proprio per evitare la probabile vittoria di Grimoldi).
Nel mezzo si trova Giancarlo Giorgetti, uno degli uomini più potenti in Lega, ascoltato da tutti e lanciato nel 2013 dai colonnelli maroniani come leader al posto di Salvini.
Lui rifiutò, preferendo restare nel back stage, anche per la sua scarsissima attitudine mediatica. Ora è un punto di equilibrio, in Parlamento e nel partito.
In Senato nel cerchio del leader ci sono, oltre a Centinaio, Raffaele Volpi (che però potrebbe perdere la guida del progetto sudista dopo gli ultimi negativi risultati alle urne), Johnny Crosio e Stefano Candiani, varesino, già fedelissimo di Maroni. Rapporti molto tiepidi con il presidente del Copasir Giacomo Stucchi, che lo aveva sfidato nel 2013 per la leadership.
Mentre Calderoli gioca la sua partita da cane sciolto, comunque fedele alla Ditta leghista.
Anche sui territori Salvini non se la passa bene.
In Veneto la Lega è ancora commissariata dopo il ciclone Tosi, e ormai Zaia è padrone incontrastato.
In Piemonte l’ex governatore Roberto Cota, leader della Lega regionale, è considerato distante dal leader, così come Sonia Viale in Liguria (mentre l’altro big ligure Edoardo Rixi è uno dei fedelissimi del Capitano).
Dissensi anche nelle aree lombarde di Mantova-Lodi-Cremona (dove è molto forte l’assessore lombardo Gianni Fava, ex maroniano di ferro) e a Bergamo, mentre a Varese i padroni del Carroccio sono Giorgetti e Maroni.
Col governatore Lombardo, i rapporti sono altalenanti.
Bobo soffre la scarsa visibilità , e, raccontano rumors leghisti, non sopporta le invasioni di campo di Salvini sulle questioni di Regione Lombardia, dove il segretario può contare sui fedelissimi Massimiliano Romeo (capogruppo al Pirellone) e sull’assessore Claudia Maria Terzi.
In Emilia il luogotenente di Salvini è l’ex candidato governatore Alan Fabbri, mentre in Romagna governa il deputato Gian Luca Pini vicinissimo a Giorgetti, e molto critico sulla vicenda dell’espulsione di Tosi.
In Toscana, infine, l’uomo forte è il fedelissimo Manuel Vescovi, mentre a Bruxelles il leader può contare sull’attivissimo Lorenzo Fontana, ufficiale di collegamento con i partiti di estrema destra con cui la Lega ha appena formato il nuovo gruppo anti-euro.
Una geografia a macchia di leopardo, dunque.
Per un Carroccio che, al di là della forza mediatica, non ha ancora trovato un equilibrio politico stabile.
Il correntone degli ex collonnelli maroniani Giorgetti, Fava, Stucchi e Pini, dopo i successi alle urne ha fatto una forte apertura di credito verso il leader.
Ma Salvini, riferiscono fonti leghiste, resta molto legato al suo cerchio magico, con cui governa il partito in stile renziano.
Chi sono i Boschi e Lotti di Salvini?
Gianluca Morelli, capogruppo al Comune di Milano, l’instancabile addetto ai social Luca Morisi e il capo segreteria Eugenio Zoffili.
Un cerchio magico accusato dal correntone di guidare la Lega in modo autoritario.
E tuttavia, a differenza del Pd, non c’è un dissenso strutturato in correnti in grado di andare al di là del controllo di singoli territori.
Un punto di forza innegabile per Salvini. Il quale, raccontano, si lascia spesso consigliare da Giorgetti, con cui però rimane una forte distanza su temi come l’euro e il sodalizio con Putin.
Nel partito in tantissimi sperano che questo momento magico duri a lungo. Ma i più esperti avvertono: “La tv e i social non bastano, per diventare forza di governo serve una squadra all’altezza”.
Al di là dei proclami, per diventare forza nazionale, la strada resta lunghissima.
(da “Huffingtonpost“)
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