SCURDAMMOCE O PASSATO
UNA RECITA SENZA ANIMA, DI MAIO SEMBRAVA USCITO DAL MUSEO DELLE CERE CON POLTRONA INCORPORATA … NEANCHE UNA SANA FINZIONE DEL MATRIMONIO DI NECESSITA’
La faccia, guardategli la faccia. Non sorride mai, Luigi Di Maio. E non parla. Proprio così, neanche qualche sussurro di complicità con Dario Franceschini, seduto alla sua sinistra sui banchi del governo.
Che imbarazzo in quelle labbra sottili, morse fino a fare sparire, per tutto il discorso del premier, quasi castrista nei tempi.
Alla fine, Sergio Battelli, pentastellato tosto, esce dall’Aula. E inspira forte, con entrambi i polmoni. Poi sputa l’aria: “Sono come il vino che ha bisogno di decantare. È tutto surreale. Quelli che stavano con noi ci insultano, quelli che ci insultavano ci applaudono. È surreale”.
Ritorniamo indietro, alle mani di Giggino, che mai si concedono un applauso, compostamente poggiate su qualche foglio appoggiato sul banco. Solo un anno fa l’avvocato del popolo gli chiese il permesso di dire alcune frasi, prima di iniziare.
Adesso ha l’aria dell’estraneo in casa. Resta immobile quando dai banchi del Pd scrosciano applausi, nei passaggi più di sinistra, sia pur generici. Imperturbabile quando dai banchi dei Cinque Stelle partono sui titoli del loro programmi.
Fa obiettivamente effetto questo amalgama che non c’è.
Ecco Stefano Buffagni, uno che a questa operazione è sempre stato contrario: “Quando usciremo da qui ci riempiranno di insulti. Ma come la spieghi questa roba? Quelli del Pd che, a tratti, sembravano ultras di Conte, gli altri che ci urlano ‘poltrone, poltrone’…”
Parliamoci chiaro: magari è presto per esprimere un giudizio, ma la giornata ha il sapore di una recita senz’anima.
Vivaddio, qualcuno dà il titolo con una frase. È Antonello Giacomelli, vecchia volpe che si occupò di comunicazioni ai tempi del Nazareno: “È evidente che sarà un casino, ma almeno non c’è più il ‘pazzo’”.
È chiaro a chi si riferisce (Salvini, ndr), in fondo il senso della manovra è tutto qui. E poi si vede. I due “popoli” restano distinti, distanti, pieni di riserve, perchè la rimozione non basta per fare l’impasto. Rimozione enorme, “scurdammoce o passat”, affogata in un’orgia di retorica, equilibrismo, vacuità prolissa nel discorso del premier, “continuo” fin a quanto si può, “discontinuo” fin dove è possibile, quasi paradossale nell’effetto finale.
È così, la chiamano discontinuità , anzi ognuno la chiama dove vuole.
Già si intravede il film delle prossime settimane, nelle nebbie di un programma che elude i punti più divisivi: la “revisione” delle concessioni autostradali, che consente ai Cinque stelle di promettere la revoca e al Pd si assicurare che non saranno toccate; il taglio dei parlamentari che si farà , ma a data da destinarsi, perchè inserito in un sistema di garanzie, il che consente ai Cinque stelle di gioire per il taglio e agli altri di gioire per le garanzie; quota cento e reddito di cittadinanza innominati, senza spiegare dove saranno presi i soldi per il cuneo fiscale. Che meraviglia ascoltare il premier compiacersi per la fiducia dei mercati, ritrovata dopo mesi di giudizi severi, omettendo che erano i mesi in cui annunciava l’anno bellissimo.
Adesso guardate il volto di Maria Elena Boschi, durante il discorso di Conte. È l’opposto di Di Maio, sorridente, luminoso. Neanche lei concede mai un applauso (sono in parecchi tra i renziani), però è un segno di forza, non di debolezza, proprio di chi è riuscito nell’operazione (il governo) e ora può permettersi il lusso di avere le mani libere. Lo hanno capito tutti. È questo che farà Renzi nei prossimi mesi.
Ricapitoliamo questo primo giorno della nuova era: pochi e svogliati applausi, clima senza orgoglio del nuovo inizio, i brevi cenni dell’universo che non bastano a fare un programma, i tanti inglesismi che non bastano a fare un premier.
Massì, diciamolo, neanche un po’ di sana finzione amorosa nel matrimonio di necessità . Sentila, Alessia Morani, una delle amazzoni del renzismo duro e puro, quello che inveiva contro i “cialtroni”: “Certo che ho ancora le querele contro di loro e loro contro di me. Mica ho cambiato idea su di loro”. Ah ecco.
Poi aggiunge: “L’ho cambiata sulle priorità per il paese. Un mese fa c’era il Papeete, ricordate?”. Di Maio è scomparso, non si vede in giro, neanche un caffè alla buvette. Però c’è la sua compagna Virginia Saba, che parla disinvolta con i cronisti. Sorridente, almeno lei.
(da “Huffingtonpost”)
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