SE IL MONDO VA A PUTTANE E’ PERCHE’ E’ GOVERNATO DAI VECCHI
LA MAGGIOR PARTE DEI LEADER MONDIALI HA PIU’ DI 70 ANNI… IL PROBLEMA NON E’ LA SALUTE MA GLI OBIETTIVI LIMITATI CHE POSSONO AVERE
L’Europa, non l’America, è la grande eccezione. In un mondo fatto di Stati-nazione, essa ha l’UE, un’entità sovranazionale. In un mondo che riconosce la permanenza della violenza, ha finito per credere di averla superata. (Da qui la corsa, imbarazzata, a riarmarsi adesso.) E in un mondo governato da leader anziani, i suoi Macron e le sue Meloni spiccano come prodigi.
I numeri dovrebbero stupirci. Donald Trump, Xi Jinping, Narendra Modi e Vladimir Putin sono tutti sulla settantina. Così anche Recep Tayyip Erdogan in Turchia, Benjamin Netanyahu in Israele, Cyril Ramaphosa in Sudafrica e Luiz Inácio Lula da Silva in Brasile. Il presidente e la guida suprema dell’Iran hanno rispettivamente 70 e 86 anni. I presidenti di Nigeria e Indonesia hanno entrambi 73 anni.
Più della metà della popolazione mondiale, e gran parte della sua superficie terrestre e della sua capacità militare, è nelle mani di uomini più anziani di quanto fosse Ronald Reagan quando entrò alla Casa Bianca, già allora considerato a rischio, a 69 anni.Una delle forze destabilizzanti del mondo odierno è l’età avanzata di chi lo governa.
Per cominciare, i leader anziani hanno un incentivo a garantirsi un’eredità — un risultato memorabile — prima che il tempo a disposizione si esaurisca. L’unificazione della Cina continentale con Taiwan ne è un esempio.
Così come la vendetta per la perdita del prestigio e della “profondità strategica” della Russia dopo la Guerra fredda. Perfino la fretta di Trump di trovare un accordo sull’Ucraina — per quanto iniqui possano essere i dettagli per quella nazione — e di porre fine al commercio globale così come lo conosciamo, a
prescindere dal costo economico, suggerisce l’immagine di un uomo anziano che ha fretta.
Il problema con i leader in età avanzata non è la loro salute — quasi tutti quelli sopra citati sono vigorosi e lucidi — ma gli incentivi che li muovono. Oltre a non avere molto tempo per lasciare il segno, non avranno decenni di pensionamento durante i quali pagare legalmente o in termini di reputazione per eventuali disastri compiuti mentre erano in carica.
Dobbiamo abituarci, se non a un paradosso, almeno a una sorpresa. L’età, che “dovrebbe” instillare cautela e moderazione, spesso invece dà coraggio. Questo vale tanto per gli elettori quanto per i loro leader.
Chi avrebbe mai detto che gli elettorati occidentali sarebbero diventati più anti-establishment all’aumentare dell’età media? Sono stati in misura sproporzionata gli anziani a portarci Brexit e Trump.
Anche se tutti questi settantenni al potere governassero con prudenza, il fatto è che sostituire leader in carica da tempo è di per sé destabilizzante. Nelle democrazie, almeno, esiste un processo — ammesso che Trump rispetti il 22° emendamento — ma quale sarebbe il piano di successione per un Putin o un Xi?
C’è spazio non solo per intrighi di palazzo e contromosse, ma anche per forme di dissenso pubblico che sarebbero impensabili quando un regime è nel pieno del suo potere. La primavera araba è avvenuta anche perché un’intera generazione di leader nordafricani, come l’allora ottuagenario Mubarak in Egitto, era invecchiata insieme. Immaginate se diversi Paesi molto più
potenti si trovassero a dover rimpiazzare regimi incancreniti tutti nello stesso momento.
E immaginate di dover prevedere cosa verrà dopo di loro. Putin ed Erdogan guidano i rispettivi Paesi come capi di governo o di Stato da quasi tutto questo secolo. Xi e Modi sono al potere da oltre un decennio. Quando Ali Khamenei è diventato guida suprema dell’Iran, l’Unione Sovietica esisteva ancora. Netanyahu, come Lula, è un ritorno.
In una certa misura, questi Paesi — o almeno i loro Stati — sono prodotti dei loro attuali leader.
Qualcuno mi correggerà, ma non riesco a ricordare un altro momento storico in cui così tanti leader mondiali abbiano raggiunto la vecchiaia contemporaneamente. Perfino alla vigilia della Prima guerra mondiale — oggi ricordata come un’epoca di decrepiti baffuti che mandavano adolescenti all’inferno — il Kaiser aveva appena passato i cinquanta.
Come ha fatto allora l’Europa — che oggi ha l’età mediana più alta di tutti i continenti — a evitare in gran parte questa tendenza alla vecchiaia tra i leader?
Potrebbe avere a che fare con le altre eccezionalità del continente. In parti del mondo dove contano la forza dura, le linee di comando chiare e la nazione intesa come famiglia da proteggere, è naturale che emergano leader “parentali”.
Dove il governo è invece visto come un esercizio tecnocratico, una graduale messa a punto di una pace prospera, questo è meno vero. Notate che, da quando l’Europa si è risvegliata alla durezza del mondo con l’invasione dell’Ucraina nel 2022, Gran Bretagna
e Germania hanno eletto capi di governo insolitamente anziani. (Anche così, né Keir Starmer né Friedrich Merz hanno ancora 70 anni.)
In ogni caso, il mondo sta vivendo una lezione sugli effetti perversi dell’età. L’età sembra conferire saggezza, ma anche una certa libertà. Impone un senso di dovere sociale, ma anche una scadenza per realizzazioni personali.
Per spiegare il disordine del mondo moderno, è certamente più corretto dal punto di vista intellettuale citare tendenze economiche e grandi forze storiche. Ma forse una parte della storia è che qualche vecchio uomo potente sta cercando disperatamente di lasciare un’eredità prima che finisca il tempo. Se così fosse, ne consegue che le cose peggioreranno, giorno dopo giorno.
(da Financial Times)
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