S’È INCAGLIATO IL PNRR: IL GOVERNO NON RIESCE A METTERE A PUNTO IL DECRETO PER L’ATTUAZIONE DEL RECOVERY
È SCONTRO TRA GIORGETTI E FITTO PER 3 MILIARDI DI COPERTURE PER LE NUOVE OPERE, A RISCHIO I 6 MILIARDI PER LA “TRANSIZIONE ENERGETICA”: URSO HA COMBINATO UN PASTICCIO CON I CREDITI D’IMPOSTA … IL “FINANCIAL TIMES”: “COSI’ IL PNRR DIFFICILMENTE ALIMENTERÀ LA CRESCITA FUTURA”
“Non è fattibile” rinviare la scadenza al 2026 del Pnrr. Lo ha detto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis presentando la valutazione intermedia dell’esecutivo comunitario del dispositivo per la ripresa e resilienza. “Cambiare le scadenze è questione molto complessa ed una decisione che implica l’unanimità tra gli stati membri, il passaggio al Parlamento europeo relativamente per esempio alle risorse proprie Ue”, ha spiegato Dombrovskis. “Invece di concentrarsi sulle scadenze il focus andrebbe riferito all’attuazione dei Pnrr”.
Lavorare con lentezza. Così lento, il governo, che il decreto chiamato a muovere il nuovo Pnrr è ancora pieno di norme da correggere e riscrivere. E sei miliardi, quelli del piano Transizione 5.0, sono in pericolo. A due mesi e mezzo dal via libera dell’Europa, l’attuazione della revisione «possibile e doverosa » del Piano nazionale di ripresa e resilienza, come l’ha definita Giorgia Meloni, è ancora incagliata. E così stamattina, quando riunirà i suoi ministri a Palazzo Chigi, la premier dovrà prendere atto dell’ennesimo rinvio.
Non risolutivo perché il ministro-regista del Piano Raffaele Fitto va ripetendo da giorni che «non c’è alcuna scadenza » e che quindi si può arrivare all’approvazione del decreto «entro marzo». Ma più tardi parte il Piano rivisitato, più difficile diventa recuperare i ritardi accumulati. Il rischio, al contrario, è accrescerli.
Lo stato dell’arte del decreto è la spia di questo pericolo. A iniziare dai crediti d’imposta per i progetti sulla transizione energetica e digitale, una delle voci più corpose, per risorse e obiettivi, di RepowerEU, il nuovo capitolo del Pnrr chiamato a mettere a terra in tutto 11,2 miliardi. Più della metà – 6,3 miliardi – sono destinati alle imprese, ma il veicolo scelto dal governo, appunto i crediti d’imposta, ha un difetto: è incompatibile con la scadenza del Piano, fissata al 30 giugno 2026. Entro quella data l’Italia, come tutti gli altri Paesi Ue che hanno attinto dal Recovery Fund, dovrà spendere tutte le risorse e rendicontare le spese, fino all’ultimo centesimo.
Al ministero delle Imprese, che gestisce il piano Transizione 5.0, erano convinti che i crediti d’imposta fossero associabili al timing del Pnrr, ma la Ragioneria ha spento gli entusiasmi. I tecnici del Mef, infatti, hanno spiegato al Mimit che i crediti, fruibili in più anni, generano un disallineamento tra il bilancio di cassa e quello di competenza: i saldi, così, non tornano. Soprattutto si scavalla l’estate del 2026, la dead line del Pnrr.
Ecco perché non regge più lo schema degli investimenti da realizzare nel 2024-2025, come c’è scritto nel nuovo Piano. La correzione, dopo il pasticcio: allo studio ci sono sovvenzioni dirette o accordi di sviluppo, ma le ipotesi devono essere sempre validate dal Tesoro. Il disco verde non si è acceso. E il governo cerca ancora 3 dei circa 20 miliardi che deve anticipare per attuare le nuove misure del Piano. «Stiamo risolvendo», assicurano fonti di Palazzo Chigi. L’idea è utilizzare le risorse che fanno riferimento ai progetti cancellati dal Pnrr, che Fitto aveva promesso di ripescare.
(da agenzie)
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